"Credono che mi nasconda nell'ombra. Ma io sono l'ombra". Non sono soltanto queste parole a dirci immediatamente qual è il mondo in cui si muove The Batman, il nuovo film sull'uomo pipistrello diretto da Matt Reeves, che è al cinema dal 3 marzo. È il fatto che a pronunciarle sia una voce off, quella di Robert Pattinson, nuova incarnazione del supereroe. E quando c'è una voce fuoricampo a raccontarci la storia capiamo che, molto spesso, ci troviamo dentro un film noir. Non a caso, la voice over di Deckard, quella di Harrison Ford, aggiunta in un secondo momento, aveva reso un film di fantascienza come Blade Runner anche una sorta di noir. E girare un noir, e al contempo un vero e proprio thriller, è stata la scelta netta, decisa di Matt Reeves. Che in questo modo è riuscito a girare un film ad alto tasso di attesa e suspense e con la giusta dose di violenza e malattia.
Batman, un uomo e non un eroe
The Batman nelle mani di Matt Reeves prova allora ad allontanarsi dal cinecomic e dalle regole che ormai governano i film di questo tipo. Matt Reeves ha provato a vedere Batman come un uomo, prima che un eroe o un supereroe. Per questo, sin dalla prima sequenza in cui è in scena (la sua entrata in scena è carica di attesa e minacciosa, con quei passi pesanti e risuonanti di metallo che ne anticipano l'arrivo), vediamo un Batman che non usa gadget o armi particolari (neanche la Batmobile sarà tecnologica né esteticamente bella). È uno che usa le mani, che si sporca le mani. È uno che mena duro. Non sembra un supereroe, non sembra neanche un eroe, ma un uomo alle prese con una rabbia mai sopita. "Io sono vendetta" ci dirà poco dopo con quella voce fuoricampo che è una scelta azzeccata perché ci tira subito dentro la storia, dentro i suoi pensieri, dalla sua parte.
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The Batman è come Seven
The Batman è la storia di un'investigazione. Quando l'uomo pipistrello arriva sul luogo del delitto, insieme al commissario Gordon, comincia a studiare la scena del crimine, gli indizi. L'assassino manda dei messaggi precisi, con dei biglietti destinati a Batman. Ma è il modo in cui ci appare lo scenario che è evocativo, inquietante. Sui muri, e sulla vittima, ci sono delle scritte vergate con il sangue. È inevitabile non pensare a Seven, a quelle scritte provocatorie di John Doe. Il modo di lasciare dei messaggi sul luogo del delitto è lo stesso, così come il fare provocatorio, lo sfidare l'investigatore in modo beffardo sono proprio quelli. E anche il Batman di questo film, in fondo, è un investigatore ancora inesperto, e impulsivo, come il David Mills di Brad Pitt in Seven.
Come Darius Khondji
Ma c'è molto di Seven anche nella fotografia, che dipinge un mondo nero, nerissimo, interrotto da bagliori ambrati o rossastri. È la luce del fuoco, dei lampioni delle strade, dei fari delle automobili. C'è una sequenza buia in cui l'unica luce è quella delle torce elettriche. E che ci fa venire in mente la prima scena del delitto di Seven, con i detective che entrano in una stanza illuminati solo dalla luce delle torce. Darius Khondji in quell'occasione aveva fatto un lavoro molto particolare, dando alla luce che spiccava sul fondo nero dei riflessi argentei, qui i toni sono più caldi, quasi dorati. Ma è tutto lo scenario ad essere in linea con quel film. La pioggia, il fango, la sporcizia. Tutto è sordido, malato, fatiscente.
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Siamo lontani da Jim Carrey
Ma è anche nel villain che si vede il senso di un'operazione che vuole essere un thriller crudo, cupo, realistico. Così l'Enigmista che vediamo qui è davvero un serial killer, un disadattato, è vestito di sacchi per la spazzatura e ha una maschera artigianale e anonima in plastica. Siamo lontanissimi da quel vestito verde con i punti di domanda dell'Enigmista di Jim Carrey in Batman Forever, dal suo stile giocoso, dalla recitazione da mattatore. L'Enigmista di Paul Dano che vediamo qui è un ragazzo disturbato, un serial killer.
Non c'è origin story, siamo in un thriller
Ma, soprattutto, è un cattivo che non vediamo nascere. Non c'è alcuna origin story, né per quanto riguarda l'eroe (Matt Reeves ha dichiarato che non gli interessava perché era già stata raccontata, e bene) né soprattutto per quanto riguarda il villain. C'era sempre stata la nascita del cattivo nei primi quattro Batman usciti dagli anni Ottanta in poi, i due di Burton e i due di Schumacher. Non c'era stata invece nella trilogia di Nolan. Ma qui è particolarmente importante che non ci sia l'origin story del villain. Non si tratta solo di non vederne la nascita, si tratta di non vederlo affatto. Come per il John Doe di Seven, non vediamo lui - fino alla fine, o quasi - ma vediamo i suoi delitti, analizziamo i suoi indizi, leggiamo i suoi messaggi. Questo crea l'attesa imprescindibile per ogni giallo, l'attesa per la scoperta del colpevole.
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Saw - L'enigmista e American Psycho
Ma non è ovviamente solo Seven il riferimento di questi film. In quello che è un thriller che in alcuni momenti sembra rasentare anche l'horror ci abbiamo visto anche Saw - L'enigmista, in certe trappole, certi marchingegni messi in scena dal killer al centro del film. E anche qualcosa (e non parliamo dell'eleganza, certo) del Patrick Bateman di American Psycho, Perché, ogni volta che vediamo dei topi, non ci può non venire in mente una delle scene più sconvolgenti del libro di Brett Easton Ellis.
Chinatown, Taxi Driver e Klute
Ma The Batman, come abbiamo detto, è anche un noir. Ed è proprio un classico del noir che, a detta di Matt Reeves, è stato una delle ispirazioni principali per il suo film. Tra i modelli di Reeves c'è Chinatown di Roman Polanski. Il regista ha spiegato che la Chinatown del film è una città inghiottita dalla corruzione, un labirinto dal quale non si può fuggire, come la Gotham City del film. Una Gotham City che è dichiaratamente New York (Times Square e Il Madison Square Garden si riconoscono chiaramente), ma sembra la New York sporca e malfamata degli anni Settanta, quella che, non a caso, è stata l'ambientazione di un altro film standalone DC come Joker. E qui veniamo a un'altra dichiarata ispirazione di Reeves, quel Taxi Driver di Martin Scorsese, che il regista stesso definiva un film girato in una città gotica. Nel disegno di Reeves, la Gotham City/New York City riesce ad essere al contempo gotica, realistica e anche immaginifica. Un altro dei riferimenti di Reeves è Una squillo per l'ispettore Klute di Alan Pakula, dal quale ha preso una certa suspense e un certo raccapriccio, inedito per i film di Batman che abbiamo sempre visto. Ancora una cosa. A proposito di suspense, Alfred Hitchcock diceva che, se sappiamo che una bomba sta per esplodere, seguiremo la scena con ansia. Guardate com'è gestita, a livello di montaggio e tempistica, la scena della bomba, e diteci se The Batman non è un thriller magistrale.