Recensione Short Term 12 (2013)

Short Term 12 si distingue per equilibrio e sobrietà narrativa rifuggendo scene strappalacrime ed evitando il ricatto emotivo nei confronti dello spettatore. Se a tratti la commozione si fa sentire è solo perché è inevitabile percepire il grande cuore che anima l'opera.

I ragazzi stanno bene

Il cinema indipendente americano ha dimostrato ripetutamente di avere il polso del malessere della società contemporanea. Piccoli film scritti e diretti da giovani autori con pochissime risorse ci hanno insegnato qualcosa in più sul presente parlando al cuore e al cervello. Un risultato notevole che si aggiunge alla capacità di scardinare lo studio system hollywoodiano imponendo nuovi interpreti sul mercato internazionale (si pensi al caso di Jennifer Lawrence, esplosa con Un gelido inverno) e facendo il bello e il cattivo tempo nei palmares ufficiali. Ancora non sappiamo che sorte toccherà a Short Term 12, drammatica pellicola che ha colpito il cuore della critica nel concorso del 66° Festival di Locarno, ma se il buongiorno si vede dal mattino Destin Cretton è un autore da tenere d'occhio. Cretton, nato a Maui, ha costruito un dramma lucido e asciutto sfruttando le proprie esperienze personali, in particolare l'impiego, ai tempi del college, in un centro di accoglienza per ragazzi svantaggiati, mescolandovi elementi fictional per realizzare una struttura narrativa solida e scorrevole. Il tema trattato nel film non è originale. Di pellicole dedicate a ragazzi difficili e disagi sociali ne abbiamo viste parecchie, ma Short Term 12 si distingue per equilibrio, sincerità e per l'ottima direzione del team di giovani interpreti che vanno a costituire una vera e propria famiglia allargata.

Focus del film è Grace, interpretata da Brie Larson, operatrice sociale che lavora nel Short Term 12, centro di accoglienza per minori a rischio. Con un passato difficile alle spalle, che l'ha segnata con indelebili cicatrici esteriori e interiori, Grace si divide tra i ragazzi che ha in custodia, il coordinamento degli altri operatori e la relazione con Mason (John Gallagher Jr.), comprensivo partner e collega affettuoso. Il suo fragile equilibrio viene messo a dura prova dall'arrivo di Jayden, adolescente autolesionista in cui Grace rivede sé stessa, e dalla notizia che il padre sta per essere rilasciato dal carcere dopo dieci anni. Il tutto mentre Grace sta vivendo un momento particolarmente delicato a livello personale. Nel frattempo la giovane deve far fronte ai piccoli e grandi drammi quotidiani che si consumano nello Short Term 12.
Brie Larson brilla come non mai. Avevamo saggiato il suo talento nella serie United States of Tara, dove interpretava la figlia della dissociata Toni Collette, ma dopo tante pellicole commerciali Destin Cretton le ha cucito addosso un personaggio complesso e sfaccettato che le permette finalmente di sfoderare le sue doti drammatiche. Volto privo di trucco, capelli scuriti per l'occasione, Grace è una figura femminile dotata di grande coraggio e forza d'animo e l'energia che la Larson infonde nella sua interpretazione si percepisce in ogni scena che la vede protagonista. Intorno a lei, tra i giovani attori che interpretano gli adolescenti ospiti del centro, vi è una gara di bravura in corso. C'è il diciottenne in crisi che teme di allontanarsi dal centro, il ragazzino strafottente che prende in giro tutti come forma di difesa, l'adolescente molestata dai genitori e lo schizofrenico. Tanti personaggi tutti ottimamente interpretati e descritti grazie a una sceneggiatura che rifugge stereotipi e semplicismi e che fa di Short Term 12 una pellicola creativa, sorprendente, ma anche rigorosa. Un film che si distingue per equilibrio e sobrietà narrativa rifuggendo scene strappalacrime ed evitando il ricatto emotivo nei confronti dello spettatore. Se a tratti la commozione si fa sentire è solo perché è inevitabile percepire il grande cuore che anima l'opera.

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4.0/5