Recensione Palo Alto (2013)

Più che raccontare una storia, Palo Alto crea un'atmosfera, accosta situazioni che forniscono uno spaccato della gioventù americana. Il tutto senza morbosità né giudizi morali di sorta.

Equilibristi sul precipizio

Adolescenti confusi, perduti, pericolosi, che covano in sé il seme della follia o cercano solo di distinguersi dalla massa. I protagonisti di Palo Alto, pellicola ispirata alla raccolta di racconti di James Franco In stato di ebrezza, non appartengono alla patinata gioventù losangelina, non posseggono la carica autodistruttiva degli scandalosi lost boys di Gregg Araki né l'inquietante distacco emotivo dei personaggi di Gus Van Sant. Palo Alto è una cittadina della provincia californiana in cui Franco è cresciuto nei primi anni '80, ben prima che la location vivesse il boom dell'industria multimediale divenendo quartier generale di Facebook. Quella piccola borghesia americana che ne popola i quartieri residenziali trascorrendo un'esistenza priva di stimoli in casette tutte uguali, preoccupandosi unicamente del denaro e dell'affermazione personale, diviene terreno d'indagine per Gia Coppola, ennesimo membro della celebre dinastia italoamericana a cimentarsi nella regia. La Coppola si muove in un terreno già ampiamente esplorato confezionando un romanzo di formazione poco originale nel tema, ma vivo e vitale nel contenuto. La regista riesce a cogliere con naturalezza a tratti quasi documentaristica il malessere e l'insicurezza che albergano negli adolescenti americani fotografandoli nei loro rituali: lo sport, le feste, il fumo, l'alcool, il sesso, le relazioni con il mondo adulto.

April (Emma Roberts) è un'adolescente divisa tra l'interesse per l'irrequieto coetaneo Teddy (l'esordiente Jack Kilmer, figlio di Val Kilmer) e le attenzioni di Mr. B, il suo allenatore di calcio (interpretato da James Franco). Teddy se ne va in giro a fare danni insieme a Fred (Nat Wolff), dedito alla marijuana e a comportamenti estremi, che a sua volta frequenta Emily (Zoe Levin), una delle ragazze facili della scuola. In una pellicola d'impronta corale Gia Coppola permette alla narrazione di fluire liberamente, lasciando ai personaggi lo spazio necessario per lo sviluppo dei singoli caratteri. Le loro vicende si intrecciano e si alternano in un mosaico magmatico in continua evoluzione. Lo sguardo della regista denota curiosità e fascinazione, si fa complice per catturare la verità di una generazione X a cui nessuno ha fornito le istruzioni per diventare grandi. Assenti quasi del tutto gli adulti, o comunque incapaci di educare (oltre alla madre di Teddy, nel film compare il permissivo ed eccentrico patrigno di April, interpretato da un irresistibile Val Kilmer), a Talia Shire viene affidato un significativo cameo nei panni di una consulente scolastica che incalza April per spingerla a riflettere sul futuro. Un futuro che, agli occhi di questi giovani, appare privo di interesse.
L'unico adulto disposto a entrare realmente in contatto con i ragazzi e a trattarli come suoi pari è Mr. B, l'allenatore della squadra di calcio femminile interpretato da James Franco il quale però, a sua volta, si dimostra ambiguo e insicuro infrangendo i vincoli professionali e intrecciando una relazione proibita con April. L'attore sembra a suo agio in un ruolo così discutibile e rivela una notevole alchimia con Emma Roberts, a sua volta capace di una perfomance naturale e intensa. Imperdibile anche il cameo di Val Kilmer che interpreta il pittoresco patrigno di April affettuoso, ma tossico. Come nei film di Sofia Coppola, anche in questo caso l'andamento narrativo non è strutturato rigidamente. Più che raccontare una storia, il film crea un'atmosfera, accosta situazioni che forniscono uno spaccato della gioventù americana. Il tutto senza morbosità né giudizi morali di sorta. Un universo, a tratti delicato a tratti disturbante, di adolescenti in bilico su un filo sottile. Quanti di loro riusciranno a superare indenni la linea d'ombra?

Movieplayer.it

3.0/5