Dopo In Bruges - La coscienza dell'assassino e 7 psicopatici, la terza regia di Martin McDonagh ottiene l'onore del concorso veneziano. Il direttore Alberto Barbera non si è lasciato sfuggire la possibilità di avere in programma il nuovo lavoro di uno dei commediografi britannici più apprezzati così gli gli ha offerto la vetrina più prestigiosa. Mai scelta fu più giusta, visto che Tre manifesti a Ebbing, Missouri è una delle pellicole migliori di questa edizione. McDonagh dimostra una notevole maturazione sia sul piano narrativo che su quello stilistico realizzando una pellicola profonda, dolorosa, ma anche divertente e ricca di svolte imprevedibili che ruota attorno a temi quali vendetta, colpa e redenzione. Caratteristiche già presenti nel suo cinema, soprattutto nel cult In Bruges, che ora si sono sistematizzate in un'opera più adulta e coraggiosa.
Parte del merito dell'ottimo risultato va all'incredibile cast composto dalla protagonista Frances McDormand, qui nei panni di una madre che cerca giustizia per la figlia seviziata e uccisa, Woody Harrelson e Sam Rockwell, tutti e tre presenti a Venezia a fianco di McDonagh. Il regista e sceneggiatore spiega di aver scritto il film con loro tre in mente. La ragione? "Sono i migliori attori della loro generazione, Frances ha una grande integrità ed è in grado di creare un equilibrio perfetto tra humor e dramma. Molti attori non hanno la sua carica di umanità o la fingono, ma io volevo dare spessore ai miei personaggi, che appartengono tutti alla working class. Volevo che sembrassero veri".
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Un cast affiatato come una famiglia
Tre manifesti a Ebbing, Missouri parte da una premessa piuttosto originale. Una donna che attende giustizia per la figlia affitta tre spazi pubblicitari su una via del paesino dei Missouri in cui vive criticando apertamente l'operato della polizia. La sua mossa avrà conseguenze inaspettate sulla sua famiglia, sugli amici e sull'intera comunità di Ebbing. Martin McDonagh rassicura: "Ebbing non esiste, c'è solo il Missouri". Il regista racconta poi come è nata l'idea alla base del film: "Vent'anni fa mi trovato su un bus negli Stati Uniti e ho visto dal finestrino qualcosa di simile ai tre manifesti. Un messaggio oscuro, doloroso e tragico. Mi sono chiesto chi avrebbe potuto fare una cosa simile e ho cominciato a costruire la mia storia. Una volta deciso che sarebbe stata una donna, una madre, è stato facile".
Pensando a un'interprete in grado di incarnare una donna forte e decisa come Mildred Hayes, la scelta di Martin McDonagh è caduta su Frances McDormand, "un'interprete fantastica. Ogni volta che cerco un razzista penso a Sam Rockwell (ride, n.d.r.). Quanto a Woody Harrelson lo conosco da 12 anni, ci siamo incontrati in un bar a Dublino e abbiamo lavorato due volte insieme. E poi nel film c'è Peter Dinklage, che è un amico". In un primo tempo, però, Frances McDormand non era troppo convinta di accettare. "La prima volta che Martin mi ha proposto lo script, avevo 48 anni, ora ne ho 60" spiega l'attrice. "Gli ho proposto di interpretare la nonna, non la madre, ma lui non credeva che una nonna avrebbe fatto tutto questo per una nipote. Mi sembrava una obiezione sciocca, ho detto a Martin che non era un padre né una donna, non poteva capire. Allora mio marito Joel Coen mi ha detto 'Stai zitta e accetta il film'". Anche se non è stato facile convincerla, Frances McDormand è entusiasta del ruolo offertole: "Questo è quello che Martin fa meglio, mescolare malinconia e comicità. Dal punto di vista di un'attrice la cosa più importante è avere un buon script e io lo avevo. Non ci siamo preparati a lungo, Martin ha letto le parti per noi una settimana prima di girare, ma non avevamo bisogno di molto tempo perché ci conoscevamo già bene".
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Il realismo magico di Martin McDonagh
Prima Suburbicon di George Clooney, poi Ebbing. La provincia americana, apparentemente placida e ordinata, cela orrori indicibili e i cittadini si preoccupano più di difendere le apparenze che di estirpare il razzismo, i pregiudizi e l'egoismo che si annidano nella comunità. Martin McDonagh ci tiene, però, a precisare: "L'America non è più razzista di qualsiasi altro paese. Viviamo in un momento in cui in tutte le nazioni si sta verificando una chiusura. Non credo che questo sia un ritratto di una cittadina americana razzista, ma il razzismo è presente. Il segreto per realizzare un film coerente è cercare l'umanità in tutti i personaggi, buoni o cattivi. Ho cercato di infondere l'empatia anche nel personaggio di Sam Rockwell, uno dei più controversi. La rabbia non è la migliore arma da usare, ma a volte è una reazione spontanea alla violenza. Per me, però, il film parla anche d'altro".
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Parlando del suo sceriffo, Woody Harrelson commenta: "Martin mi ha proposto una sceneggiatura fantastica. Il mio personaggio era sulla pagina, ho cercato di non giudicarlo, ma di entrare in sintonia con lui. Lo stile di Martin è unico, la sua commedia nasce dal dramma, se non hai elementi drammatici non funziona neanche la parte comica". Per il personaggio della madre furiosa di Frances McDormand, McDonagh ammette di essersi ispirato all'universo del western, in particolare degli spaghetti western. L'attrice commenta: "Mildred è Marge di Fargo cresciuta. Di solito quando accetto un ruolo non faccio molta ricerca. Stavolta Martin mi ha dato direttive precise, ha dimostrato di avere grande fiducia in noi, abbiamo costruito il personaggio insieme. Mi ha invitato a guardare i western con John Wayne. Ho usato la sua camminata. E poi ho parlato con persone che avevano perso un figlio. Se perdi il marito resti vedova, se perdi un genitore sei orfana, ma non esiste una parola per descrivere la perdita di un figlio. È un dolore indicibile".