Tokyo Vice, la recensione: Ansel Elgort, il tocco di Michael Mann e una serie neo-noir oscura e sinuosa

La recensione di Tokyo Vice: Ansel Elgort e Ken Watanabe sono i protagonisti di un'ottima serie tv che indaga il sottobosco criminale giapponese. Tratta da una storia vera, è disponibile su Paramount+.

Tokyo Vice, la recensione: Ansel Elgort, il tocco di Michael Mann e una serie neo-noir oscura e sinuosa

Asciutta, sinuosa, oscura. Il racconto al centro dell'opera, tutt'intorno un'atmosfera da neo-noir in cui si incontrano gli echi di James M. Cain, di Raymond Chandler o di Ringo Lam che, guarda caso, è tra i massimi autori asiatici del genere. Trattenete il respiro e immergetevi in Tokyo Vice, creata da J.T. Rogers e basata su Tokyo Vice: An American Reporter on the Police Beat in Japan, libro di memorie firmate dal giornalista Jake Adelstein, che raccontò - svelando segreti e verità - il sottobosco criminale dell'inscalfibile capitale giapponese. Sviluppata per HBO Max (in Italia la trovate su Paramount+), lo show in otto episodi è un'esperienza a tratti glaciale e riflessiva, che analizza a fondo i suoi personaggi, le sue inflessioni e, soprattutto, la sua cornice. Vera e propria protagonista di uno show in cui si sintetizza la necessità visiva con una sceneggiatura di altissima fattura. E non è un caso che la serie vanti tra i suoi executive producers nomi del calibro di John Lesher, di Destin Daniel Cretton e soprattutto di Michael Mann.

5Hcanpjzwxskldmdpau9Hn
Tokyo Vice: una scena della serie Paramount+

Il regista di Heat - La Sfida ha infatti seguito il progetto così tanto da vicino che ha diretto il pilot della serie, catapultandoci in un'epopea personale e criminale in cui i contorni si rievocano una folgorante storia vera. Una vicenda, quella di Jake, puntellata da tempi sospesi e svolte criminali: il primo episodio è una sorta di manuale noir, che supera il concetto di crime assoluto e si prende tutto lo spazio necessario per sviscerare il sottobosco di Tokyo: esclusivi club, escort occidentali, efferati omicidi (anche se, scopriamo, in Giappone è consuetudine pensare che non ci siano omicidi), redazioni giornalistiche, alleanza criminali allacciate dalla spietata Yakuza. Insomma, l'orizzonte perfetto per Michael Mann e per gli appassionati di genere che, con sorpresa, resteranno piacevolmente spiazzati e colpiti dall'approccio destrutturato di una serie come Tokyo Vice.

"Il Miglior quotidiano del mondo"

Merlin 204806109 76B93A04 Daa3 406D 91B6 81Aa08A44Bd0 Superjumbo
Tokyo Vice: una scena della serie Paramount+

A proposito di redazioni: la storia vera di Tokyo Vice ruota vorticosamente attorno Jake Adelstein (Ansel Elgort) che, nel 1999 (nel 1993, in realtà) si trasferisce dal Missouri a Tokyo con l'obbiettivo di entrare nella prestigiosa redazione del Yomiuri Shinbun, giornale talmente conservatore da considerarsi "Il miglior quotidiano del mondo". L'esame scritto in giapponese non è propriamente una passeggiata, ma Jake è bravo, preparato, sicuro (forse troppo) e latentemente arrogante. Un mix che lo porterà ad essere il primo giornalista esterno a lavorare all'interno del giornale. Inizia dal basso, deve sottostare a rigide regole e, intanto, prova a schivare la nostalgia di casa. Non solo, è visto di cattivo occhio da molti collaboratori e dal direttore, scontrandosi di conseguenza con una realtà opposta a quella agganciata al retaggio asiatico, che non dovrebbe prevedere razzismo o ostracismo lavorativo.

Ansel Elgort 80
Tokyo Vice: una scena della serie Paramount+

Però, Tokyo Vice, oltre a sfogliare pagine e pagine criminali, è anche un'interessante serie che illustra la realtà interna di un colosso editoriale asiatico, portandoci nel bel mezzo di un'enorme e complessa redazione. Una visione interessante, che viaggia parallela e continua alla storyline principale. Una doppia strada che dosa la velocità di narrazione, enfatizzando le profonde differenze culturali tra Occidente e Oriente sulle spalle di Jake Adelstein, intenzionato a rompere le regole giornalistiche e la catena di ingombranti silenzi. Si cala nei meandri più neri della città e, sfruttando il primo incarico, si affianca al detective Hiroto Katagiri (Ken Watanabe), avvicinandosi pericolosamente alle dinamiche della Yakuza giapponese.

Tokyo Vice, la serie sotto accusa: "Dubito che metà delle cose narrate sia mai accaduta"

La verità oltre le apparenze

42Cd943 1663780134875 Tokyo
Tokyo Vice: una scena della serie Paramount+

Basandoci sui primi episodi di Tokyo Vice è abbastanza palese notare l'approccio sistematico e avvolgente della serie, che a più riprese tende a prendere le distanze dal genere per avvicinarsi ad un'entusiasmate inchiesta giornalistica capace di scoperchiare gli aspetti politici e sociali di un Paese che, dietro i neon perpetui e il cibo rinomato, cela una marcata quantità di segreti. E dunque la citazione a Miami Vice (ripresa fin dal titolo) appare la chiave di lettura: una grande e iconica città, la criminalità, la verità che viene portata a galla. Costi quel che costi. In questa direzione, magari un filo verbosa, si nota quanto ci sia l'impronta di J.T. Rogers, drammaturgo e autore di numerosi successi di Broadway che, tra l'altro, assembla in modo perfetto il cast tecnico e artistico. Oltre a due star giapponesi come Ken Watanabe e Rinko Kikuchi (che interpreta l'intransigente caporedattrice Maruyama), l'aria stralunata di Ansel Elgort rende il personaggio ancora più sperduto e ancora più sconnesso. Piccola curiosità: nel 2013 a storia vera di Adelstein doveva diventare un film, e per il ruolo venne ipotizzato Daniel Radcliffe; solo nel 2019 il progetto divenne una serie per WarnerMedia.

03Tokyovice Still2 Mobilemasterat3X
Tokyo Vice: una scena della serie Paramount+

Dopo l'uscita, però, ci furono diversi mugugni: la vicenda, secondo alcuni collaboratori di Adelstein, ha diversi passaggi inventati, come il fatto che il giornalista sia sceso sotto copertura nella Yakuza. Cosa impossibile in Giappone, in quanto sembra che nemmeno la polizia agisca in questo senso. Adelstein ha ribadito la veridicità dei fatti, e di riflesso anche la produzione ha spiegato quanto la serie voglia solo essere materiale d'intrattenimento. Eppure, dietro alla misura stilistica resa affascinante e affinata dalla poetica di Michael Mann, sono le parole le vere protagoniste della serie: quelle che (ri)cerca Jake Adelstein, per imporsi e affermarsi come giornalista, e quelle che seguirà per ricostruire un mosaico criminoso che tiene in pugno (anche) il mondo dell'informazione. Perché Jake, a metà del ponte che unisce (o separa?) l'Occidente all'Oriente, è l'elemento in grado di scardinare le regole imposte in funzione di un'apparenza destinata a crollare sotto l'inesorabile peso della verità. Reale o romanzata che sia.

Conclusioni

Basandoci sui primi episodi, concludiamo la recensione di Tokyo Vice rimarcando quanto l'estetica, unita al forte senso del racconto, renda l'opera un'ottima esperienza seriale. L'atmosfera, gli interpreti e un'interessante storia vera fanno poi il resto. Al netto di alcuni passaggi non propriamente esplosivi.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
N/D

Perché ci piace

  • L'atmosfera di una Tokyo oscura e segreta.
  • Il casting, perfetto.
  • Una storia vera interessante e poco conosciuta.
  • C'è il timbro di Michael Mann.

Cosa non va

  • Alcuni momenti, non adatti a chi cerca un prodotto più "veloce".