The Brutalist: chi è Brady Corbet, il regista dell’anno (nominato agli Oscar)

Dagli esordi come attore in Thirteen e Mysterious Skin al debutto da regista sulle orme di Michael Haneke, fino al successo di The Brutalist: ripercorriamo la carriera di Brady Corbet.

Brady Corbet premiato con il Golden Globe per la regia di The Brutalist

Dieci anni fa, nella serata di chiusura della Mostra del Cinema di Venezia 2015, un ragazzo di ventisette anni, emozionatissimo e incredulo, stringeva tra le mani ben due trofei: il premio come miglior regista della sezione Orizzonti e il Leone del Futuro per la miglior opera prima. Il ragazzo in questione era Brady Corbet, originario di Scottsdale, in Arizona: volto solare e paffuto, sguardo limpido, aria e look da all-American boy e il tenero imbarazzo della persona catapultata di colpo al centro dell'attenzione. Eppure, chi aveva avuto l'occasione di vedere il primo film da lui diretto non aveva difficoltà a rendersi conto che non c'era luogo più adatto del palcoscenico di un festival per un talento appena sbocciato ma già tremendamente evidente.

Brady Corbet 2015
Un ritratto del regista Brady Corbet alla Mostra di Venezia 2015

Alla Mostra di Venezia 2015, Brady Corbet era stato ammesso nella sezione Orizzonti con il suo primo lungometraggio, The Childhood of a Leader, di cui era regista, co-produttore e sceneggiatore in coppia con la sua partner, la cineasta norvegese Mona Fastvold. Un'opera impressionante, prima ancora per le ambizioni che per i suoi esiti: un libero adattamento di Infanzia di un capo, racconto di Jean-Paul Sartre incluso nella raccolta Il muro, collocato nello scenario della campagna francese nel giugno 1919, durante gli incontri diplomatici relativi al Trattato di Versailles, che avrebbe sancito le condizioni a cui sarebbe stata sottoposta la Germania per la sua uscita dalla Grande Guerra. Tuttavia, la pellicola di Corbet non rientrava appieno nel filone dei film storici, ma era piuttosto un "dramma da camera" incentrato sulle dinamiche di una famiglia statunitense.

Da The Childhood of a Leader al successo di The Brutalist

The Childhood Of A Leader
The Childhood of a Leader: un'immagine di Tom Sweet

Dalla solennità ieratica dell'impostazione e delle atmosfere alla tagliente lucidità nella descrizione dei caratteri e delle interazioni fra i personaggi, per culminare in una repentina esplosione di violenza e in uno spiazzante finale da roman à clef, The Childhood of a Leader costituiva quanto di più distante si potesse immaginare rispetto alle convenzioni del cinema americano, anche quello di matrice indipendente. Al contrario, il film diretto a ventisei anni da Brady Corbet riportava alla mente, per approccio e sensibilità, un modello ben preciso: Michael Haneke. Nello specifico, The Childhood of a Leader richiamava per diversi aspetti uno dei capolavori del grande regista austriaco, Il nastro bianco, con il quale sembrava innestare un ideale dialogo rispetto alla storia europea al principio del "secolo breve" e ai germi dei nazifascismi maturati negli anni a venire.

Brady Corbet
Brady Corbet con il Leone d'Argento per The Brutalist

A poco meno di dieci anni di distanza da quella prima certificazione delle sue doti, lo scorso 5 gennaio un Brady Corbet oggi trentaseienne sollevava un'altra doppietta di trofei. Stavolta però la cornice era il Beverly Hilton di Los Angeles e i premi in questione erano i Golden Globe per la miglior regia e per il miglior film drammatico: due fra i massimi riconoscimenti nell'ambito ben più mainstream della "stagione dei premi" americana. L'opera che ha permesso a Corbet di essere celebrato nel cuore di Hollywood è il suo terzo lungometraggio da regista, The Brutalist, il cui cursus honorum è cominciato non a caso proprio alla Mostra di Venezia 2024, dove è stato accolto dal plauso pressoché unanime della critica e in cui la giuria presieduta da Isabelle Huppert gli ha attribuito il Leone d'Argento per la miglior regia.

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I primi passi come attore di un futuro regista da Oscar

Brady Corbet Golden Globe
Brady Corbet con il Golden Globe come miglior regista per The Brutalist

Da allora The Brutalist, che negli USA può contare su un distributore formidabile quale A24 mentre in Italia uscirà il 6 febbraio per Universal, si è rivelato uno dei titoli più blasonati dell'anno, con dieci nomination agli Oscar (tra cui miglior film e regia), nove nomination ai BAFTA Award, la candidatura al Directors Guild Award, il New York Film Critics Circle Award come miglior film e, appunto, tre Golden Globe, inclusa la statuetta come miglior attore per un magnifico Adrien Brody. Chi è dunque questo giovane cineasta che, dopo aver conquistato sia Venezia che i Golden Globe, si prepara a gareggiare in pole-position anche ai prossimi Oscar? Qual è il percorso che lo ha portato dov'è oggi e, soprattutto, quali sono i tratti peculiari del suo cinema, decisamente singolari e marcati nonostante abbia appena tre pellicole all'attivo?

The Brutalist Una Scena Del Film
The Brutalist: una scena del film
Mysterious Skin
Mysterious Skin: un'immagine di Joseph Gordon-Levitt e Brady Corbet

I primi passi nell'industria cinematografica Brady Corbet li ha mossi oltre vent'anni fa come attore quando, appena adolescente, veste i panni del fratello maggiore dell'irrequieta tredicenne Evan Rachel Wood in Thirteen, apprezzato dramma indie firmato da Catherine Hardwicke nel 2003. Il trampolino di lancio potrebbe arrivare un anno più tardi con la commedia di fantascienza Thunderbirds, che però va incontro a un sonoro fiasco; in compenso, sempre nel 2004 Corbet ruba la scena in Mysterious Skin, cult movie realizzato da Gregg Araki dal romanzo di Scott Heim. Co-protagonista, al fianco di Joseph Gordon-Levitt, di una storia cruda e commovente sul trauma degli abusi sessuali su minori, da allora Corbet inizia a costruirsi una filmografia che è una cartina da tornasole delle sue passioni di cinefilo e di futuro cineasta, dividendosi fra la scena indipendente americana e alcuni fra i più importanti autori europei.

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Da Haneke a Vox Lux: spettacolo, violenza e altri "funny games"

Funny Games
Funny Games: Naomi Watts, Michael Pitt e Brady Corbet

Per citare solo qualche esempio: nel 2007 recita con Naomi Watts, Tim Roth e Michael Pitt in Funny Games, remake americano di Michael Haneke del suo film omonimo di vent'anni prima; nel 2011 è nel cast de La fuga di Martha di Sean Durkin e di Melancholia di Lars von Trier; nel 2012 scrive e interpreta per Antonio Campos il dramma psicologico Simon Killer; nel 2014 interpreta ruoli secondari in ben sette film per registi quali Olivier Assayas (Sils Maria), Mia Hansen-Løve (Eden), Ruben Ostlund (Forza maggiore), Bertrand Bonello (Saint Laurent) e Noah Baumbach (Giovani si diventa), oltre alla splendida miniserie Olive Kitteridge di Lisa Cholodenko. Un'eccellente 'palestra' per il suo esordio dietro la macchina da presa con The Childhood of a Leader, per il quale potrà contare su star internazionali come Bérénice Bejo, Robert Pattinson e Liam Cunningham.

Vox Lux Natalie Portman
Vox Lux: un'immagine di Natalie Portman

Nonostante disponga di budget abbastanza contenuti, Brady Corbet riesce comunque ad attrarre l'interesse e ad assicurarsi la collaborazione di grandi divi pure per la sua seconda prova da regista, Vox Lux, che vede protagonisti Natalie Portman e Jude Law, oltre alla 'fedelissima' Stacy Martin (che sarà anche in The Brutalist). Ricompensato dall'inserimento in concorso ufficiale al Festival di Venezia 2018, Vox Lux riparte da un altro tema-cardine della poetica di Michael Haneke: la violenza nella società contemporanea e la sua anestetizzazione attraverso l'immaginario audiovisivo. Ma in questo caso, con una sicurezza ancora maggiore rispetto al suo film di debutto, Corbet sviluppa il discorso in maniera assolutamente personale, spostando il focus sulla popstar Celeste, incarnata da Natalie Portman, e sull'isolamento narcisistico conseguente alla sua improvvisa celebrità.

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The Brutalist: il lato oscuro del "sogno americano"

The Brutalist
The Brutalist: un'immagine del protagonista Adrien Brody

Altro film quanto mai lontano dalle etichette dei generi e dalle convenzioni narrative tradizionali, Vox Lux è un'opera seconda dall'indubbio potere di fascinazione, forte di uno sperimentalismo controllato con rigore geometrico, ma al contempo avviata per sua stessa natura a non trovare spazio al di fuori di una ristretta nicchia di pubblico. Una sorte contro cui rischiava di infrangersi pure The Brutalist, a partire dall'imponente durata di duecentoquindici minuti: la parabola di László Tóth (Adrien Brody), architetto ungherese sfuggito all'Olocausto e immigrato a Philadelphia per sbarcare il lunario come operaio, fin quando lo spregiudicato industriale Harrison Lee Van Buren (Guy Pearce) non si accorge delle sue doti artistiche, proponendosi come suo mecenate, ma senza esitare a rimarcare la rispettiva differenza di classe.

Adrien Brody Felicity Jones The Brutalist
The Brutalist: un'immagine di Adrien Brody e Felicity Jones
Brody Alwyn
The Brutalist: un'immagine di Adrien Brody e Joe Alwyn

Cupa e amarissima riflessione sui lati oscuri dell'American Dream, messa in scena con una grandeur e un senso di tragedia che rievocano un certo cinema di Paul Thomas Anderson (Il petroliere e The Master), The Brutalist è finora il lavoro più 'colossale' di Brady Corbet (non solo sul piano produttivo), nonché il più coraggioso nel rimarcarne l'impronta autoriale. Un'impronta rivendicata da Corbet anche dal palco dei Golden Globe, con un appello a garantire ai registi il pieno controllo sui propri progetti: "Mi è stato detto che questo film era indistribuibile; mi è stato detto che nessuno sarebbe venuto a vederlo [...]. Non me la sono presa, ma voglio usare questa opportunità per incoraggiare i cineasti [...]. I film non esisterebbero senza i cineasti: vi prego, sosteniamoli!". Un sostegno richiesto dal regista più audace della sua generazione direttamente a noi spettatori, nella speranza che il suo successo possa trasformarsi nel viatico in grado di far emergere numerosi altri talenti.