A vent'anni dall'uscita nelle sale Le iene, pellicola di culto di Quentin Tarantino interpretata da Tim Roth, Harvey Keitel, Steve Buscemi, Michael Madsen e Chris Penn, torna al cinema. Paco Pictures distribuirà il capolavoro di Tarantino del 1992 nelle sale del circuito The Space il 26 e il 28 giugno 2012. Esattamente vent'anni fa, nel 1992, un nuovo talento visionario, ribelle e mai visto prima, sforna uno dei film più controversi e criticati della storia del cinema. Il suo nome è Quentin Tarantino, oggi uno dei più importanti film-maker della New Hollywood. Le iene - primo episodio della 'Trilogia Pulp', insieme a Una vita al massimo e Pulp Fiction - segna l'esordio in un lungometraggio del regista, sceneggiatore, attore e produttore cinematografico statunitense. L'uscita nelle sale, infatti, può essere un'opportunità unica soprattutto per quella parte di pubblico dai 25 ai 40 anni che non ha avuto modo di assistere alla proiezione sul grande schermo di un film che ha dato il via a questo nuovo genere cinematografico che, negli anni, ha raccolto milioni di appassionati.
Ai tempi del suo esordio, Le iene fu riconosciuto come rivoluzionario, tuttavia non riscosse un adeguato consenso. Solo in seguito, grazie anche a una maturità e a una maggiore curiosità del pubblico rispetto a questo stile unico e innovativo, è stato modello di ispirazione di molti registi, diventando un cult nel suo genere. Le iene sono sei uomini, riuniti da un malvivente per portare a termine un furto di pietre preziose. Si frequentano, si preparano insieme per il colpo, vanno a farsi una birra al pub o a bere un caffè, ma non conoscono neppure il loro nome, ma semplicemente il loro colore; Mr. White (Harvey Keitel), Mr. Orange (Tim Roth), Mr. Pink (Steve Buscemi), Mr. Blonde (Michael Madsen), Mr. Blue (Edward Bunker) e Mr. Brown (lo stesso Tarantino). Qualcosa va storto e Mr. White e Mr. Orange si ritrovano da soli in un magazzino abbandonato, aspettando l'arrivo di qualcuno che possa spiegare cosa è successo e soprattutto possa fare qualcosa per il povero Mr. Orange, che si sta sciogliendo in un mare di sangue. La trama è semplice, quasi essenziale, ma Tarantino riesce a capovolgere qualsiasi aspettativa del pubblico grazie a una regia innovativa. L'uso del tempo cronologico è del tutto sfasato: partendo dalla fine per tornare all'inizio, il film è spesso interrotto da flashback che ci spiegano e ci addentrano nella psicologia dei personaggi.
Altra componente importante è lo spazio. Per buona parte del film, i personaggi si muovono in un grande magazzino vuoto e abbandonato, come fosse un'enorme scena teatrale. Tarantino utilizza solo la loro corporeità per colmare questo vuoto, per arrivare alla triangolazione della resa dei conti finali, come se un duello uomo contro uomo non fosse abbastanza per lui. Non contento di avere stravolto qualsiasi routine che ogni cinefilo conosca a menadito, il regista ci offre anche una sua personale interpretazione di 'soggettiva', quando nella scena del bagno della stazione prende come spunto di riferimento non tanto il senso della vista, ma quello dell'udito, per dare una nuova definizione alla 'strizza cinematografica'. E soprattutto il buon Quentin sporca e contamina quello che sarebbe potuto essere solo un thriller di serie B. Quello che ci troviamo davanti è una geniale fusione fra commedia demenziale, gangster movie, poliziesco e persino horror. Il regista non ha certo paura di mostrarci il sangue e perfino di fornirci una raccapricciante scena di tortura, né di farci piegare in due dalle risate per gli assurdi dialoghi fra i personaggi. Ma non si ferma qui; oltre a creare un suo continuum spazio-temporale, oltre a miscelare generi fra loro in apparenza disomogenei, Tarantino utilizza la colonna sonora (tantissimi pezzi rock d'epoca) con un'ottica nuova. Non sfondo per le azioni sullo schermo, ma parte essenziale della trama, un contrappunto per ogni fatto che avvenga. Il risultato è una regia straordinaria, che fa risaltare una sceneggiatura originalissima e travolgente e che offre agli attori la possibilità - divenuta infine certezza - di una grande interpretazione.