Riccardo Jacopino presenta il suo documentario Noi, Zagor

Il documentarista italiano ha presentato in conferenza stampa il suo film dedicato all'eroe della Bonelli, oltre un cinquantennio di storia e un pubblico di affezionati rimasto fedele nel corso dei decenni.

Il potenziale cinematografico di un personaggio come Zagor, oltre 50 anni di storia e un pubblico di aficionados sempre fedele, è da sempre molto alto. Non è un caso che in Turchia (patria di cloni, film pirata e strampalate versioni di blockbuster americani) siano stati prodotti, negli anni '70, ben due film ispirati al personaggio creato da Sergio Bonelli e Gallieno Ferri. Nonostante la perdurante assenza di un prodotto ad alto budget, che trasponga su celluloide le avventure dell'eroe di Darkwood, questo documentario di Riccardo Jacopino è un prodotto prezioso per i fan. Partendo dal passato, dalla creazione del personaggio e da quel 1961 che oggi appare così lontano, Noi, Zagor fa una ricognizione sul personaggio, sulla sua casa editrice (un pezzo considerevole di storia del fumetto italiano) e su coloro che, dietro le quinte, ne hanno animato le avventure; oltre che, più in generale, sull'evoluzione del medium fumetto nel corso di mezzo secolo di storia.
A presentare alla stampa il film, che verrà proiettato nelle sale italiane nel corso di due giornate (22 e 23 ottobre) il regista, il produttore della Cooperativa Sociale Arcobaleno (responsabile del progetto) Potito Ammirati, il disegnatore della Bonelli Walter Venturi, e l'attuale curatore delle storie di Zagor, Moreno Burattini.

Avevate paura ad entrare in una storia così strutturata, e soprattutto a toccare un immaginario considerato "sacro", come quello di Zagor?
Riccardo Jacopino: Beh, un po' di timore ce l'avevamo, considerato anche che è difficile raccontare qualcosa di nuovo su Zagor. Abbiamo scelto la strada di raccontare le emozioni degli appassionati. Il nostro scopo era sia far conoscere personaggio a chi non lo conosceva, sia creare uno specchio per le emozioni dei fans.

Il fantasma di Sergio Bonelli, da poco scomparso, aleggia molto su questo lavoro...
Nelle stesse storie di Zagor aleggia il tema di un conflitto con la figura paterna; e, d'altronde, anche Sergio aveva alle spalle l'ombra di suo padre, un'ombra molto ingombrante. Questo lavoro, da parte mia, è anche un ringraziamento a lui, e a tutti quegli autori e disegnatori che, nella mia gioventù, mi hanno fatto passare ore bellissime.

Burattini, qual è stato il rapporto tra voi e lo staff del film? Voi siete, in qualche modo, i "custodi" di quel mondo, avete una grande responsabilità...
Moreno Burattini: Io lavoro a Zagor da un bel po', con la morte di Sergio sono diventato io il punto di riferimento di questa collana. La parola responsabilità cerco di cancellarla dal vocabolario, perché, se penso al grande peso che ho, finisce che non lavoro più. Io conoscevo Riccardo già da ragazzo, abbiamo frequentato lo stesso liceo classico, anche se non eravamo in classe insieme. Quando venne a trovarmi e mi illustrò il progetto, ho capito che era la persona giusta: innanzitutto, perché lui fin da bambino voleva fare il regista, mentre io volevo fare l'autore di fumetti! Mi ha fatto vedere un suo film, che si chiama 40 percento; quando l'ho visto ho pensato che era bravissimo, e a quel punto l'ho promosso senza indugio. Siamo stati a contatto per due anni, lui è venuto spesso in redazione. Un'altra visita che abbiamo avuto è stata quella del Presidente della Repubblica Croata: lui è venuto direttamente da Zagabria per conoscere gli autori del fumetto!
Riccardo Jacopino: In realtà, in Croazia, Moreno è più popolare lui del presidente! Pensate, un ragazzo una volta lo ha fermato per strada dicendogli "you are a legend".
Moreno Burattini: Vi racconto un aneddoto. Recentemente, insieme a Gallieno Ferri, leggendario disegnatore che ora sarà a Romics, siamo stati a Istambul; in Turchia, negli anni '70, hanno fatto due film pirata su Zagor, interpretati da un attore di nome Levent Çakir. Io lo paragono un po' al nostro Giuliano Gemma, è un attore che ha fatto un sacco di film western e di avventura. Loro hanno organizzato una cena per far incontrare Ferri con l'attore. Eravamo in un ristorante a Istanbul, un posto di un certo livello; lì c'era tanta altra gente, ignara della nostra presenza. A un certo punto, l'interprete si alza, e dice: "io sono Levent Çakir, e qui accanto a me c'è uno dei più grandi fumettisti del mondo, il creatore di Zagor!". A quel punto, tutto il ristorante ha fatto una standing ovation. Questo fa piacere, perché fa capire come il fumetto, specie quello italiano, sia considerato ed apprezzato all'estero.

Venturi, lei è entrato da poco nello staff di Zagor. Anche lei sente questa forte responsabilità nei confronti di un mito?
Walter Venturi: Io sono l'ultimo arrivato, nello staff, e ovviamente la mia responsabilità è notevole. Ho delle regole ferree a cui attenermi, anche se un minimo di spazio per l'interpretazione personale c'è sempre. Comunque, il lavoro di Gallieno Ferri è sempre il mio riferimento. Diciamo che sto iniziando adesso ad entrare in questo mondo, da disegnatore; la fascia di pubblico che il personaggio prende è molto varia, non si ferma certo all'adolescenza. E' un lavoro stimolante, per un disegnatore: l'universo di Zagor è variegato, non si ferma all'iconografia del West.

Le primissime storie di Zagor erano caratterizzate da qualche anacronismo storico, come il tipo di pistole o la presenza dei treni negli anni '30 del 1800... Moreno Burattini: Su questo, bisogna dire che i lettori del 1961 non facevano caso a queste cose; anzi, il loro punto di riferimento era il cinema, per loro le pistole erano quelle che sparavano a ripetizione, e avrebbero trovato alquanto strano vederne di diverse sulle pagine di un fumetto. Ora che il pubblico è più esigente, stiamo più attenti a questi particolari; ovviamente senza stravolgere i capisaldi della storia. Nel volume da oggi in edicola, per esempio, si parla del terremoto e dello tsunami avvenuti a Concepción il 20 febbraio del 1835; quell'evento fu documentato nei minimi dettagli da un testimone d'eccezione, Charles Darwin. In questo albo, Zagor incontra proprio Darwin. In passato, lo abbiamo anche fatto interagire anche col filosofo francese Alexis De Tocqueville, durante il suo viaggio negli Stati Uniti.

Ammirati, come si inquadra questo progetto nel lavoro della vostra cooperativa?
Potito Ammirati: La nostra è una cooperativa sociale, che coinvolge persone dal background difficile, in situazioni marginali. Abbiamo deciso di sostenere una particolare iniziativa imprenditoriale, quella di una società cinematografica senza i soldi della Warner. In passato abbiamo prodotto una commedia, il già citato 40 percento, e poi un documentario sul calcio scommesse, realizzato insieme all'Associazione Italiana Calciatori. Il nostro obiettivo è diffondere una filosofia imprenditoriale; attraverso il cinema vogliamo trasmettere la cultura del saper fare, e Noi, Zagor poteva essere un'occasione per questo. Il film mostra ciò che non si vede, ciò che c'è dietro la realizzazione di un fumetto: il lavoro, le criticità, anche la tensione. Una cooperativa sociale si deve occupare proprio di questo, specie oggi che c'è un'idea molto distorta del nostro lavoro.

Il fumetto è tuttora un medium bistrattato, considerato di serie B, eppure questo film ne mostra il valore culturale. Pensate che, in un futuro, i libri di scuola potranno insegnare anche quest'arte?

Moreno Burattini: Mi viene in mente un pamphlet degli anni '50 intitolato "La seduzione degli innocenti": l'autore era uno psichiatra, che esponeva la tesi, poi ritrattata, che il fumetto fosse fonte di depravazione per la gioventù. In America furono fatti addirittura dei roghi di fumetti, mentre in Italia quest'arte dovette attraversare censure e ostracismo. Oggi, tutto ciò per fortuna è superato. Ora il fumetto è un medium per raccontare storie: Maus, per esempio, non è meno bello di Schindler's List, le due opere sono solo modi diversi di raccontare la stessa cosa. Il linguaggio del fumetto, nonostante sembri aver perso presa a livello di copie vendute, è utilizzato continuamente nei più vari media; magari senza che ce ne rendiamo conto. Resta un linguaggio moderno ed efficacissimo, e come tale va sempre proposto ai ragazzi. In tanti casi, quando hanno a che fare con ragazzi difficili o con problemi di apprendimento, gli psicologi usano il fumetto per superare le loro barriere. Per quanto mi riguarda, la storia del fumetto è assolutamente da insegnare a scuola, ma per adesso tutto ciò è lasciato all'iniziativa dei singoli insegnanti, o ad autori di libri di testo particolarmente "illuminati".

Sergio Bonelli era un uomo di straordinaria modernità, ma contemporaneamente aveva anche grosse "risacche" di conservazione. Il cinema, per esempio, non gli interessava, e i suoi personaggi non sono mai stati portati seriamente sul grande schermo. Questo documentario può essere considerato un segno di nuova apertura da parte della Bonelli? Moreno Burattini: Sergio era un uomo moderno, leggeva di tutto, e nel nostro campo si studiava anche il più infimo dei concorrenti. Lui capiva il pubblico, percepiva in anticipo i suoi umori. Dalla scomparsa di Sergio qualcosa è cambiato: abbiamo dovuto aggiornarci e stare al passo con i tempi, ma questo in fondo valeva anche quando lui era in vita. Anche lui ha fatto diversi esperimenti. Ora, per esempio, ci si apre ai nuovi media, abbiamo le app per far leggere fumetti sui tablet, e abbiamo cominciato anche a produrre serie interamente a colori. Il mondo chiede che ci si aggiorni, e noi stiamo facendo tutti gli sforzi in questo senso.

Jacopino, ci sono scene che ha eliminato, e che ha sofferto particolarmente a lasciar fuori? Riccardo Jacopino: Di materiale ne abbiamo girato tantissimo. C'erano alcune parti dedicate agli autori, in cui avevo cercato di scavare un po' di più nella persona. C'era la rappresentazione di quei lettori particolarmente fedeli, che vengono sovente inclusi anche dentro gli albi: la loro caratteristica, come casa editrice, è quella di avere un rapporto particolare con i lettori. C'era anche il tema particolare del futuro del fumetto, dei suoi sviluppi e dei nuovi modi per parlare ai ragazzi di ora, che sono i lettori di domani.

Come spiegate il perdurante successo di questo personaggio? Moreno Burattini: Se una cosa è fatta bene, regge alla prova del tempo. Un romanzo come I promessi sposi, per esempio, ancora oggi risulta abbastanza moderno. Zagor, tra i fumetti più datati, è tra quelli che ancora oggi si leggono meglio.

Chi vedreste come protagonista, in un'eventuale trasposizione cinematografica del personaggio? Riccardo Jacopino: Non è facile... forse Joaquin Phoenix potrebbe andar bene, o anche Antonio Banderas. Ah, e secondo me una faccia italiana da Zagor, anche se molti non saranno d'accordo, ce l'ha Vinicio Marchioni. E poi, perché non scegliere Scarlett Johansson come Blondie?