Recensione di 3 Days to Kill

Il fascino inossidabile di Costner, immutato nonostante il passare degli anni, e la sua innata capacità di mostrarsi virile e sensibile allo stesso momento, salvano una pellicola che non convince fino in fondo.

Crash Davis è ancora il re!

Kevin Costner è tornato. Dopo essersi affermato come latin lover della porta accanto negli anni '80 e aver tentato la via della regia con risultati alterni, dopo aver saggiato la dolcezza dell'Oscar (Balla coi lupi) e il sapore amaro del flop (Waterworld), a rilanciare la carriera del divo, ormai destinata a una sbiadita medietà, ci hanno pensato dapprima un'interessante pellicola corale, passata inosservata, come The Company Men e poi la miniserie Hatfields & McCoys.

Riacquistata la visibilità che negli anni 2000 era venuta meno, Costner torna a fare quello che gli riesce meglio, l'eroe coraggioso, ma con debolezze tali da far intenerire le donne e farle cadere ai suoi piedi. Stavolta il suo Ethan Renner, agente della CIA che ha il compito di localizzare ed eliminare pericolosi criminali internazionali, è un padre di famiglia colpevole di aver trascurato la figlia per perseguire una carriera sul filo del rasoio, ma anche un uomo malato a cui restano pochi mesi di vita. Il fascino inossidabile di Costner, immutato nonostante il passare degli anni, e la sua innata capacità di mostrarsi virile e sensibile allo stesso momento, salvano una pellicola che non convince fino in fondo.

Leon meets Charlie's Angels

In 3 Days to Kill Costner è protagonista assoluto, presente nella quasi totalità delle scene. Il suo carisma riesce a distrarre il pubblico dai difetti presenti nell'action thriller e dallo stile patinato e confuso del regista McG. Alla base del progetto vi è una sceneggiatura di Luc Besson, autore che non teme l'esagerazione. Stavolta Besson mescola action puro e commedia, controbilanciando l'abilità e la freddezza dell'agente Renner sul lavoro con l'incapacità di gestire i suoi problemi personali, in primis i capricci della figlia adolescente, che rischiano di mettere a repentaglio la sua ultima missione. La pellicola alterna così spettacolari inseguimenti, sparatorie e violenza a siparietti spesso malgestiti che, probabilmente, fanno ridere più sulla carta che sul grande schermo. Si pensi alle scene di tortura in cui Renner carpisce informazioni ai nemici, interrotte dalle telefonate della figlia, da richieste di consigli su come fare il padre e addirittura da una ricetta per fare il sugo col pomodoro (quando la vittima è italiana un consulto è d'obbligo), agli incontri imbarazzati col fidanzatino della figlia o alla presa di coscienza dei problemi estetici delle adolescenti. Per amplificare l'effetto comico vengono introdotte situazioni paradossali e personaggi non in linea con la trama action, ma se Luc Besson è in grado di saper gestire registri diversi con sicurezza, lo stesso non può dirsi di McG.

Con McG sulle montagne russe

3 Days to Kill: Kevin Costner in una scena nei panni dell'agente segreto Ethan Renner
3 Days to Kill: Kevin Costner in una scena nei panni dell'agente segreto Ethan Renner

L'impressione fornita da 3 Days to Kill è quella di una pellicola disomogenea che accosta azione, dramma, commedia, complotti internazionali e conflitti familiari senza che questi ingredienti siano amalgamati a dovere. Le scene che si susseguono risultano sbilanciate in una direzione o nell'altra e i continui cambi di tono creano un effetto quasi straniante, amplificato dai registri interpretativi di alcuni attori. Pur risultando troppo serioso nei momenti più leggeri, Kevin Costner funziona nel ruolo dell'eroe imperfetto, mentre Amber Heard, nei panni dell'agente sexy e letale in tacchi a spillo, viene utilizzata come bambolona di turno. Seppur stereotipato, il suo potrebbe essere uno dei personaggi più intriganti e in linea con la trama spy, ma su due ore abbondanti di film lo vediamo in scena si e no per dieci minuti. Assolutamente surreale la presenza dei profughi che occupano l'appartamento parigino di Ethan Renner, mentre ad Hailee Steinfeld, che interpreta la figlia dell'agente, viene affidato un personaggio dagli atteggiamenti incomprensibili che a tratti rasenta la schizofrenia. L'adolescenza sarà un'età difficile, ma con una figlia come Zoey, per il povero Costner la situazione non è rosea. In una narrazione che procede a singhiozzo, alternando pause e accelerazioni, là dove la trattazione delle dinamiche familiari lascia perplessi, ci pensano le scene d'azione a rendere comunque la pellicola un prodotto godibile. Con una mano più sicura, e meno compiaciuta, dietro la macchina da presa lo sarebbe stato ancora di più.

3 Days to Kill: Amber Heard con Kevin Costner in una scena del film
3 Days to Kill: Amber Heard con Kevin Costner in una scena del film

Conclusione

Un action thriller discontinuo da vedere se si ama il fascino stropicciato di Kevin Costner, la bellezza di Parigi e lo stile irriverente di Luc Besson.

Movieplayer.it

2.5/5