Il 22 Agosto 2011 l'ormai famosissimo Hiroyuki Imaishi e l'amico fidato Masahiko Ōtsuka, supportati poi dal produttore Kazuya Matsumoto, decidono di abbandonare la Gainax e sulla falsa riga di Hideaki Anno, il quale nel 2007 aveva fondato lo studio Khara, danno vita ad una nuova azienda d'animazione denominata Trigger. Lo studio Trigger accoglie subito tanti vecchi talenti della Gainax, tra cui eccellono Yō Yoshinari, Akira Amemiya e Atsushi Nishigori. La società dopo una serie di produzioni associate, dove spicca The Idolmaster di A-1 Pictures (diretta Atsushi Nishigori), nel 2012 realizza il suo primo prodotto originale: Inferno Cop
Inferno Cop: la rivoluzione ha inizio
Hiroyuki Imaishi in diverse interviste ha ribadito più volte la mission aziendale, incentrata in primis sul reclutamento di giovani promesse del settore concedendo contemporaneamente carta bianca a tutti i membri del team, permettendogli così di dare sfogo al loro estro creativo. Ed è un po' quello che succede già a partire da Inferno Cop, original net anime rilasciato e pubblicato sul canale YouTube Anime Bancho ed in seguito passato su Crunchyroll. L'anime, diretto dalla coppia Akira Amemiya e Hiroyuki Imaishi (co-prodotta insieme a CoMix Wave, lo studio legato a Makoto Shinkai), si compone di 13 micro-episodi dalla durata di circa 3-4 minuti l'uno e alla fine di ogni singola puntata si aggiunge un frammento extra di 20 secondi battezzato "fascicolo": un fugacissimo special che getta luce su elementi intravisti nell'episodio appena concluso.
La serie punta fortissimo su un impianto altamente volubile e paradossale laddove in un macro secondo il protagonista, un poliziotto letteralmente scheletrico che riemerge dalle fiamme infernali, può essere catapultato in mondi lontani e iperuranici per poi scontrarsi con temibili dinosauri o strampalati super-eroi.
L'opera altresì presenta un plot narrativo essenziale e demenziale ma nonostante ciò difficilmente verrà dimenticata dallo spettatore grazie ad una sequela di elementi innovativi e frizzanti: il duo registico annienta, ad esempio, uno di prismi basilari del settore rinunciando ad una totale animazione, laddove per i vari personaggi vengono utilizzati al massimo uno o due disegni; inoltre per le sequenze action la coppia sceglie un indimenticabile imprint visivo, in quanto sono riprese come una sorta di videogioco in 2d a scorrimento orizzontale. Interessanti inoltre i segmenti distinti da una tecnica d'animazione mista, con reali immagini dal vero in primo piano.
Infine impossibile non evidenziare i tantissimi omaggi alla cultura cinematografica/televisiva americana: Wacky Races, He-Man, Tartarughe Ninja, Terminator, Robocop o Ritorno al futuro sono solo alcune delle opere richiamate e parodiate.
Little Witch Academia: il primo vero successo
Quasi contemporaneamente alla realizzazione di Inferno Cop, Yō Yoshinari e Michiru Ōshima si cimentano in un progetto totalmente diverso e molto più convenzionale: Little Witch Academia.
L'anime è un cortometraggio di circa 26 minuti, realizzato in occasione dello Young Animator Training Project del 2013. Le menti creative dello Studio Trigger decidono innanzitutto di riesplorare uno dei generi più amati dal pubblico infantile ovvero il majokko o mahō shōjo.
Genere incentrato su giovanissime streghette alle prese con problematiche quotidiane e piccole magie, esploso in Giappone negli anni Sessanta e Settanta, grazie ai manga di Fujiō Akatsuka e Mitsuteru Yokoyama, e poi affermatosi definitivamente per merito di varie trasposizioni animate spesso realizzate da Toei.
Yoshinari e Ōshima intelligentemente ripropongono i classici cliché del genere (amicizia, coraggio, lealtà, ecc) ma filtrati dal loro estro creativo laddove l'impianto visuale deve splendere. Ed ecco che l'opera è un perfetto mix tra il mondo fantasy firmato J. K. Rowling, la potenza immaginifica dello Studio Ghibli fino a dinamiche sequenze action caratterizzate da esplosioni e fasci di luce abbaglianti, molto apprezzate da Hiroyuki Imaishi. Il corto ha riscosso un ottimo successo avviando un vero e proprio franchising, culminato con la bella serie del 2016 che si presenta come un vero e proprio remake del corto: Little Witch Academia, sempre diretta da Yō Yoshinari (attualmente su Netflix).
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Kill la Kill: follia al comando
Il 3 Ottobre del 2013 va in onda in Giappone il primo progetto televisivo dello Studio Trigger, un progetto realizzato da un vero e proprio dream team creativo. Alla regia troviamo Hiroyuki Imaishi, Kazuki Nakashima alla sceneggiatura mentre il character design è affidato a Sushio, tre fenomeni degni dei Big Three di Miami: nasce Kill la Kill. La serie ad una fugace visione potrebbe apparire come una "semplice" esaltazione della follia creativa del noto Studio considerando le allucinogene e tonitruanti sequenze d'azione; sequenze distinte da esagerate ed epilettiche risse tra studenti o meglio studentesse, unite poi ad un clima scolastico totalmente grottesco e fuori di testa. Immancabile poi un fanservice sfegatato, con giovani eroine distinte da abiti succinti.
L'abito è incredibilmente il co-protagonista della serie, ha una propria personalità, e permette di avviare diversi spunti contenutistici ragguardevoli. Difatti la questione fanservice bisogna leggerla non soltanto in chiave ironica-commerciale ma soprattutto presenta, sotto pelle, una lettura sociale estremamente complessa: un abito può indicare un preciso status sociale oppure diventare una prigione di chi lo indossa, può esprimere sottomissione o ancora, in un battito di ciglia, trasformarsi in un potente mezzo da combattimento alludendo ad una libertà senza confini.
La serie ad una lettura più attenta è quindi sia un'esaltazione della figura femminile, marchio di fabbrica dello studio, sia un attacco diretto ad un certo sistema classista e capitalista, oltre ad essere una lungimirante riflessione sull'importanza, sul fascino e sulla pericolosità della moda anticipando, e di molto, il fenomeno influencer.
Ad ogni modo l'anime, oltre a mescolare qualsiasi cosa dal majokko ai mecha, è famosissimo per i suoi innumerevoli e folli combattimenti. La regia convulsiva e multiforme di Hiroyuki Imaishi è esaltante e l'autore nipponico si attesta a nuovo esteta di un'animazione tanto furibonda e sperimentale quanto fluida e ricercata.
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Darling in the Franxx: il nuovo Eva o becera imitazione?
Dopo il successo clamoroso di Kill la Kill, lo Studio Trigger imperterrito ha iniziato a produrre e realizzare diversi anime tra loro variegati e diversificati: When Supernatural Battles Became Commonplace, Ninja Slayer, Space Patrol Luluco o Kiznaiver sono solo alcuni dei loro lavori più riusciti e apprezzati.
Ad ogni modo nel 2018 l'ormai celebre Studio alza l'asticella e si cimenta in un'opera ancora oggi estremamente dibattuta; stiamo ovviamente parlando di Darling in the Franxx, diretta da Atsushi Nishigori (co-prodotta da A-1 Pictures). Una serie capace di scuotere l'intero settore animato al punto che nel 2018 tra le ricerche più frequenti su Yahoo trovavamo proprio "Darling in the Franxx"; l'opera tuttavia ha riscontrato anche forti critiche poiché ritenuta essere epigono mal riuscito di Neon Genesis Evangelion. Sicuramente il capolavoro di Anno è un punto di riferimento determinante per Nishigori, soprattutto all'inizio quando viene presentato l'apatico Hiro, ex bimbo prodigio non più in grado di pilotare un immenso robot. Hiro in più occasioni richiama il coetaneo Shinji, in quanto pure lui è afflitto da mali interiori tanto imperscrutabili quanto visibili; l'anime in esame propone altresì un organizzazione segreta: tale Ape, una sorta di clone dell'organizzazione Seel (con tanto di progetto occulto e nefasto).
Non mancano poi ulteriori richiami, in pieno stile Trigger, da Lamù ad Elfen Lied passando per Code Geass a Guerren Lagann; richiami tuttavia inseriti in un'intelaiatura sì derivativa ma contemporaneamente originale laddove, ad esempio, l'utilizzo massiccio di fanservice trova una sua collocazione logica-narrativa a tema "botanico". La serie oltre a roboanti scontri tra mecha, espone diverse riflessioni ragguardevoli incentrate ad indirizzare sulla retta via le nuove generazioni giapponesi; giovani spesso schiacciati dalla società, isolati, sfruttati, incompresi, emarginati e legati ad assurde convenzioni sociali che soffocano il loro individualismo in nome di una collettività produttiva malata. Logiche pertanto oppressive che non permettono di spiccare il volo e raggiungere la tanto agognata "felicità".
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Altri successi, altri cult
Dopo il successo assai dibattuto di Darling in the Franxx, il team creativo dello Studio Trigger ha realizzato in primis una nuova serie anime incentrata sull'esaltazione totale di due generi tipicamente nipponici come il Tokusatsu e Kaijū. L'opera in esame è la tanto apocrifa quanto innovativa SSSS.Gridman, un inno a cult intramontabili come Ultraman e Gamera, diretta da Akira Amemiya.
Il noto regista punta su un piglio elegante e ricercato laddove singoli pillow shot ambientali, che esaltano una normalissima quotidianità cittadina, si avvicendano a coloratissimi e ariosi scontri tra mostri/robot giganti. Combattimenti spesso distinti da scelte registiche improntate ad esaltare la maestosità dei contendenti laddove spiccano plongée, contre-plongée e campi totali con lunghe carrellate verticali.
Interessante è anche la riflessione sul binomio reale/virtuale; il protagonista entra in simbiosi con Gridman (il "mecha") solamente dopo essere stato assorbito da un vecchio pc, in quanto il robot è energia virtuale priva di sostanza e quindi ha bisogno di un "corpo" tangibile.
Infine è doveroso evidenziare una serie di piccole macchie; difetti individuabili in una successione di eventi, esposti in modo rapido e frettoloso e poi nella presenza di alcuni cliché narrativi ormai noiosetti.
Nel 2019 invece Hiroyuki Imaishi si cimenta con il suo secondo lungometraggio (il primo è Dead Leaves) dando vita all'eccelso Promare.
Il celebre animatore si supera nuovamente realizzando un film mastodontico da un punto di vista grafico-visivo, servendosi di una regia pirotecnica, laddove una delle tante peculiarità riguarda la geometricità degli spazi scenici; spazi pronti a liquefarsi e rimodellarsi senza soluzione di continuità, avvolti spesso da stupefacenti fiamme viola effervescenti.
Lodevole poi il lavoro sul piano narrativo, distinto da una riflessione socio-politico potentissima incentrata su razzismo e xenofobia verso le minoranze. Problematiche serie, analizzate con la giusta attenzione e sensibilità senza però rinunciare ad un piglio ironico e parodico.
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Co-produzioni internazionali
Nel 2020 Trigger sigla un accordo con Netflix riguardante la distribuzione internazionale dell'anime BNA: Brand New Animal diretto da Yō Yoshinari. La serie stupisce subito per un piano narrativo estremamente corpulento ed adulto laddove emergono svariate questioni sociali e politiche attuali. Si parla, ad esempio, di ghettizzazione dello straniero e del diverso, messo in scena mediante un approccio fantasy-realistico davvero estroso (i protagonisti dopo tutto sono degli uomini-bestia). Quindi il tema razzismo - e xenofobia- è un paletto fondamentale ma non l'unico; ci sono infatti segmenti di terrorismo politico, abbiamo poi una setta religiosa che sfrutta debolezze e credenze popolari, multinazionali farmaceutiche senza scrupoli, scommesse clandestine riguardanti sport nazionali, malavita infiltrata nelle istituzioni oppure un utilizzo della scienza scellerato che pone l'uomo come nuovo dio distruttore. I temi sono tantissimi e ben amalgamati in un clima tipicamente Trigger, tra richiami ed estro visivo. Visivamente l'opera è pertanto un piccolo gioiello laddove emerge un forte contrasto cromatico con un design dei protagonisti ultra-dettagliato e assai colorato che fronteggia fondali e personaggi secondari volutamente grezzi, stilizzati e distinti da un netto tratto a matita in pieno stile Imaishi. Concludiamo rievocando l'ormai storica collaborazione con Disney, in riferimento al terzo episodio di Star Wars: Visions oppure al recentissimo Cyberpunk: Edgerunners: anime che espande sapientemente e fascinosamente l'universo di Cyberpunk 2077. Siamo sicuri che il team Trigger continuerà a stupirci per molti anni ancora.