La bibbia di Scream è il nuovo libro di Matteo Fantozzi, pubblicato da Rossini Editore, che racconta la storia della famosa saga horror.
Siamo nel 1996 e il cinema horror sembra destinato a una morte inevitabile. I film sono tutti la copia di sé stessi, c'è imbarazzo anche da parte dei produttori che vanno avanti però consapevoli che a volte basti mettere personaggi accattivanti come Michael Myers per vendere un film. Questo ovviamente dimenticando la qualità. Wes Craven è reduce dal successo de La Casa Nera e dal flop di Vampiro a Brooklyn, accetta di girare un film scritto da Kevin Williamson che sembra essere il solito slasher movie alla Venerdì 13.
Ci troviamo invece all'interno di un viaggio nella storia del cinema di genere che riesce a ribaltare le regole del tessuto filmico con intelligenza e grande voglia di raccontare qualcosa di nuovo. Il film darà una linfa vitale incredibile al genere risultando totalmente innovativo e lanciando una nuova saga. Nell'opera di Matteo Fantozzi La bibbia di Scream da Jean Luc Godard a Wes Craven racconta la saga appunto con grande intelligenza e analizzando film dopo film. All'interno troviamo contributi di personaggi molto rilevanti del settore come Luigi Cozzi, Antonio Tentori, Ivan Zuccon, Davide Pulici, Benedetta Pallavidino e Roberto Lasagna.
Scream, la recensione: Il "requel" del cult movie di Wes Craven è riuscito, e a tratti geniale
Il regista e scrittore Simone Scafidi ha curato l'introduzione dell'opera mentre la prefazione è stata scritta da Manlio Gomarasca di Nocturno. L'opera riesce ad andare a fondo proponendosi l'idea di decostruire il giocattolone messo in moto da Wes Craven e proseguito egregiamente dalla coppia Bettinelli-Olphin e Gillet. L'opera si conclude con un paradosso, una provocazione, e cioè paragonare Wes Craven a un grande della storia del cinema come Jean-Luc Godard. Apparentemente lontanissimi i due invece sono riusciti a raccontare il cinema in maniera davvero intelligente e simile.
La decostruzione del reale da parte del francese viene ripresa dall'americano. Entrambi poi si vanno a inserire in quella tradizione di cinema moderno di cui parlava il Professor Giorgio De Vincenti che si interrogava sulla riflessione sul mezzo cinematografico.