È sorridente e gentile Pierfrancesco Favino, l'attore più internazionale che abbiamo al momento, amato da pubblico, critica e registi, che già dieci anni fa nella serie Boris veniva indicato come quello che "ormai fa tutto lui". Cinema, televisione, teatro, il palco di Sanremo, i video dei The Jackal: qualunque cosa faccia, gli applausi arrivano sempre.
Sarà perché ha un grande talento, sarà perché riesce a destreggiarsi abilmente tra registri e mezzi molto diversi tra loro, ma forse gran parte del successo dell'attore romano viene anche dal suo carattere: sempre pieno di entusiasmo, ha un grande rispetto per il proprio lavoro, per il pubblico e i colleghi.
Leggi anche: Moschettieri del re: Pierfrancesco Favino, Valerio Mastandrea, Rocco Papaleo e Sergio Rubini sul set
A Natale, precisamente dal 27 dicembre, sarà sul grande schermo, insieme a Valerio Mastandrea, Rocco Papaleo, Sergio Rubini, Margherita Buy e molti altri, con Moschettieri del Re di Giovanni Veronesi, adattamento del celebre romanzo di Alexandre Dumas I Tre Moschettieri, che ha presentato a Riccione, durante l'ottava edizione di Ciné, Giornate di cinema. Il suo non sarà un D'Artagnan classico, anche perché sarà un po' più "anziano": "Ma avete visto Rubini e Papaleo? Poi Mastandrea sarà anche più giovane di me, ma se li porta malissimo!" ci ha detto scherzando, proseguendo: "Siamo quattro supereroi a cui è stata tolta forzatamente la tutina: ognuno di noi ha ripreso a fare la vita di tutti i giorni, con poca abilità nel riuscire a portarla avanti. Nel momento in cui la regina ha di nuovo bisogno di noi torniamo ad indossare le nostre tutine, con tutti i nostri acciacchi, per inseguire ciò che in realtà siamo sempre stati: tiriamo fuori nuovamente i nostri poteri".
Leggi anche: Pierfrancesco Favino al Bif&st: la faccia da clown e il senso di Sanremo
L'importanza di essere un artista popolare
Durante l'incontro con la stampa a Riccione, Favino ha ribadito la propria volontà di essere un "artista popolare", nel senso positivo del termine, e ce lo ha riconfermato: "Popolare non è una brutta parola, anzi. Per popolare intendo la capacità di riuscire a comunicare con il maggior numero di persone possibile. Questo non vuol dire per forza comunicare dal basso: vuol dire prendersi la responsabilità di decidere di essere un comunicatore, di essere chiaro in quello che fai, talmente chiaro da riuscire ad arrivare a tutti. Questo penso che sia, anche rispetto al momento storico che vive il nostro cinema, importante. Poi, fortunatamente, esistono tanti tipi di cinema diversi, tanti autori diversi, tante storie diverse e tanti pubblici diversi. Di fondo io sono una persona che ama il cinema popolare e penso che anche quello di Ettore Scola fosse cinema popolare, quello di Federico Fellini, in alcuni casi anche quello di Paolo Sorrentino e Matteo Garrone. Forse dovremmo chiarirci su cosa intendiamo per popolare: se per popolare vogliamo dire stimare di meno di te stesso la persona che viene a vederti allora no, se invece ti prendi la responsabilità del fatto che tu hai deciso di essere quello che è guardato, e quindi devi essere capace di dire la cosa che vuoi dire, ecco per me quella è la definizione di popolare".
Leggi anche: Sanremo 2018: Pierfrancesco Favino emoziona con il monologo sui migranti