The Idol, la recensione: se il sogno americano diventa un incubo sexy

La recensione dei primi due episodi di The Idol: se lo scandalo è solo un pretesto, la serie di Sam Levinson è invece una riflessione su quanto la cultura statunitense sia ciclica. Creando e distruggendo i propri idoli. Producono HBO e A24. In esclusiva su Sky e su NOW.

The Idol, la recensione: se il sogno americano diventa un incubo sexy

Lo scandalo è negli occhi di chi guarda. Lo scandalo, è la percezione che abbiamo nei confronti di ciò che viene reputato, appunto, scandaloso. È la società di massa ad imporre cosa sia lecito e cosa non sia lecito (con le dovute misure, chiaro), ed è sempre la massa a giudicare, a giudicarci fino a prova contraria. Eppure, sotto, c'è altro. Basta cercarlo, individuarlo, spostando il pensiero comune in un pensiero finalmente divergente. Un pensiero che rivela e smaschera la realtà. Perché la realtà non può mai essere edulcorata. In fondo la panacea confortevole è ormai gracile, in crisi. Gli spettri sono fuggiti dall'armadio, e allora bisogna difendersi. Bisogna combattere per resistere, e bisogna cadere per tornare a volare. Brillando come brilla la Jocelyn di una pazzesca Lily-Rose Depp. Pop-star regina dell'universo distrutta in mille pezzi. Jocelyn, fragile come un ramoscello, e sexy come una copertina di Vogue. Tutto questo per dire: come ogni grande show, The Idol, co-creata da Sam Levinson, insieme ad Abel "The Weeknd" Tesfaye e Reza Fahim (dal 5 giugno in esclusiva su Sky e in streaming solo su NOW), è stata accompagnata da una sequela di chiacchiere per il suo brutale (?) modo di mettere in scena la depressione, la sessualità, la fisicità.

The Idol Lily Rose Depp The Weeknd Star Trailer
The Idol: The Weeknd e Lily Rose Depp in una scena

Ora che abbiamo visto la serie, e riferendoci alle prime due puntate (sono sei) presentate a Cannes 2023, possiamo scriverlo: The Idol potrebbe essere tutto il contrario di ciò che si potrebbe anche solo immaginare (insomma, se cercate il vero scandalo pruriginoso basta guardare un programma tv pomeridiano). Sì, c'è il sesso. Sì, c'è il torbido. Sì, c'è il discutibile. Ma dietro tutta la patina, come accaduto con quel capolavoro seriale chiamato Euphoria, The Idol è l'ennesima prova che il mondo dell'entertainment stia urlando ciò che ormai appare lampante, e che ha tenuto in vita cent'anni di cinema, musica e letteratura: il sogno americano sta lentamente, inesorabilmente morendo. L'american dream, che ha formato generazioni di pensatori sociali, di politici e di estri culturali, tramandando l'idea suggestiva verso l'intero e spugnoso Occidente (una colonizzazione ideologica? Potrebbe essere), si sta tramutando in qualcosa di diverso, di pericoloso. Proprio come accaduto alla fine degli Anni Sessanta.

Lo scandalo è solo un pretesto

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The Idol: una foto della serie TV

Perché la storia è ciclica, soprattutto quella americana. Tutto passa, tutto torna. Il Vietnam, i movimenti pacifisti, gli scandali politici, la crisi energetica. Le ossessioni demoniache di Charles Manson, e della sua Manson Family, pronta a risucchiare anime disperate e derelitte. Emarginate da una società studiata per il profitto. Come spesso accade, l'arte - in questo caso una serie televisiva - anticipa e sottolinea il tono odierno, senza risparmiarsi, e perché esagerando con i dosaggi visivi e narrativi. Dunque, eccoci davanti l'irresistibile Jocelyn. Jocelyn è bella. Bellissima. Ma è depressa, in crisi. Si difende come può, intanto che intorno a lei scoppia il putiferio per una sua foto diventata virale. Una foto intima, l'ennesimo caso di revenge porn. Ma Jocelyn non ci sta, continua a ballare. A provare, e riprovare. Tuttavia, Jocelyn potrebbe avere qualcosa di rotto.

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The Idol: una foto della serie TV

Dietro una fisicità che morde, e su cui indugia la regia di Levinson, il cuore gira a fasi alterne, i piedi fanno male, stretti in un paio di scarpe dai tacchi improbabili. Lividi vergognosi, inaccettabili per l'etichetta discografica (emblematica la figura di Jane Adams, che interpreta la responsabile dell'etichetta). Del resto, il pubblico vuole il mostro sul palco, ma il mostro è ferito, lacerato dalla depressione e dal disagio psichico. "The Show Must Go On", costi quel che costi. Un disagio che il mondo di Jocelyn vorrebbe perfino sessualizzare, aberrando ogni confine lecito, e creando lo spunto di una riflessione narrativa incentrata sulla definitiva distruzione dell'essere umano, usando lo scandalo come pretesto, come scusa.

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Il corpo come funzione scenica

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The Idol: una foto della serie TV

Chiaro, finora il nostro è un discorso che potrebbe essere marginale, potendo scrivere la recensione solo delle prime due puntate. Ciononostante, l'incipit è più celebrale che sensuale (men che meno pornografico, come qualcuno ha erroneamente previsto), più asciutto che barocco. Di conseguenza, in The Idol, per volere della sua narrazione, si affrontano la carne e il desiderio, l'irregolarità e la dolcezza. Una dolcezza sommessa, disperata. Perché Jocelyn è disperata. Talmente disperata da cedere, lasciandosi abbracciare da Tedros (Abel "The Weeknd" Tesfaye, interessante esordio come attore), ossia una sorta di santone del self-help. Un guru contemporaneo, dai modi ambigui, orrorifici. Guarda caso non lontano dai riverberi che aleggiavano sulla figura di Manson. Tedros, elegante e affabile, profumato ed eclettico, brillante ed erotico. Già, l'abbiamo detto: la storia è ciclica, e ogni cosa resta sedimentata, dormiente. Come se attendesse il momento giusto per tornare per resuscitare dall'oscurità.

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The Idol: una foto della serie TV

Quell'oscurità che la regia sfrutta e amplifica, come se stessimo guardando un film horror anni Settanta, destrutturato. Ombre, riflessi, rumori. E la musica, una vera traccia narrativa che per inflessioni cita Prince, Madonna e David Bowie. E poi la traccia strumentale, libera e armoniosa, quasi riparatrice verso l'instabilità di Jocelyn, che forza il piacere e sforza il talento. Essenzialmente, The Idol mette in scena questo: l'alba di una completa distruzione dell'identità globale scritta dalla visione (finto) liberale degli Stati Uniti, che ha messo e continua a mettere in primo piano la potenza simbolica del corpo, e in particolar modo del corpo femminile. In questo caso il corpo di una pop-star che, come vediamo, è il filo rosso della serie, fin dalla prima inquadratura: un primo piano, e l'espressione che cambia in funzione di un convulso photo shooting. Prima sexy, poi distaccata, poi goduriosa. Per Levinson il corpo è materia da plasmare, pretesto e contesto. Visione e funzione scenica. Estetica ed estasi. Appunto, la brutale modernizzazione di un sogno che diventa incubo.

Conclusioni

Come scritto nella nostra recensione, dopo aver visto i primi due episodi di The Idol possiamo finalmente dirlo: il pretesto sessuale e pruriginoso sembra finora strutturato per essere funzionale all'idea narrativa di Sam Levinson. Un pretesto che si sofferma sulla destrutturazione culturale del sogno americano, capace di generare e distruggere i propri idoli.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
4.6/5

Perché ci piace

  • Lily Rose-Depp è eccezionale.
  • La regia, quasi horror.
  • La colonna sonora.
  • Il contesto, e il pretesto narrativo.

Cosa non va

  • Lo shock sembra essere ideato solo per attirare l'attenzione.