"Superman è la storia dell'America, perché parla di un immigrato arrivato da altri luoghi che ha popolato il paese, ma è anche e soprattutto una storia che mostra come la gentilezza umana sia un valore, nonché qualcosa che abbiamo perso". Le parole di James Gunn sul suo film dedicato al supereroe DC hanno fatto il giro del mondo. C'è chi ha parlato di "Superman woke", come l'attore Dean Cain, che ha interpretato il personaggio nella serie Lois & Clark - Le nuove avventure di Superman. Il Presidente Trump ha addirittura postato sui propri social una foto in cui il suo viso è al posto di quello di David Corenswet sul poster del film.

Ci siamo stupiti un po' tutti di questa affermazione di Gunn. Non perché sia sbagliata, anzi: Superman è un immigrato, viene da un altro pianeta. E lo è dal 1938, anno in cui è stato pubblicato il primo fumetto dedicato alle sue avventure. Ci ha sorpreso perché, soprattutto negli ultimi anni, la politica (e qualsiasi argomento definito anche solo lontanamente controverso) viene evitata il più possibile dagli Studios americani in fase di promozione dei film. Le parole del regista sono quindi forti, anche se dicono una cosa nota a tutti.
In effetti guardando questo Superman è innegabile che l'autore, a capo anche del nuovo corso dei cinecomics targati DC prodotti da Warner Bros. Discovery, abbia volutamente inserito diverse affermazioni decise sul mondo contemporaneo. Direte voi: ma è ovvio, ogni film e opera d'arte è inevitabilmente anche un atto politico, perché rispecchia la visione di un autore. Non è così scontato. Anche perché, oggi più che mai, ci troviamo sempre più spesso di fronte a un grande dubbio: può un'opera di intrattenimento, concepita principalmente per far vendere gadget, fumetti e quant'altro, affrontare anche temi importanti come la guerra, la libertà di stampa, l'emancipazione femminile o il cambiamento climatico?
La risposta è sì. Dipende, ovviamente, da come si fanno le cose. E Warner, da almeno 20 anni, ha trovato la formula giusta per unire, se non politica, almeno commento sociale all'intrattenimento duro e puro. Il segreto? Affidare tutto a un vero cineasta e non a un mero esecutore. Negli ultimi 20 anni questo modello è stato segnato sicuramente da Il Cavaliere Oscuro di Christopher Nolan. Vediamo quindi come il blockbuster sull'Uomo Pipistrello ha cambiato le regole del gioco.
Nel segno di Christopher Nolan
Prima della trilogia di Nolan su Batman, i film dedicati al personaggio sono stati principalmente ludici. Anche quelli meravigliosi di Tim Burton si concentrano più sul divertimento puro e sull'estetica da fumetto che non sul mondo contemporaneo. Con Batman Begins (2005) invece l'autore inglese ha cambiato prospettiva: niente colori brillanti, niente armi da "cattivo dei fumetti", appunto, ma un realismo estremo. La stessa Batmobile con lui è diventata quasi un carro armato e non una creatura della notte come immaginata dai suoi predecessori.
Con Il cavaliere oscuro (2008) poi c'è stato il passaggio definitivo: non soltanto Batman e i suoi congegni sono estremamente realistici, ma la storia rappresentata diventa un vero e proprio esperimento sociale. I dialoghi tra l'Uomo Pipistrello di Christian Bale e il Joker di Heath Ledger sforano nel campo della filosofia. Nolan pone allo spettatore diversi dilemmi morali, spingendolo a chiedersi: cosa avrei fatto al loro posto? Ecco: con questo film l'intrattenimento si è fatto molto più maturo e complesso. Al punto che ci si scorda quasi di star vedendo un cinecomic: se Bale non portasse un costume da pipistrello, Il Cavaliere Oscuro sarebbe un dramma (con tanta azione) in piena regola. La sorpresa fu talmente forte, che il film è stato un grandissimo successo: costato 189 milioni di dollari, ne ha incassati un miliardo.
Sull'impeto del trionfo, Warner ha quindi pensato di seguire questa via, affidando a Zack Snyder la cura del DC Extended Universe, cercando di creare un universo condiviso come fatto dal concorrente Marvel Studios. Purtroppo Snyder ha preso di buono soltanto la parte relativa all'estetica più dark e realistica, concentrandosi invece su una visione quasi divina di questi supereroi, allontanandoli sempre di più dall'elemento umano. Non è finita bene. Il "modello Nolan" però è stato applicato con successo da altri blockbuster dello studio.
Joker di Todd Phillips
Un altro caso da studiare in casa Warner è senza dubbio Joker di Todd Phillips. Il film, che ha fatto vincere al protagonista Joaquin Phoenix il premio Oscar, ha infranto un tabù: è il primo cinecomic ad aver conquistato il premio più importante a un festival cinematografico. Contro ogni pronostico, Joker ha infatti vinto il Leone d'Oro a Venezia 2019, guadagnandosi di diritto la definizione di "cinefumetto d'autore". E facendo la storia.
In effetti la vicenda di Arthur Fleck sembra molto più simile nello stile e nei temi a quella del Travis Bickle di Taxi Driver di Scorsese (non caso nel cast c'è proprio Robert De Niro). Non solo: Phillips, anche autore della sceneggiatura insieme a Scott Silver, è riuscito a intercettare gli umori di un vasto pubblico, non necessariamente appassionato di fumetti. La vessazione continua e la difficoltà ad avere rapporti sociali e sentimentali del protagonista hanno infatti incontrato il favore del ceto medio americano, sempre più impoverito post crisi finanziaria del 2007-2009. Così come quello di incel e comunità legate alla manosfera, che oggi godono di grandissima popolarità. La rabbia e la frustrazione del protagonista hanno risuonato in moltissime persone, decretando il successo del film. Non sono arrivati infatti soltanto premi e riconoscimenti: costato 70 milioni, il film ha sforato il miliardo di dollari di incasso.
Dune di Denis Villeneuve
Un'altra scommessa vinta è stato Dune di Denis Villeneuve: primo capitolo di quella che sta per diventare una triologia, il film tratto dal romanzo di Frank Herbert è costato 165 milioni e ne ha incassati più di 400. Magari non un successo al botteghino come i titoli di cui abbiamo parlato fino a ora, ma sicuramente la sfida era molto più difficile: la fantascienza è un genere meno popolare e la storia della famiglia Atreides è complessa.
Le visioni del protagonista interpretato da Timothée Chalamet ci portano nel campo del metafisico. Ma si tratta di un grande film d'autore travestito da blockbuster: Villeneuve è infatti riuscito abilmente a parlare di classe politica corrotta, conflitti e cambiamento climatico attraverso vermi delle sabbie giganti e prove di coraggio. Il film è uscito prima sia dell'inizio del conflitto tra Russia e Ucraina (2022) che di quello tra Israele e Palestina (2023), ma certe immagini e situazioni sembrano assolutamente simili a quanto poi accaduto nella realtà. È il segno che si è intercettato lo spirito dei tempi.
Barbie di Greta Gerwig

E arriviamo al vero caso eclatante di questi ultimi anni: Barbie. Quando Warner ha annunciato che avrebbe realizzato un film ispirato alla bambola Mattel lo scetticismo è stato inevitabile: come costruire una storia di senso compiuto attorno a un giocattolo? Influenzati poi negativamente da decine di cartoni animati di dubbio gusto dedicati agli abitanti di Barbieland, ci aspettavamo una baracconata destinata a far vendere più accessori possibili e basta. Quando invece è stata scelta come regista e sceneggiatrice un'autrice indipendente come Greta Gerwig, abbiamo cominciato a seguire gli aggiornamenti sulla produzione del film con interesse. Possibile che una come Gerwig si fosse improvvisamente venduta al marketing?
Non era così. Certo, il film, prodotto insieme a Mattel, sicuramente ha come scopo primario quello di dare lustro al brand. Come del resto i film di Star Wars e i vari cinecomics portano a vendere più fumetti, gadget e a visitare i parchi a tema. Però Warner e Mattel hanno avuto l'intelligenza di lasciare libertà alla regista, che ne ha approfittato per parlare di diritti delle donne. E lo ha fatto con un'idea geniale: ribaltando la prospettiva. Attraverso il personaggio di Ken (un Ryan Gosling in grande spolvero) mostra quanto sia difficile vivere in un mondo che non è fatto a tua immagine e somiglianza. Come spesso accade alle donne nel mondo reale. Il pubblico femminile ha apprezzato oltre ogni rosea aspettativa, andando in massa nelle sale, intercettando, magari a livello inconscio, il richiamo di un prodotto di grande ambizione pensato principalmente per le donne. Nei cinema si vedevano gruppi di mamme, nonne e bambine vestite di rosa, pronte a partecipare a quello che è diventato un fenomeno pop. E un rito collettivo. Il pubblico maschile, se ci basiamo sulle reazioni social, ha avuto reazioni più miste.

Immancabili le polemiche: c'è chi ha detto che Barbie fosse troppo rosa per essere un film serio. Chi ha parlato di "pink washing" (ovvero un femminismo di facciata), chi ha tirato in ballo l'immancabile "woke". Il monologo di America Ferrera da alcuni è stato percepito come un manifesto buttato a caso in un film assolutamente figlio del capitalismo. E in effetti lo è. Ma se anche soltanto una bambina piccola, ascoltando quelle parole, si è fatta delle domande, bisogna ammettere che Greta Gerwig abbia usato bene la propria opportunità. Un film di una tale portata e successo è sicuramente avvantaggiato nel sottolineare temi del momento storico in cui è stato fatto.
Costato circa 140 milioni, Barbie ha sfiorato il miliardo e mezzo al botteghino, trasformando Gerwig nella regista donna dal più grande incasso della storia del cinema. La buona fede dell'autrice è stata dimostrata dall'aver rifiutato di realizzare un sequel. Speriamo che questo non cambi.
Superman di James Gunn
E torniamo da dove siamo partiti: al Superman di James Gunn. Big Blue qui ha l'ottimismo, la speranza e l'amore per l'umanità degli esordi su carta. Questo però non significa che l'autore non affronti diverse storture dei nostri giorni. Oltre ai palesi riferimenti a diversi conflitti in atto nel mondo reale, Gunn affronta anche il tema della perdita di fiducia nella collettività. Il Lex Luthor di Nicholas Hoult sembra quasi un suprematista, che diffonde fake news, confondendo così l'opinione pubblica. Viene quindi sottolineata l'importanza del giornalismo, ormai sempre più schiacciato da un eccesso di informazioni, con le fonti che diventano sempre più difficili da verificare, a causa della manipolazione attuabile attraverso tecnologia e intelligenza artificiale.

Insomma, spesso avere per le mani una proprietà intellettuale forte non è sufficiente. Ci vogliono anche idee e una visione personale, che riesca a dare un punto di vista originale su qualcosa che già conosciamo. Warner Bros. negli ultimi 20 anni ci è riuscita con grandi risultati, affidandosi ad autori in grado che, nel bene o nel male, hanno dato la propria impronta riconoscibile a quello che, su carta, potrebbe sembrare marketing senza anima. E, soprattutto, senza sottovalutare gli spettatori: il pubblico, nonostante spesso si pensi che si faccia andare sempre bene prodotti tutti uguali e fatti in serie, in realtà se ne accorge quando alla guida c'è qualcuno con qualcosa da dire.