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"La condizione in cui mi trovo è proprio fuori dal tempo", cantavano i Bluvertigo ormai tanti anni fa. Ed essere fuori dal tempo, lungi dall'essere qualcosa di negativo, è stata fin da subito una delle carte vincenti della serie tv Sex Education, disponibile con la stagione 3 in streaming su Netflix dal 17 settembre. Sex Education, basta il primo sguardo a capirlo, si differenzia molto dagli altri teen drama - e forse, in fondo, non lo è - e in generale dalla gran parte delle serie in onda in questi anni. Sex Education è fuori dal tempo, oltre che dallo spazio. È una scelta decisa, voluta, che non è solo un esercizio di stile. Ma probabilmente, ha un significato più profondo.
Lontano dalle grandi città
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Sex Education si svolge lontano delle grandi città che sono il teatro di gran parte delle serie di oggi. E non si svolge nemmeno in un luogo ben preciso. Siamo da qualche parte nella campagna inglese. In un posto che, a parte la scuola superiore (un edificio old fashioned lontanissimo dai licei high tech di Babyed Élite) sembra non avere nulla, o quasi. Non è neanche il quartiere di periferia, o la piccola città di provincia cara a tante serie, da I segreti di Twin Peaks o Omicidio a Easttown). Intorno alla scuola, e alle case dei protagonisti, sembra davvero esserci il nulla, non un locale né un punto di ritrovo. Solo lunghe strade tra i prati e tra i boschi da percorrere, quasi sempre in bicicletta. Un mezzo molto vintage, che in Sex Education è perfetto.
Anni Settanta, Ottanta, Novanta...
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Perché la bicicletta è fuori dal tempo. C'è oggi, come c'era un secolo fa. E questa è proprio la chiave dell'ambientazione di Sex Education, del lavoro fatto sulle location e, soprattutto, sugli abiti. Se non facessimo attenzione alla tecnologia, agli smartphone e agli sprazzi di chat che scorrono in sovraimpressione, avremmo l'impressione di non essere al giorno d'oggi. Ma, se l'azione di Sex Education è senz'altro contemporanea, i look dei protagonisti potrebbero davvero arrivare da altre epoche. Prendiamo Otis (Asa Butterfield): quel piumino a righe ampie, dalle tinte tenui, e quelle maglie a righine che porta sotto, sembrano tanto quelli che indossavamo da bambini, a cavallo tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta. Il suo migliore amico, Eric (Ncuti Gatwa), veste invece in modo più colorato: quei completi fiorati potrebbero essere usciti dalla fine degli anni Sessanta, inizio Settanta, o anche da una collezione di Gianni Versace degli anni Novanta. Sembra un look in stile Benetton anni Ottanta invece quello di Ola, con felpe colorate ma essenziali, oversize, e i jeans dello stesso tipo. Maeve (Emma Mackey) vive sempre a cavallo tra gli anni Settanta e gli Ottanta, ma quelli del punk rock, quando veste in chiodo, hot pants di jeans, calze strappate e stivaletti di pelle. Potrebbe essere una fan dei Ramones (ma anche dei Bon Jovi quando indossa quella giacca di pelle con le frange).
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A ogni stile corrisponde una personalità
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Nella moda tutto torna, e quindi è perfettamente plausibile che dei ragazzi di oggi vestano con stili che arrivano dal passato. In Sex Education, allora, a differenza di altri prodotti televisivi, non cerca uno stile univoco per ricreare un tempo e un luogo, ma tanti stili, ognuno diverso dall'altro, ognuno giusto per rappresentare la personalità dei personaggi. Otis veste così perché è schivo, timido e riservato (ma attenzione all'episodio 3x02, dove il suo look, per un momento, avrà un'evoluzione), Maeve è punk rock perché è ribelle e individualista, ed Eric ha bisogno di affermare se stesso e la sua identità sessuale.
Un mondo colorato, plurale e inclusivo
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Ma il discorso è ancora più ampio. Messi tutti insieme, questi look diversi l'uno dall'altro, creano l'affresco di un mondo colorato, eclettico, che vuole essere plurale e inclusivo. Questi colori e stili, mescolati tra loro, seguono la scelta di rappresentare l più possibile la pluralità di tutti i tipi. Quella di etnie e culture diverse (e, in questo senso, Sex Education è ricchissimo). Ma anche la pluralità di orientamenti, e delle abitudini, sessuali. E tutto questo avviene in modo naturale, semplice, a differenza di una serie italiana come Zero- che su Movieplayer abbiamo definito una delle più importanti serie italiane realizzate - che ha raccontato inclusione e meltin' pot della nostra società ma sottolineandolo e in modo in un certo senso programmatico.
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Asa Butterfield e quei volti...
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In questo senso, sono importanti anche i volti degli attori scelti per raccontare questi personaggi, a partire da Asa Butterfield, che è Otis, che avevamo conosciuto bambino in Hugo Cabret e ora ritroviamo, cresciuto e credibile, qui. Sono dei volti molto curiosi, espressivi, belli ma non quei volti classicamente belli, al limite della perfezione, che siamo soliti trovare nei teen drama. Tutti i protagonisti di Sex Education sono in qualche modo buffi, peculiari. E questo, se non serve all'identificazione, perché sono comunque lontani da dei volti quotidiani, serve piuttosto all'empatia, alla sicurezza, al fatto di trovare delle storie che accadono a persone non così distanti da noi, irraggiungibili, irreali.
Dagli Yello ai Duran Duran
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Tutto questo è Sex Education. Al suo essere fuori dal tempo contribuisce la colonna sonora che va dagli anni Sessanta di I Think We're Alone Now di Tommy James & The Shondells agli anni Ottanta di Oh, Yeah degli Yello, fino alla sognante Save A Prayer dei Duran Duran, ognuna scelta alla perfezione per sottolineare dei momenti precisi del racconto o di uno stato d'animo, ma solo per fare da sottofondo a una scena. La forza di Sex Education è che tutto questo non appare mai forzato e funziona alla perfezione. Al di là del significato di pluralità e inclusione che crediamo sia alla base di questa scelta, c'è un altro fatto che lo rende perfettamente credibile. La società di oggi è figlia di una stratificazione di società, di epoche, di stili, dove quello che si crea oggi si posa su strati di cultura già esistente. E non li copre del tutto ma si fonde con loro. È come accade a quei graffiti sul muro della scuola, che rappresenta magari delle oscenità. Ma ci sono dei graffiti degli anni Ottanta, e altri dei Novanta. La società di oggi è così, si basa su altre società che sono venute prima di questa. E Sex Education fa tesoro anche di questa cosa. Orgogliosamente fuori dal tempo.