Un eroe senza nome. Un protagonista solitario, che a parole si esprime poco perché per lui parlano i suoi gesti. Sembra più la descrizione di un personaggio da vecchio film western, che quella del Driver (così lo hanno chiamato nei titoli di coda, rispettando il ruolo che si era scelto all'inizio: quello che guida) di Nicolas Winding Refn. Eppure questo ragazzo laconico ma dalla commovente sensibilità, pacato ma capace di freddi, deliberati atti di violenza, che ben ricalca le orme della controparte cartacea immaginata da James Sallis, è una figura estremamente contemporanea, estrema e tragicamente normale insieme, come a volte ci costringe ad essere la vita. Stuntman e meccanico di giorno, autista d'appoggio per rapine di notte, Driver trova una scappatoia dalla propria routine di uomo provvisorio, sempre in fuga, nell'incontro con Irene e con suo figlio Benicio. Ma quando il marito di lei viene scarcerato, per poi essere minacciato di morte da qualcuno a cui non piace essere in credito, Driver si offrirà di aiutarlo a saldare i propri conti, pur di non veder minacciata la sicurezza della ragazza. Un gesto di una certa nobiltà, seppur non nel senso ortodosso del termine, ma destinato ad avere conseguenze terribili: è questo che ci condurrà più a fondo nella personalità del protagonista, disvelandocene la frustrazione, la determinazione, la crudeltà prima insospettabili. Nicolas Winding Refn, forte del premio per la Miglior Regia all'ultimo Festival di Cannes, costruisce attorno al proprio protagonista una storia dal ritmo ipnotizzante e curatissima sotto il profilo dell'immagine, che la IIF di Fulvio e Federica Lucisano è ben orgogliosa di distribuire in Italia. Con il presidente della Italian International Film, ma soprattutto con il regista, abbiamo parlato della genesi di Drive e dei suoi snodi tematici più significativi, che inaspettatamente sono debitori anche di un certo cinema nostrano.
Fulvio Lucisano: Appena ho visto questo film, non ho perso un minuto di tempo e sono andato a comprarlo. Credo che sia straordinario e sono contento di averlo capito dieci giorni prima che ricevesse il premio. Mi è arrivata anche una lettera da Katyna Ranieri (interprete della canzone Oh My Love, contenuta nella colonna sonora del film, n.d.r.), che esprime tutto l'entusiasmo nei confronti del film: un protagonista dal carattere nuovo, cool ma umano, le luci, le inquadrature, la violenza a cui sei obbligato, sono tutti elementi che vanno a comporre un risultato fantastico. Inoltre abbiamo già fatto diverse anteprime in Italia e abbiamo ottenuto ottimi risultati, speriamo di continuare così con la distribuzione ufficiale.
L'opera di Jean-Pierre Melville è stata un tuo riferimento? E qual è il significato dell'elemento violento, così importante nel film?Nicolas Winding Refn: Sono un grandissimo ammiratore di Melville, ovviamente, e ho visto tutti i suoi film. Credo che abbia creato i più bei film sulla mitologia americana, ma con una sensibilità tutta europea, e che questo sia il mix migliore possibile. Il cinema dà il suo meglio quando unisce le forze di Hollywood a quelle dell'Europa, come è stato ad esempio per F.W. Murnau negli anni Venti. Non c'è nessuno migliore degli italiani nel rappresentare la violenza al cinema, ma la mia più grande ispirazione è stata l'opera dei fratelli Grimm. Leggevo le loro favole a mia figlia e ho notato che hanno una struttura molto interessante: all'inizio è tutto puro, sognante, ma poi la storia assume toni oscuri, e anche un aspetto morale, che vede sempre sconfitto il cattivo alla fine. Nel film, si inizia con l'illusione dell'amore, con un amore ideale, senza complicazioni, ma poi arriva la violenza a sconvolgere lo spettatore, con un'iperrealtà che è l'essenza del cinema. Il cinema è tutto basato sulle emozioni, specialmente le più estreme. Io credo che l'arte sia innanzi tutto un atto di violenza. Io non sono violento, penso che se qualcuno mi tirasse un pugno potrei morire, ma sono anche un regista feticista, faccio film in cui c'è quello che io vorrei vedere, e mi è sembrato naturale rappresentare questo tipo di violenza.
La violenza è anche il motore del film, quello che evidenzia i momenti intimi tra i protagonisti. La sua sospensione esalta il lato romantico della vicenda, è questo che volevi ottenere?
Nicolas Winding Refn: Si, è esattamente questo.
In che senso credi che i film italiani sappiano rappresentare bene la violenza? Di azione ce n'è parecchia anche nelle pellicole di Hollywood.
Nicolas Winding Refn: E' ovvio che anche ad Hollywood la violenza abbia un grande spazio, ma ho sempre pensato che nelle pellicole italiane fosse pervasa da una certa poesia, e avesse un che di surreale. Io sono cresciuto a New York, ma mia madre e il mio patrigno amavano tantissimo il cinema europeo, e i suoi autori di spicco, come Federico Fellini, Luchino Visconti, Roberto Rossellini: mi dicevano che tutto il cinema europeo era bello, mentre quello americano era solo violento, e perciò fascista. Erano hippie, quindi... Anche io, come tutti i giovani, volevo ribellarmi ai miei genitori: ma non potevo farlo con le droghe, visto che loro le avevano già provate tutte, o con la musica, dato che mia madre aveva lavorato con Jim Morrison, e quindi l'unico argomento su cui potevo contraddirli era il cinema. Così sono andato alla ricerca dei film europei violenti, come quelli di Sergio Leone, o di Dario Argento: loro sono stati tra i miei maggiori ispiratori, perché descrivevano sì atti violenti, ma elevando la violenza allo stato dell'arte. Col tempo, si finisce per diventare anche un po' le persone che ti hanno ispirato.
Nicolas Winding Refn: Quando ho realizzato di aver vinto, è stato un momento fantastico. Sentire Robert De Niro che mi diceva che il mio film era il miglior noir che avesse visto recentemente, e si complimentava con tutte quelle sue tipiche espressioni, è una cosa che non può non renderti entusiasta. Ma il giorno dopo la vita va avanti: bisogna svegliarsi alle sei del mattino, pensare ai figli e alla spesa per la cena. Io continuo a fare film, ma effettivamente il vantaggio di ricevere un simile premio è quello di poterlo sempre usare come garanzia quando qualcuno ti chiede conto dei tuoi meriti.
L'uso dei colori e delle musiche ricorda un certo cinema degli anni Settanta e Ottanta. Quanto il tuo cinema è debitore di quegli anni?
Nicolas Winding Refn: Non è che l'abbia fatto apposta in realtà: negli anni Ottanta ero giovane e quello che vedevo allora ha contribuito alla mia formazione. Io non so sempre quello che sto facendo, molto spesso realizzo che cosa stessi cercando di fare soltanto dopo averlo fatto. Sono ossessionato dalla paura di ripetermi, la mia più grande speranza è riuscire a fare sempre qualcosa di nuovo, perché se una cosa l'hai già detta, non ha senso dirla di nuovo. Ma in effetti da Argento ho rubato parecchio, anche le musiche, a mio avviso sempre troppo sottovalutate, di Gualtiero Jacopetti e Franco Prosperi. La musica per me è importantissima, mi guida nel filmare le scene in modo che ci sia una corrispondenza perfetta tra essa e l'immagine. Quindi si può dire che questo film sia anche un po' italiano.
Hai detto che l'arte è un atto di violenza. La tua arte cosa vuole ispirare? E l'amore assoluto, per te, può essere solo così violento, quasi psicopatico, come quello che Driver prova per Irene?
Nicolas Winding Refn: Io non sono un regista politico, non voglio veicolare messaggi, sono più interessato all'emozione singola, individuale, che per me funziona meglio. L'amore puro è sempre un'emozione molto violenta, è una prospettiva di vita impossibile. Driver però sa vivere solo così, tra quella e il suo opposto, non sa stare nel mezzo. E questo è anche il mio modo di vedere il mondo.
Quando il personaggio di Bernie dichiara di aver prodotto film giudicati "troppo europei", volete fare una critica a un certo tipo di produttori alla Harvey Weinstein?
Nicolas Winding Refn: In realtà quell'idea ci era già parsa interessante in fase di sceneggiatura, ma quando l'abbiamo vista girata ci siamo resi conto di quanto fosse effettivamente vera. Io non vivo a Hollywood, ma ci ho vissuto otto mesi per questo film, e in tutto quel tempo nessuno ha mai parlato di film belli o brutti, ma solo di film che facciano o non facciano soldi. Se un film fa pochi soldi, allora è troppo europeo. E' un modo di pensare assurdo, che ci è sembrato divertente da inserire.
Hai visto il film Driver, l'imprendibile di Walter Hill? Quanto le atmosfere del tuo film gli sono debitrici, e quanto lo sono al libro di James Sallis?
Nicolas Winding Refn: ll film di Hill non è facile da trovare perché è stato distribuito molto male, e quindi noi l'abbiamo potuto vedere solo poco prima dell'inizio delle riprese. La mia prospettiva è molto diversa dalla sua, ma credo che Sallis l'abbia visto e se ne sia lasciato ispirare. Io sono comunque un grande ammiratore di Hill, anche per Valhalla Rising lo avevo tenuto come punto di riferimento.
Nicolas Winding Refn: A noi scandinavi non piace far vedere le nostre emozioni, siamo spesso dei repressi e abbiamo di conseguenza un atteggiamento passivo/aggressivo. Molto spesso siamo invidiosi, siamo sempre arrabbiati, anche se non lo facciamo vedere per buona educazione, ma per fortuna io sono scappato da tutto questo. Vivendo a New York ho sviluppato una visione diversa, ho imparato che puoi fare quello che vuoi. Infatti quando torno in Danimarca non mi trovo molto bene, sono troppo diverso dalla loro natura, la mia è più emozionale.
Come sta andando la preparazione del tuo prossimo film?
Nicolas Winding Refn: Le riprese di Only God Forgives inizieranno nel periodo di Natale a Bangkok, e il film sarà ancora una volta basato su quello che vorrei vedere io stesso. Per adesso non so molto di più, non ho ancora capito cosa voglio fare, e non ho ancora deciso nemmeno se Ryan Gosling sarà di poche parole, come qui, o logorroico come in altri suoi ruoli.
Hai parlato prima dell'influenza dei tuoi genitori. Ma cosa ne pensa tua madre, che era un'hippie, di questo film così violento?
Nicolas Winding Refn: Come tutti gli uomini, io sono legatissimo a mia madre, sono uscito di casa a ventiquattro anni e solo per sposarmi. Nella mia vita ho avuto a che fare solo con donne molto forti. Comunque, mia mamma sin da quando ero piccolo mi diceva sempre che ero un genio, quindi è orgogliosa di me. Questo film l'ha commentato dicendo "Che bella storia d'amore che hai fatto!", la violenza non l'ha proprio vista. Anche in film come Bronson, dove era impossibile ignorarla, ha comunque cercato di concentrarsi sulla parte più spettacolare della storia. Sì, lei odia la violenza.