Un divismo tutto italiano

La nuova generazione di attori e registi rilancia il senso di celebrità nel cinema italiano: belli, bravi e a prova di gossip.

Sarà perché mancano all'appello le star di Hollywood a cui il festival di Venezia ha viziosamente abituato, ma in questa edizione della Mostra si fa sempre più sentire uno strano fenomeno, finora nominato solo come ambiziosa aspirazione o nostalgico ritorno agli anni '60: il divismo italiano.
Sarà magari perché negli ultimi anni moltissimi volti nuovi si sono affermati miscelando un'ascendente bravura con una sana dose di riscoperta mondanità. Sono numerosi i giovani attori e registi che hanno stupito con performance d'inaspettata qualità e che, al tempo stesso, hanno fatto parlare di sé con intrighi amorosi, partecipazioni ad eventi del jet set ed esperienze nel movie making internazionale. Non guasta, questo il caso degli interpreti sia maschili che femminili, una diffusa bellezza, un fascino, un savoir faire tutto da star che ha inesorabilmente contribuito alla nascita di fan, ammiratori, simpatizzanti.

Tra coloro che hanno solcato la passerella veneziana tra le grida del pubblico possiamo citare: Valeria Golino, conosciuta per il suo lavoro in Italia e all'estero e invidiatissima per la sua relazione con Riccardo Scamarcio, nuovo divo per eccellenza, diventato in poco tempo un'assicurazione per la vita per gli incassi dei film cui partecipa. Alessandro Gassman, figlio d'arte ormai distaccatosi dall'ombra della memoria paterna; Vittoria Puccini divisa, come il fidanzato Alessandro Preziosi, tra cinema e televisione; Elio Germano, a detta di molti il miglior attore tra gli esordienti; l'astro in continua ascesa Valerio Mastandrea, la bella Violante Placido e la bond-girl Caterina Murino.
Forse c'è dietro una gigantesca operazione di marketing, un'astuta strategia comunicativa che ha saputo vendere l'immagine delle star italiane ed animare così l'attenzione del pubblico, più o meno interessato al cinema, per i personaggi che ne sono protagonisti. Conta il fatto che i nomi e le facce dei nuovi cineasti appaiono sempre più spesso in tv, su riviste di moda, gossip, cultura e società.
Questo divismo tutto italiano rallegra soprattutto per il ruolo calamita che può avere rispetto all'affluenza in sala: l'aumento delle cifre del box-office deve probabilmente ringraziare le ragazzine che impazziscono per Scamarcio, le casalinghe che sognano Raoul Bova che si affaccia alla finestra di fronte, i teenager che vogliono occupare la scuola come fa Muccino o passare gli esami come Vaporidis. Le storie italiane ci appartengono finalmente, ci ritraggono senza che lo specchio ci appaia straniante, ci fanno sorridere perché c'è spazio per riconoscersi. Per questo registi come Ozpetek, Crialese, Garrone, Verdone, Piccioni, Muccino, Sorrentino, Virzì e tanti altri trovano nel pubblico italiano nuovi affezionati che li seguono, li ammirano, li attendono.

Forse non esiste ancora un vero star system made in Italy (come dice Giampaolo Letta), forse non avremo mai una Walk of Fame di stile hollywoodiano, ma con questo festival di Venezia ci siamo rimpossessati del nostro italianissimo red carpet, anzi, tappeto rosso!