Someone to crowd you with love/ Someone to force you to care/ Someone to make you come through, who'll always be there/ As frightened as you of being alive
Se ci chiedessero di indicare la sequenza cinematografica di maggior impatto emotivo del 2019, chi scrive non avrebbe esitazione nell'assegnare il titolo al finale di Storia di un matrimonio: il momento in cui Charlie Barber legge la lettera di Nicole seduto accanto al figlio Henry costituisce, nella sua semplicità, una di quelle scene impossibili da dimenticare, la chiusura perfetta di un'opera di cui non ci stancheremmo mai di tessere le lodi. Ma immediatamente prima di quel meraviglioso epilogo, c'è un'altra sequenza a cui vale la pena dedicare la giusta attenzione: la performance di Adam Driver sulle note di Being Alive.
Charlie sta trascorrendo la serata in un locale di New York con un gruppo di amici, impegnati a commentare la fine del suo matrimonio con Nicole, quando dal pianoforte partono le note di una delle canzoni più famose del leggendario Stephen Sondheim. Subito Charlie intona i versi del brano, si alza per raggiungere il microfono al centro della sala e si produce in un'appassionata performance canora nella quale, per tre minuti, riversa un'ondata di sentimenti contrastanti. Niente stacchi di montaggio: la macchina da presa è solo per Charlie, intento a 'confessarsi' davanti a una folla di sconosciuti, ma soprattutto a noi spettatori.
Storia di un matrimonio e la musica di Stephen Sondheim
Being Alive non è però l'unico momento musicale all'interno della pellicola di Noah Baumbach, eletta da pubblico e critica tra i migliori film del 2019: in una sequenza appena precedente, la Nicole di Scarlett Johansson si lanciava insieme alla madre Sandra e alla sorella Cassie (le strepitose Julie Hagerty e Merritt Wever) in una gioiosa esibizione di gruppo di You Could Drive a Person Crazy, nel corso di una festa di famiglia. Il trait d'union fra You Could Drive a Person Crazy e Being Alive è rappresentato dal fatto che le due canzoni sono tratte dal medesimo musical, Company, composto da Stephen Sondheim e portato in scena con enorme successo a Broadway nel 1970.
Company, fra i classici della produzione di Sondheim, presenta più di un'attinenza rispetto a Storia di un matrimonio: il protagonista, Robert, è un carismatico newyorkese di trentacinque anni che durante i diversi numeri del musical si confronterà con cinque coppie di amici a proposito dell'amicizia, dell'amore, dei rapporti con le donne e dei potenziali rischi di una relazione. Quei rischi a cui Charlie e Nicole sono già andati incontro, fino a veder naufragare il proprio ménage e a dover raccogliere i frammenti di una vita familiare interrotta per sempre. Quando il loro divorzio è ormai siglato, Nicole utilizza la musica per esprimere un rinnovato senso di libertà e l'entusiasmo di fronte alla prospettiva di cominciare una nuova esistenza; la performance di Charlie, al contrario, è un amalgama di autocompatimento e di nostalgia.
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'Somebody hold me too close'
E in un'annata in cui il legame fra Stephen Sondheim e il cinema è stato celebrato in più occasioni (Send in the Clowns, che accompagna una scena pivotale di Joker, è il "cavallo di battaglia" di un altro famoso musical di Sondheim, A Little Night Music), Being Alive diventa il veicolo attraverso cui Charlie riesce a dar voce (letteralmente) alla tormentosa esperienza della sua separazione da Nicole: realizzando che un partner è "Qualcuno che ti stringe troppo forte/ Qualcuno che ti ferisce troppo a fondo/ Qualcuno che si siede sulla tua poltrona, che ti rovina il sonno". Ma a rendere questa scena così potente, tutt'altro che una banale parentesi con cui strizzare l'occhio allo spettatore, è il modo in cui Noah Baumbach e Adam Driver scelgono di svilupparla.
All'inizio Charlie sembra solo dar sfogo al suo naturale istrionismo: domina con sicurezza la melodia, accentua le sfumature ironiche dei versi e, da consumato uomo di spettacolo qual è, alterna la sua prova canora al recitato delle battute dei vari comprimari del musical, che tra una strofa e l'altra interagiscono con il protagonista. Ma nella seconda parte del brano, qualcosa cambia di colpo: l'ironia si spegne, il registro si fa più intimo e sommesso, e stavolta il ritornello assume un significato opposto al precedente. Quella che prima era una cinica constatazione sui malesseri della vita di coppia, ora è una struggente richiesta d'amore: "Somebody hold me too close/ Somebody hurt me too deep/ Somebody sit in my chair and ruin my sleep/ And make me aware of being alive".
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Una canzone per sentirsi vivi
Il passaggio è progressivo, impercettibile, una presa di coscienza che si materializza contemporaneamente nel cuore di Charlie e nel nostro; e come molte grandi canzoni, anche Being Alive finisce per trascendere il proprio contesto d'origine facendosi eco di emozioni universali. Al punto che, d'improvviso, nelle parole di Sondheim ritroviamo esattamente la storia di Charlie e Nicole: due persone "che si conoscono troppo bene, che si tirano su di morale, e si fanno passare l'inferno, e si danno supporto per essere vive". Nonostante la sofferenza che i due ex coniugi si sono inflitti a vicenda, e a dispetto della rabbia che li ha messi l'uno contro l'altra, Charlie non può fare a meno di riconoscere quanto di speciale ci fosse nella loro relazione.
Non c'è bisogno d'altro. La musica si conclude, nel locale scende il silenzio, l'inquadratura si spegne in una dissolvenza scura sul volto di Adam Driver. In fondo, a rendere Storia di un matrimonio un film tanto straordinario basta questo: un sospiro dentro il microfono, un velo di malinconia nello sguardo e la speranza che, prima o poi, ci saranno nuove canzoni a farci sentire vivi.
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