Una cover più che un remake. È così che Tilda Swinton definisce Suspiria, il film di Luca Guadagnino in uscita nelle sale dal 1 gennaio 2019. In teoria le due parole hanno lo stesso significato: ma cover si usa, di solito, per le canzoni, ed è quasi sempre sinonimo di rilettura, di interpretazione personale della creazione di un altro artista. "Come è evidente nella musica, le cover spesso hanno un suono molto diverso dalla canzone originale" ha detto l'attrice.
L'originale è ovviamente il classico dell'horror di Dario Argento del 1977: Luca Guadagnino e i suoi collaboratori hanno voluto ambientare la storia proprio in quel 1977 in cui uscì il film di Argento. Ma - come potete leggere nella nostra recensione di Suspiria - invece che nella piccola Friburgo, la pellicola è ambientata a Berlino, e fa i conti con la Storia tedesca di quegli anni, come gli atti terroristici della banda Baader-Meinhof. La trama, essenzialmente, è quella del film di Argento: una ragazza americana, Susie Bannion, entra in una compagnia di ballo tedesca. Ma la compagnia è una congrega di streghe. Ecco alcune curiosità sul film.
Luca Guadagnino, Dario Argento e quella locandina
Perché? Ce lo siamo chiesto, chi prima chi dopo, un po' tutti. Perché andare a toccare un mostro sacro, perché rifare un film perfetto, un classico dell'horror come Suspiria di Dario Argento? Luca Guadagnino ha una ragione ben precisa. È ossessionato da quel film fin da bambino, fin dal giorno in cui, a 10 anni, fu colpito dalla locandina affissa in un cinema di una città dell'Italia del nord, dove fu mandato per le vacanze estive. Quel paese era Cesenatico, e i ragazzi lo attraversavano ogni giorno, ma per il piccolo Luca contava solo quel momento, quello in cui poteva poggiare il suo sguardo su quella locandina essenziale ma affascinante. Guadagnino finalmente vide quel film, a 13 anni, quando passò in tv mentre i suoi stavano cenando: il piccolo Luca li avvertì che non avrebbe cenato e, da solo in una stanza, si immerse nella visione del film. Colpito, terrorizzato, euforico, decise che avrebbe voluto rivederlo, leggere qualcosa di più sul film, fino a fantasticare su un possibile remake, e scrivere su un quaderno: Suspiria di Luca Guadagnino.
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Sayombhu Mukdeeprom e la fotografia di Suspiria
E il Suspiria di Luca Guadagnino è, in fondo, proprio una cover. Insieme al direttore della fotografia Sayombhu Mukdeeprom, con cui aveva lavorato a Chiamami col tuo nome, Guadagnino ha messo a punto una forma visiva nuova, lontana dai colori saturi del film di Argento: Mukdeeprom, leggendo la sceneggiatura, non ha percepito elementi che necessitassero l'uso di colori forti. Il film di Argento, con i suoi colori stilizzati, era tipico della sua epoca, e figlio del suo autore, era qualcosa di irripetibile. Guadagnino e Mukdeeprom, invece, volevano qualcosa di realistico, in modo che gli elementi sovrannaturali, una volta arrivati, risaltassero di più: volevano che il film sembrasse come se la troupe fosse a girare lì, proprio nella Berlino del 1977.
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Ricreare Berlino a Varese
Berlino, 1977. L'atmosfera di quei luoghi e di quegli anni è suggestiva, riuscita, si può respirare. Eppure pochissime delle scene sono state girate nella capitale tedesca: gran parte del film è stato realizzato a Varese, nel Grand Hotel Campo dei Fiori, un grande albergo abbandonato. Il palazzo aveva l'atmosfera giusta, ma era fatiscente, così si è deciso di sottoporlo a una ristrutturazione quasi completa, dall'impianto elettrico a quello idraulico fino al riscaldamento, per poi passare alla progettazione dei set. Guadagnino era affascinato dalla vastità del posto e da come gli spazi "si contrapponevano fra loro", e ha lavorato per farlo sembrare un edificio modernista tedesco.
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Il suo nome è bondage
Per una delle scene clou del film, la performance della compagnia, il Volk, sono stati creati dei costumi di corda ispirati al mondo del BDSM (Bondage-Dominazione-Sado Masochismo): l'idea è venuta da un'opera dell'artista Christo, che raffigura una donna legata da delle corde. Per realizzare i costumi sono state usate delle corde rosse, ispirandosi alle tecniche dello shibari, il bondage giapponese e al lavoro del fotografo Nobuyoshi Araki.
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Dakota Johnson al pronto soccorso
Dakota Johnson, la protagonista, ha iniziato a prepararsi per il film quando era ancora sul set di Cinquanta sfumature di rosso: l'attrice ha fatto dieci anni di danza e, una volta a Varese, ha lavorato otto ore al giorno per tre settimane. La danza sul set, però, l'ha mandata al Pronto Soccorso: la scena incriminata è proprio una delle sequenze più violente del film, quella in cui, mentre Susie danza al provino, i suoi movimenti, in maniera soprannaturale, guidano quelli di Olga, un'altra ragazza che si trova rinchiusa in una stanza a specchi. Nell'ultimo ciak della scena in questione la Johnson si è stirata la schiena: guardatela fino alla fine, osservate il movimento, e capirete come è potuto accadere...
Tripla Tilda Swinton
Nel cast spicca soprattutto la presenza di Tilda Swinton, una presenza tripla. L'attrice inglese interpreta infatti Madame Blanc, la coreografa della compagnia di ballo, ma anche il Dr. Josef Klemperer accreditata come Lutz Ebersdorf, e irriconoscibile sotto un pesante trucco prostetico. La notizia che ad interpretare quel ruolo fosse la Swinton si era diffusa e, a domande sempre più insistenti, lei aveva cominciato a rispondere che a interpretare Klemperer fosse, appunto, Lutz Ebersdorf. Si aspettava, nelle interviste, che qualcuno le chiedesse se fosse lei a interpretare Ebersdorf, e la risposta sarebbe stata sì. Ma nessuno glielo ha mai chiesto...
Ancora più a sorpresa però è arrivata la rivelazione di un terzo ruolo affidato alla straordinaria attrice: è proprio lei infatti a interpretare anche la spaventosa Elna Markos.