Non è la prima volta che succede ad Hollywood: lo stesso argomento, lo stessa tema di un film, declinato in due o più modi differenti nel giro di breve tempo. Non era ancora mai capitato però che esattamente la stessa storia arrivasse, nel giro di pochi mesi, prima sul grande e poi sul piccolo schermo. Ora possiamo dire di aver visto anche questo, perché Trust - Il Rapimento Getty, la nuova serie di FX, racconta del rapimento di John Paul Getty III esattamente come il film di Ridley Scott Tutti i soldi del mondo.
A molti non piacerà l'idea di trovarsi davanti, a pochi mesi di distanza, la stessa storia, peraltro vera e quindi dal finale già ben noto. Eppure questa nuova serie ideata, scritta e diretta, almeno nei primi episodi, da Simon Beaufoy e Danny Boyle, già coppia da Oscar per The Millionaire, ha molto da aggiungere a quanto già visto. Forse più di quel che sarebbe lecito aspettarsi. E poi, ammettiamolo, è quanto meno interessante osservare come questa operazione offra la perfetta opportunità per capire quali possano essere oggi le differenze tra cinema e serie TV. Due modi simili eppure così differenti di approcciare un racconto, di trarne conclusioni e costruire un universo narrativo partendo da un evento vecchio di quarantacinque anni.
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Tutto il tempo del mondo
Quello che fa ovviamente la differenza, in questi casi, è innanzitutto la durata dell'opera. Il film di Ridley Scott in poco più di due ore racconta la storia come fosse un thriller, focalizzandosi soprattutto sul personaggio di Michelle Williams, la madre del ragazzo rapito, e su quello di Mark Wahlberg, Fletcher Chace, il braccio destro di Getty ed ax agente della CIA. Sullo sfondo, ovviamente, Jean Paul Getty primo, uno degli uomini più ricchi del pianeta, ma anche uno dei più avari. Ma appunto il film di Scott deve necessariamente prendere una strada ben precisa e concentrarsi su quelli che furono gli sforzi per cercare di liberare il ragazzo.
In Trust le cose sono molto differenti e i tempi molto più dilatati, tanto che, nei primi tre episodi che abbiamo potuto vedere in anteprima, il rapimento è di fatto appena avvenuto e la ricerca forsennata non è praticamente ancora cominciata. La madre del ragazzo, in questo caso interpretata da Hilary Swank, ha avuto finora pochissimo spazio e il "nuovo" Fletcher Chace del redivivo e fantastico Brendan Fraser si è dovuto finora accontentare di un solo, bellissimo episodio da protagonista. E se il miliardario interpretato da Donald Sutherland è brillante e carismatico com'è assolutamente logico aspettarsi, a colpire è proprio il giovanissimo rapito, interpretato dal giovane e talentuoso Harris Dickinson, la cui vita sregolata, felice e apparentemente priva di pensieri si contrappone a quella ben più grigia e rigida, seppure agiata, del celebre nonno.
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Tu vuo' fa' l'americano
Quello che rende Trust interessante e meritevole del nostro prezioso tempo è proprio questo, il provare a raccontare il ragazzo rapito e la sua vita e non usarlo solo come deus ex machina, come semplice scusa per raccontare del bizzarro e potentissimo nonno. La storia della famiglia Getty è ovviamente molto affascinante, e Beaufoy e Boyle riescono davvero a rendere al meglio la complessità delle dinamiche di casa Getty. Al tempo stesso, nelle scene ambientate a Roma ci restituiscono non solo gli anni '70 ma soprattutto il senso di libertà che il giovane aveva conquistato, a caro prezzo, nel momento in cui si era illuso di essersi liberato dal peso della sua famiglia.
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La serie fa anche una scelta molto coraggiosa, ovvero abbraccia e porta avanti, sebbene in modo parziale, la teoria che il giovane Getty potesse essere, almeno inizialmente, d'accordo con i rapitori allo scopo di estorcere soldi al nonno e saldare debiti accumulati a causa della droga. Si tratta di un dettaglio importante che rende più affascinante la storia e più tridimensionali non solo la vittima stessa ma anche i suoi rapitori, qui interpretati da volti molto noti del nostro cinema. È il caso di Giuseppe Battiston che incarna un ristoratore romano coinvolto nel mondo della droga o di un bravissimo Luca Marinelli nel ruolo del più spietato dei sequestratori. I primi tre episodi, insomma, ci hanno sorpreso e ci hanno convinto a dare una nuova chance ad una storia che sulla carta non sembrava avesse più nulla da dire. Merito di Simon Beaufoy e Danny Boyle, certo, ma anche del format televisivo che ancora una volta conferma di essere un'alternativa valida, spesso più distesa, minuziosa e ricca nei contenuti, rispetto al cinema.
Movieplayer.it
3.5/5