Quasi dieci anni fa usciva nelle sale X-Men: L'inizio, quinto lungometraggio del franchise della 20th Century Fox basato sui fumetti Marvel, ma in realtà una sorta di rinascita: dopo quattro film ambientati nel presente o comunque incentrati su personaggi e attori noti ai fan, il lungometraggio di Matthew Vaughn fece qualche passo indietro, spostando l'azione negli anni Sessanta e introducendo nuove figure affiancate da versioni più giovani di personaggi storici del franchise come Charles Xavier e Magneto. Un'operazione che effettivamente risollevò le sorti della saga mutante dopo l'accoglienza poco calorosa nei confronti del film precedente e fece da apripista per un nuovo doppio filone, con passato e presente/futuro che procedevano in parallelo. Ma come fu presa la decisione di puntare su questa incarnazione del franchise? E cosa accadde di buffo dietro le quinte? Ecco qualche curiosità sul film.
1. In principio fu spin-off
L'idea di base, dopo la conclusione della prima trilogia degli X-Men, era di puntare su un filone di spin-off che approfondissero il passato di alcuni personaggi particolarmente amati dai fan, a cominciare da Wolverine e Magneto. Solo che X-Men - Le origini: Wolverine fu accolto maluccio e incassò in modo alquanto modesto rispetto al capitolo precedente della saga, e così si decise di sospendere il lungometraggio su Magneto, integrando parte del materiale nel copione di X-Men: l'inizio, con le scene ambientate ad Auschwitz e la parte in cui dà la caccia ai nazisti. Una di quelle scene, tra l'altro, creò un piccolo problema per Michael Fassbender: la sequenza dove tortura un banchiere svizzero era inizialmente ambientata a Zurigo, e l'attore aveva già imparato le battute in tedesco (lingua che parla sin dall'infanzia). Durante le riprese fu deciso all'ultimo di spostare l'azione a Ginevra, e Fassbender faticò un po' a memorizzare i nuovi dialoghi in francese.
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2. Produzione rapida
Prima della realizzazione di X-Men: Giorni di un futuro passato era la prassi, per il franchise mutante, che i vari film avessero tempi di lavorazione abbastanza ridotti, per non dire frettolosi (il primo capitolo fu completato a un ritmo indiavolato quando la Fox anticipò di un mese la data d'uscita). Nel caso specifico di questo episodio il regista Matthew Vaughn fu ingaggiato nel maggio del 2010, e il film era nelle sale un anno dopo, laddove solitamente ce ne vogliono almeno due. Ironia della sorte, Vaughn doveva inizialmente dirigere X-Men: Conflitto Finale dopo l'abbandono di Bryan Singer, ma rinunciò a pochi mesi dall'inizio delle riprese a causa dei tempi strettissimi, e ha successivamente dichiarato che col senno di poi sarebbe riuscito a portare a termine l'incarico perché per il prequel ambientato nel 1962 aveva avuto ancora meno tempo.
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3. L'importanza della parolaccia
Tra le scene cult del film c'è quella in cui Xavier e Magneto cercano di reclutare Wolverine (Hugh Jackman), il quale in originale li zittisce con un secco "Go fuck yourself". Jackman accettò proprio per via del turpiloquio, avendo ricevuto la garanzia che sarebbe stata l'unica parolaccia pesante in tutto il lungometraggio, il che poi diede il via a una tradizione negli episodi successivi, dove la parola incriminata esce ogni volta dalla bocca di un personaggio diverso. Il ciak usato nel montaggio finale fu improvvisato dall'attore australiano, poiché nella sceneggiatura la battuta era "Fuck off", frase che fu poi usata nel capitolo successivo da Xavier, rivolgendosi proprio a Wolverine e dicendogli "Ti risponderò quello che tu ci rispondesti allora."
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4. Non lo stesso Xavier
Mentre l'amico Fassbender si ripassò la performance di Ian McKellen per la parte di Magneto, James McAvoy scelse di non rifarsi a Patrick Stewart per il ruolo di Charles Xavier, principalmente perché la personalità del fondatore degli X-Men era molto diversa nel prequel. L'attore scozzese commise però l'errore di rasarsi la testa prima delle riprese, non avendo ancora ricevuto il copione dove è precisato che Xavier ha ancora i capelli (li perde in X-Men: Apocalisse). Pertanto dovette indossare una parrucca per alcune settimane, in attesa che la sua chioma naturale rispuntasse. Pare inoltre che McAvoy, in un momento di orgoglio nazionale, non abbia inizialmente apprezzato la decisione di rendere americana Moira McTaggart, che nei fumetti è scozzese.
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5. Prequel o reboot?
Benché l'intenzione fosse quella di fare un vero e proprio prequel (motivo per cui nel film appaiono Jackman e Rebecca Romijn, e nei materiali promozionali si vedono anche Stewart e McKellen), alcune delle libertà prese da Vaughn in termini di continuity, in particolare la paralisi di Xavier (che nella trilogia originale era ancora in grado di camminare negli anni Ottanta), portarono i fan a sostenere che si trattasse di un reboot, scollegato da quanto visto al cinema tra il 2000 e il 2009. Per questo motivo l'episodio successivo si servì dei viaggi nel tempo per resettare l'universo e chiarire alcune delle incongruenze, svelando che Xavier tornò a camminare per un breve periodo grazie a un farmaco che però gli toglieva i poteri, e che successivamente si servì della propria telepatia per generare proiezioni astrali in cui è senza la sedia a rotelle.