Due protagonisti, due stagioni (l'estate e l'inverno), un'unica storia così come unica è l'isola di Osea, il luogo misterioso in cui si svolge The Third Day, la miniserie di sei episodi (più uno Speciale trasmesso in diretta di 12 ore) co-prodotta da HBO e Sky e con protagonisti Jude Law e Naomie Harris. Arrivati all'ultima puntata della creatura di Felix Barrett e Dennis Kelly non si può che rimanere affascinati e, diciamocelo, un po' rassicurati dall'incubo finalmente giunto a conclusione. Perché The Third Day ha compiuto il percorso che piano piano aveva iniziato a mostrare attraverso uno stile tutto suo, ambiguo, contaminato dal folk horror e facendo credere che l'isola nel quale Sam ed Helen giungono fosse il cuore della storia. Non è stato così, siamo stati tutti traditi. Bisognava porre l'attenzione su un altro aspetto, meno mitologico ma non per questo meno importante: l'animo umano. E così siamo rassicurati, perché quella che poteva diventare solo una semplice storia dell'orrore legata a riti della tradizione e strane ideologie, si trasforma invece in una metafora con un significato più viscerale ed emotivo, unendo due storie che sembravano, sia per i protagonisti che per lo stile di regia, distanti e indipendenti. Nella puntata conclusiva, l'attenzione si è posta più sui personaggi che sui segreti dell'isola, lasciando lo spettatore con più di qualche domanda che non troverà mai risposta, ma anche regalandoci un finale che porta con sé un significato profondo. Ne abbiamo già parlato nella nostra recensione della miniserie come la luce, all'interno della storia, abbia un ruolo predominante e ci sembra coerente far luce, attraverso la nostra spiegazione del finale, proprio sul senso conclusivo dell'opera.
Estate: nel nome del padre
Nelle prime tre puntate di The Third Day abbiamo fatto la conoscenza di Sam (Jude Law), un padre di famiglia che rimane bloccato nella misteriosa isola di Osea, un luogo unico dove vivono poco meno di cento persone che, in quel momento, stanno organizzando un festival della tradizione celtica dedicato alle divinità del mare. Per cause di forza maggiore (alcune legate alla natura delle cose e altre all'intervento umano degli abitanti che non vogliono che Sam torni sulla terraferma), Sam è costretto a passare del tempo nell'isola. Farà la conoscenza di Jess (Katherine Waterston) con cui nascerà un legame forte, prima di amicizia e poi addirittura amoroso, e attraverso il quale scopriremo la natura di Sam. L'uomo non ha ancora superato il lutto della morte del suo unico figlio maschio, Nathan, e questo lo porta ad avere delle ricadute mentali in cui immagina una realtà alternativa colma di paranoia. Con il trascorrere del tempo veniamo a sapere che Sam è l'erede diretto di chi ha costruito quel villaggio nell'isola e che gli abitanti vogliono che lui diventi il nuovo Padrone del posto, una specie di figura messianica che potrà far rivivere l'isola. Scopriamo, inoltre, che sono stati proprio gli abitanti dell'isola a rapire e uccidere Nathan, proprio per portare Sam da loro e convincerlo (anche se le cose non sono andate come previsto e la morte del bambino è accaduta per errore). Nonostante i tentativi di fuggire dal posto, Sam cede: si sente legato all'isola e, dopo aver compiuto un rito di iniziazione (lo vediamo nel lungo Speciale che, lo ricordiamo, non è però necessario alla comprensione complessiva della vicenda), diventa il nuovo Padrone dell'isola di Osea, liberandosi - da quel che sembra - del lutto che continuava a tormentarlo.
Inverno: nel nome della madre
Sono trascorsi nove mesi dalle vicende di Sam e sua moglie Helen (Naomie Harris), grazie a una mail inviata da una ragazzina di Osea (ma lo scopriremo solo nell'ultima puntata), giunge insieme alle sue due figlie, Ellie e Talulah, nello stesso luogo misterioso. Le cose sono però cambiate: l'isola e gli stessi abitanti sembrano sofferenti e la colpa sta nella pessima gestione di Sam come padrone. Tra ennesimi misteri e comportamenti ambigui, come sembra essere da tradizione, Helen scoprirà non solo che Sam è ancora vivo, ma che Jess sta per partorire un'erede che si preannuncia migliore del padre. È l'inizio di una rivolta interna che spacca in due le poche anime dell'isola e nella quale Helen e le figlie si ritroveranno a combattere, arrivando addirittura a mettere a repentaglio la loro vita nel tentativo di fuga. Scopriamo che, anche se a prima vista non sembra, anche Helen porta dentro di sé lo stesso lutto legato a Nathan. Ma se Sam esprimeva il suo dolore attraverso la follia e la fuga dalla realtà (lo stesso sentimento di rimanere nell'isola e abbandonare la famiglia fa parte di questa depressione), Helen si comporta in maniera differente. Fredda, distaccata, preferisce la figlia minore che simboleggia una vita nuova dopo Nathan, lascia assopito il dolore dentro di sé. Non è un caso che anche lo stile della miniserie, nella seconda metà, sia molto diverso dalle prime tre puntate: più ragionato, meno espressivo e sperimentale, più quadrato e pacato, corrisponde esattamente alla protagonista di cui abbracciamo il punto di vista. Ritrovare il marito che l'ha abbandonata dopo averla lasciata senza soldi e avere la possibilità di sfogarsi darà il via a una nuova rinascita. Per entrambi.
Primavera: quando il sole non acceca più
Ed ecco che nel finale le due storyline si uniscono e The Third Day si scopre come una serie che usa l'orrore nel migliore dei modi, come metafora dell'animo umano e come la paura del cambiamento e della mutazione. Bloccati nel loro dolore, Sam ed Helen devono reagire e lo faranno proprio grazie a quell'isola che, in più occasioni, viene definita come "l'anima del mondo". Un motore mitologico e divino che si lega all'acqua, l'elemento che meglio simboleggia la purificazione dai peccati e il battesimo di una nuova vita. Prenderanno strade diverse, marito e moglie. Sam si farà perdonare permettendo a sua moglie e alle sue figlie di scappare, macchiandosi di sangue ma rimanendo bloccato nell'isola con un bambino che gli ricorda il suo Nathan (non è il vero Nathan, anche se il lato magico dell'isola viene messo in scena quando il bambino racconta ad Helen qualcosa di incredibilmente privato facendo vacillare più di qualche certezza).
La sua redenzione avviene attraverso la legge del contrappasso: fuggendo sempre da tutto deve rimanere chiuso nel suo mondo folle e distante dalla terraferma. Helen, invece, che capisce che la vita prosegue e le figlie hanno bisogno di lei, si dimostra una madre combattente, capace di rischiare la vita per salvarle e portarle sulla terraferma a nuoto, trascinandole su una barca. Anche Sam aveva tentato di fuggire a nuoto, ma senza successo, tornando indietro per colpa di Jess. Helen ha tutta la famiglia sulle sue spalle e riesce nell'impresa fuggendo definitivamente dal passato, dall'isola oscura (lo dice anche Sam: "L'oscurità è arrivata"), e abbracciando, dopo un pericoloso e faticoso viaggio (d'altronde non è semplice ricominciare), il presente e il futuro. Ecco che, una volta arrivata sulla terraferma, Helen ha superato il proprio lutto, ha usato la morte di Nathan per reagire e risollevarsi, senza fuggire come il marito. Trovano rifugio in una baracca, un simbolo di una nuova casa, ancora vuota e piccola, ma pronta a essere ricostruita. Le tre donne si addormentano abbracciate per scaldarsi a vicenda, sancendo un'unione finalmente arrivata e superando tutte le fratture che già esistevano all'arrivo nell'isola e che Osea aveva alimentato sempre più. Il sole, non più accecante e distorsore della realtà come accadeva nelle prime puntate, è ora una calda carezza che illumina i volti di una nuova famiglia, di una nuova vita. È arrivata la primavera.