Le persone hanno cambiato il modo di vivere l'esperienza cinematografica. E non lo diciamo con un'accezione negativa o positiva, ma solo come constatazione del fatto che non c'è neppure bisogno di fare paragoni con il contesto di 30 o 40 anni fa: basta guardare appena dietro alle nostre spalle per vedere come la fruizione filmica non sia più quella di dieci anni fa. I motivi? Sono tanti e non è questa la sede in cui vogliamo affrontare questa discussione. Ci limitiamo a citare alcuni fattori ovvi come lo streaming e la pandemia, ma anche la pervasività dei social e il differente approccio con i media che muta ogni volta che una nuova generazione si affaccia all'orizzonte.
Cambiamenti che, da parte di chi produce quelle storie, vengono cavalcati con l'ovvia ricerca del maggior fatturato possibile con strategie spesso spietate nei confronti delle suddette storie e di chi le fa investendo tempo e fatica. Per comodità finiscono per diventare quello che, per convenzione, viene ormai indicato con un termine che piace moltissimo agli alti papaveri degli studios e un po' meno a registi and co.: contenuto. Una parola pragmatica quanto vogliamo, ma dannatamente fredda e impersonale anche se applicata al più commerciale dei film commerciali. Che diventa ancor più detestabile quando le major o gli streamer trasformano un film in "contenuto" giocando sporco.
Figli e figliastri
Negli anni più complicati della pandemia, abbiamo assistito ai tentativi, sovente goffi, messi in atto dai giganti di Hollywood per arginare il flusso di soldi persi con la chiusura delle sale o durante le fasi di riapertura degli esercizi in cui il pubblico era latitante alle casse. Strategie che sono finite per incrinare, spesso e volentieri, i rapporti fra divisioni di una stessa major. Uno dei casi più eclatanti in tal senso, è quello che ha visto come vittima la Pixar. Per tre lungometraggi dell'acclamato studio, Soul, Luca e Red, nonostante fossero stati concepiti con la sala cinematografica in mente, sono stati "declassati" a release esclusive in streaming generando non poca frustrazione in quel di Emeryville. Il ragionamento della Casa di Topolino seguiva la seguente ratio: se i lungometraggi Pixar sono così amati dal pubblico e dalla critica, perché non adoperarli come esche per nuovi abbonati a Disney+?
Il tutto mentre i film dei Walt Disney Animation Studios al cinema ci arrivavano eccome con l'ovvia conseguenza che tanto i diretti interessati, quelli che le tre pellicole di cui sopra le hanno fatte, quanto gli addetti ai lavori non potevano fare altro che constatare come il colosso dell'intrattenimento stesse agendo all'insegna del figli e figliastri. Col trascorrere dei mesi e il rientro dell'emergenza sanitaria, le major classiche hanno fatto rientrare l'emergenza e sono tornate a fare una distinzione più chiara fra produzioni per lo streaming e quelle cinematografiche che, in quanto tali, possono beneficiare di una finestra di esclusiva theatrical di durata variabile da pellicola a pellicola, in linea di massima. Poi però ci sono delle situazioni più ibride come quelle di Prime Video e Apple TV+ che, di recente, hanno fatto discutere parecchio.
I casi di Road House e Wolfs - Lupi solitari
Quando accaduto con Road House, il remake firmato Doug Liman del classico del 1989 diretto da Rowdy Herrington con protagonista Patrick Swayze, e con Wolfs - Lupi solitari, la pellicola con Brad Pitt e George Clooney diretta da Jon "Spider-Man" Watts è emblematico. Nel primo dei due casi, si è iniziato a capire che fra il regista e Prime Video non scorresse buon sangue nel momento in cui il filmmaker ha deciso di boicottare la premiere per via della decisione di Amazon di distribuirlo solo in streaming. Una mossa che, stando a Liman, andava contro ai patti iniziali del contratto siglato con la MGM. Road House era stato pensato e girato come progetto per il grande schermo solo che poi, nel momento in cui lo studio è stato acquistato dal colosso fondato da Jeff Bezos, è stato dirottato in streaming su Prime Video. E Doug Liman, comprensibilmente, non ha preso bene la cosa.
Per onestà, bisogna anche dire che, secondo un'indiscrezione pubblicata al tempo da Variety, Amazon aveva proposto due alternative a Liman e al protagonista di Road House Jake Gyllenhaal: quella di girare la pellicola con un budget di 60 milioni in maniera tale da poterlo poi distribuire al cinema oppure scegliere un budget di 85 milioni e l'esclusiva streaming. I due avrebbero scelto questa seconda opzione non tanto per avere più soldi da spendere per produrre il film, quanto perché così il loro compenso sarebbe stato drasticamente più alto rispetto agli assegni che avrebbero percepito con la release theatrical. Dove sta la verità? Bella domanda. Fatto sta che Road House ha avuto delle performance notevolissime su Prime Video e così a metà maggio è stato annunciato l'immancabile seguito. Un "gioco sporco" che ha ripagato anche al netto della bad publicity.
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Il cambio di rotta
Apple dal canto suo ha spiazzato davvero tutti quando, poco prima della presentazione ultra glamour di Wolfs - Lupi solitari a Venezia, dal giorno alla notte ha fatto sapere che non sarebbe più approdato nelle sale, ma direttamente su Apple TV+. Da diverso tempo, il colosso di Cupertino ha adottato la pratica di portare nei cinema le pellicole di maggiore peso che produce prendendo di volta in volta accordi distributivi differenti. Ad esempio: Killers of the Flower Moon è arrivato nei cinema americani con la Paramount, Argylle - La super spia in quelli di tutto il mondo con la Universal mentre l'attesissimo film sulla Formula 1 interpretato da Brad Pitt e diretto da Joseph Kosinski sarà nelle sale dal 27 giugno 2025 con la Warner.
Wolfs - Lupi solitari era nelle mani di Sony, poi il cambio di rotta repentino: niente grande schermo, solo streaming. Ed ecco che il sequel già pianificato è stato cancellato, ma non per volere di Apple, bensì di Jon Watts. Per lui Apple non è più un partner creativo affidabile perché "il loro cambio di rotta dell'ultimo minuto, passando da una distribuzione cinematografica su larga scala ad un'uscita in streaming è stata una totale sorpresa, senza spiegazioni né discussioni". Un gioco sporco che però, anche in questo caso, ha ripagato: Wolfs - Lupi solitari, la cui premiere su Apple TV+ è avvenuta il 27 settembre, è subito diventato il film più visto di sempre nella storia della piattaforma. È lo specchio dei tempi.
Se ormai la fruizione di un film non viene più vista come qualcosa di strettamente legato alla sala o a un percorso che dal cinema parte e poi, attraverso gradini intermedi, arriva in TV e, pur con tutti gli interrogativi del caso (quante persone abbonate a una data piattaforma hanno spinto play e hanno davvero finito di vedere un dato titolo? Quante lo hanno fatto mentre, magari, a casa erano intente anche a fare altro?), mosse "scorrette" come quelle di Road House e Wolfs finiscono per ripagare, di chi è davvero la colpa?