Recensione La gelosia (2013)

Il tuffo nel passato evocato dal bianco e nero è funzionale alla volontà di Philippe Garrel di raccontare la storia d'amore del padre trentenne, già separato dalla madre, per un'altra donna.

Perché ti amo

Dopo il passo falso di Un été brûlant, il veterano Philippe Garrel fa autocritica e torna alle origini con un lavoro elegante e misurato. La jalousie, in concorso a Venezia 70, non si discosta di molto dai temi trattati nelle sue precedenti opere, ma il regista ritrova un'asciuttezza preziosa che lo allontana dal debordante patetismo a cui era approdato. I quadretti slegati di cui si compone La jalousie ci ricordano, piuttosto, l'estetica rarefatta della Nouvelle Vague. L'inquadratura che inaugura il film - il primo piano di Rebecca Convenant piangente fotografato in un bianco e nero sbiadito - ci riporta in un lampo al look di capolavori come Fino all'ultimo respiro o Jules e Jim. A questa privazione sul piano visivo corrisponde un lavoro di sottrazione che coinvolge scenografie, dialoghi e per certi versi anche le interpretazioni dei protagonisti.

Il tuffo nel passato evocato dal bianco e nero è funzionale alla volontà di Philippe Garrel di raccontare la storia d'amore del padre trentenne, già separato dalla madre, per un'altra donna. In un gioco di specchi familiare il regista decide di mettere alla prova il figlio Louis Garrel, presenza costante del suo cinema, affidandogli il ruolo del nonno e affiancandogli la sorella nel ruolo di confidente mentre la sua nuova compagna, misteriosa e volubile, è interpretata con grazia e decisione da Anna Mouglalis. In questo cortocircuito tra presente e passato le uniche licenze rispetto alla vicenda paterna riguardano la scelta di ambientare la storia al presente modificando, al tempo stesso, il sesso del regista da piccolo che diviene ora una vivace bambina, testimone dei tormenti amorosi del giovane padre.

Il titolo scelto da Philippe Garrel per la sua indagine amorosa è La jalousie, ma il vero fulcro del lungometraggio è l'inquietudine sentimentale. Il mal d'amore che affligge i personaggi di tanto cinema francese qui si manifesta in tutta la sua complessità minando la stabilità della strana famiglia allargata in cui il regista è cresciuto per un periodo. Come lo stesso Garrel sottolinea più volte per bocca del suo protagonista, apparentemente tutto sembra andare bene tra Louis e Claudia, attori giovani, belli e innamorati il cui unico cruccio sono i pochi soldi che circolano e impediscono loro di trasferirsi in un appartamento più spazioso. Man mano che la narrazione avanza, una rete di sottili tensioni avviluppa la coppia. L'ex compagna di Louis sembra aver ormai accettato pacificamente la separazione, ma non perde occasione per informarsi sulla sua nuova donna, lui stesso non disdegna relazioni fugaci con le colleghe di lavoro senza che ciò intacchi minimamente il ménage con la compagna. Le reciproche infedeltà non sembrano turbare più di tanto i due amanti, almeno fino a che rimangono inespresse. I sentimenti di Louis sono tanto forti da spingerlo a confessare a Claudia di amarla "definitivamente".

Un melodramma in cui la preoccupazione principale dei personaggi è interrogarsi sul senso e sulla natura dell'amore è ad alto rischio di caduta nel patetico o addirittura nel ridicolo, ma stavolta Garrel riesce a toccare le corde giuste guidando i suoi interpreti affinché contengano l'emotività anche nei momenti più drammatici. A tratti traspare qualche sbavatura, ma l'interpretazione della Mouglalis e i momenti di intimità affettuosa condivisi da Louis Garrel con la figlia sono tra le cose migliori di una pellicola raffinata che procede con sobrietà. I continui tentativi dei personaggi di "vivere fino alla fine" i propri sentimenti nascondono una più profonda riflessione sul lavoro dell'attore e sul binomio arte/vita che qui, più che esplicitata, viene suggerita nei momenti in cui Louis Garrel si trova da solo alle prese col proprio lavoro. Riflessione che ovviamente coinvolge a un livello profondo lo stesso Philippe, figlio e padre d'arte, impegnato da una vita a preservare l'equilibrio tra realtà e finzione.

Movieplayer.it

3.0/5