Lost, gli autori ammettono: "a volte ci arrampicavamo sugli specchi"

Intervistati dal magazine Esquire, Damon Lindelof e Carlton Cuse si ritrovano a parlare con schiettezza della serie di culto. Gli episodi più imbarazzanti e "al limite della stronzata", l'influenza dei social media e dei fan, e i tentativi di prendere tempo.

Tra le serie televisive di ultima generazione, forse non ce n'è una che abbia diviso il pubblico come Lost. Si è detto che è stato uno show che ha lasciato un segno importante nella storia della serialità televisiva, è stata una serie molto amata e seguita, ma anche discussa, capace di sollevare grandi discussioni tra i fan che l'hanno sempre difesa e coloro che invece sono rimasti delusi dagli sviluppi successivi alla prima stagione (come chi scrive) o anche alle stagioni successive.

Intervistati dal magazine Esquire, gli autori di Lost, Damon Lindelof e Carlton Cuse si sono ritrovati a parlare della loro serie con una generosa dose di schiettezza e obiettività. I due hanno discusso di questioni più marginali - come la lunghezza delle unghie di Naveen Andrews nella prima stagione, dovuta al fatto che l'attore è anche un valido chitarrista - ma anche di episodi imbarazzanti, di arrampicate sugli specchi e dell'influenza che hanno avuto i social media sulla serie.

Lost: l'occhio di Jack che apre il pilot
Lost: l'occhio di Jack che apre il pilot

Partiamo proprio da quest'ultimo punto: una cosa molto importante che va sottolineata, è che ai tempi in cui Lost iniziava a conquistare l'attenzione dei fan, questi ultimi cominciavano a far sentire la loro potente voce sui social. Ricordate la marea di congetture che affiorarono sul web già sul finire della prima stagione? Ebbene, se tra voi c'è colui (o colei) che ai tempi se ne uscì con la teoria che l'isola in realtà era una navicella spaziale che nella seconda stagione sarebbe decollata verso lo spazio, sappia che ha suscitato l'ammirazione degli autori. "Sarebbe stato grandioso se l'avessimo scritta così" - ha detto Lindelof, mentre Cuse, più possibilista, ha aggiunto che un plot del genere sarebbe l'ideale per un reboot di Lost. Una menzione speciale per la "miglior congettura" va invece a chi ha pensato che tutta la storyline di Lost potesse essere racchiusa nella mente del cane.

Leggi anche - Lost: per Carlton Cuse il reboot è inevitabile

Il successo di Lost - a proposito dei fan - deve aver colto di sorpresa i due autori, che hanno ammesso di aver fatto ricorso a stratagemmi per rallentare la storyline e soprattutto di aver firmato episodi discutibili. "Capimmo che una delle sfide più grandi che dovevamo affrontare era quella di rallentare un po' le cose" - ha detto Lindelof - "I flashback, dal punto di vista narrativo, ci servirono a prendere tempo, ma anche per iniziare multiple storyline, in posti e tempi differenti. Volevamo che il tutto fosse come dipinto su una tela molto ampia, in modo che potesse essere interessante se vista nella sua totalità, ad una certa distanza." E la situazione iniziò a farsi ancora più "impegnativa" per i due, con l'arrivo della stagione tre e l'introduzione dei famigerati flashforward. Questo dopo che entrambi imploravano la ABC di chiudere la serie.

Parlando degli episodi in generale, arriva la dichiarazione più spiazzante: "Abbiamo fatto 121 ore di Lost, tra cui 15-20 sotto la media e al limite della stronzata. Sarebbe bello far finta che certi episodi non siano mai andati in onda, ma a volte l'errore, la cosa che non funziona è proprio quella che entra a far parte della mitologia di una serie." I due si riferiscono alla storia di Nikki e Paulo - che si sono pentiti di aver sviluppato - ma in particolare dell'episodio in cui Jack è in Thailandia e si fa tatuare. "Era imbarazzante, la parte in cui è con l'aquilone in spiaggia. Non è stato esattamente il nostro livello più alto. Avevamo un bisogno disperato di flashback"

Matthew Fox nel Pilot del telefilm Lost
Matthew Fox nel Pilot del telefilm Lost

Altre risposte interessanti riguardano le domande lasciate in sospeso dalla serie e i riferimenti letterari. Riguardo a questi ultimi, se pensavate che leggere tutti i libri e classici della letteratura ai quali si riferisce Lost possa aiutarvi a chiarire certe questioni, resterete delusi: al massimo - come dice Cuse - potrete arricchirvi culturalmente, ma nulla più. "I riferimenti letterari in Lost vanno intesi un po' come i sample in ambito musicale", tutto qui. E tutte quelle big questions sul male contro il bene, la scienza contro la fede, la vita contro la morte? "Domande che non troveranno mai risposta" - dice Cuse - "avevamo deciso che la cosa peggiore che si potesse fare era muoversi su territori sicuri. La serie ha avuto successo perché avevamo storyline forti e sapevamo che in seguito avrebbero diviso i fan". E da questo punto di vista, ci sono riusciti perfettamente.