Bardo, Alejandro González Iñárritu bolla le critiche come razziste: "Se fossi stato svedese sarei un filosofo"

Alejandro González Iñárritu respinge le critiche al suo film parzialmente autobiografico, Bardo, False Chronicle of A Handful of Truths, tacciandole di razzismo.

Per Alejandro Gonzalez Iñárritu le critiche rivolte nei confronti del suo nuovo film, Bardo, False Chronicle of A Handful of Truths, presentato in Concorso a Venezia 2022 e poi a Telluride, avrebbero motivazioni razziste.

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Bardo: Alejandro Gonzales Inarritu durante il photocall della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia

"Puoi piacervi o no, non è questo il punto. Per me c'è una sorta di sottofondo razzista in cui, poiché sono messicano, sono pretenzioso", dichiara Iñárritu al Los Angeles Times in un'intervista. "Se non capite qualcosa, non dovete incolpare nessuno. Ragazzi, prendetevi un po' di tempo ed esplorate tutti i livelli. Ogni artista ha il diritto di esprimersi come vuole senza essere accusato di essere autoindulgente Spero che qualcuno possa rifiutare quella narrativa, che è molto riduttiva e un po' razzista".

Qui potete leggere la nostra recensione di Bardo. Alejandro González Iñárritu spiega perché una tale corrente sotterranea persiste, mentre ride a crepapelle quando legge critiche che lo bollano come "autoindulgente" e "troppo pretenzioso".

BARDO, Alejandro G. Iñárritu: "Questo film non è stato fatto con la testa, ma con tutto il mio cuore"

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Bardo - La cronaca falsa di alcune verità: un'immagine dal set

Bardo, False Chronicle of A Handful of Truths segue il giornalista e documentarista messicano Silverio Gama (Daniel Giménez Cacho) mentre torna nel suo paese natale dopo aver vinto un prestigioso premio internazionale. Il viaggio fisico si trasforma, per Silverio, in un viaggio esistenziale che coinvolge i suoi ricordi, le sue paure, la storia del Messico e i concetti di identità, mortalità e successo.

"Penso di avere il diritto di esplorare l'identità perché ho attraversato questo senso di spostamento e penso di avere il diritto di parlarne", dichiara Iñárritu. "Penso di avere il diritto di parlare dell'identità collettiva del mio paese. Questo film è una lettera d'amore al mio paese e ho il privilegio di poter usare la mia voce per parlare non solo per i messicani, ma per chiunque si senta spiazzato".

Il regista aggiunto non senza una vena di polemica: "Se fossi forse danese o svedese sarei un filosofo. Ma poiché l'ho fatto con una forma visiva potente, sono pretenzioso perché sono messicano. Se sei messicano e fai un film del genere, sei pretenzioso. Jorge Cortázar o Juan Rulfo, dovrebbero leggere da dove vengono queste cose e la nostra tradizione che combina tempo e spazio nella letteratura dell'America Latina. Questa, per me, è la base del film".