"Il mio obiettivo è sempre stato quello di dirigere un film di dimensioni grandiose, come Avatar, Transformers, Harry Potter o I Pirati dei Caraibi e sono convinto che con Battleship raggiungerò quel livello". Così Peter Berg ha introdotto stamattina il suo nuovo film durante la blindatissima anteprima tenutasi a Roma, il blockbuster di punta del listino 2012 della Universal che aprirà l'estate cinematografica americana ed arriverà in Italia con largo anticipo rispetto agli Usa il 13 aprile regalandoci una fantascientifica battaglia navale tra l'umanità e le forze aliene. Regista di Hancock, Cose molto cattive, attore di fama internazionale e geniale ideatore, produttore e regista della fortunata ed avvincente serie tv americana High School Team - Friday Night Lights, incentrata sul mondo del football americano, Peter Berg è 'sbarcato' a Roma portandoci in regalo qualche sequenza in anteprima del suo Battleship, l'avventuroso e strabiliante popcorn movie che riunisce sul grande schermo Taylor Kitsch, uno dei giovani protagonisti della pluripremiata serie tv di cui sopra, nei panni dell'ufficiale Alex Hopper assegnato alla nave da guerra americana John Paul Jones, un altro dei giovani attori del momento e cioè Alexander Skarsgård (True Blood, Melancholia) nei panni del fratello maggiore e più saggio di Alex, il bravo Liam Neeson nei panni dell'antipatico e severo ammiraglio Shane, padre della bella Sam, interpretata da Brooklyn Decker, fisioterapista e promessa sposa di Alex. Basato sullo storico gioco da scatola della Hasbro, il film di Peter Berg vede nel cast anche un'esordiente di lusso come la cantante Rihanna nei panni del sottufficiale Raikes, compagna di college di Alex e specialista di armi nella USS John Paul Jones. Nella doppia veste di produttore e regista del film, Berg ci ha parlato del suo epico film d'azione e d'avventura che si svolge tra mare, cielo e terraferma tra gli eserciti del pianeta Terra e le gigantesche e tecnologiche navi spaziali aliene. Ecco cosa ci ha raccontato...
Come è nato il progetto di Battleship?
Volevo fare un film poco impegnato sulla guerra, un film che fosse attraente sia per le famiglie che per la nonnina che porta al cinema i nipotini, ma anche per gli adolescenti, volevo dirigere un film dagli effetti speciali mai visti prima che potesse piacere a tutti ed abbracciare un pubblico vastissimo. Un film di grandi dimensioni insomma, realizzato in grande in stile sull'impronta di Avatar, un superfilm di respiro internazionale con effetti speciali straordinari in cui i protagonisti però rimangono sempre delle persone molto vere con dei sentimenti. L'idea mi è venuta guardando uno dei documentari realizzati da uno dei più grandi studiosi del mondo, il cosmologo più famoso del mondo Stephen Hawking (celebre per i suoi studi sui buchi neri ndr.) che da decenni afferma che gli alieni esistono eccome, e che sarebbe meglio se l'umanità non entrasse mai in contatto con loro perchè lo scontro potrebbe essere devastante.
E' stata una mia scelta personale quella di creare un film in cui sia gli umani che gli alieni hanno delle relazioni, dei sentimenti e delle emozioni. Non ho preso ispirazione da nessun film già realizzato sull'argomento, mi sono lasciato guidare dalla voglia di rendere gli alieni più comprensibili agli occhi degli umani, che fossero accomunati agli umani dal loro essere interattivi, emotivi e curiosi.
Potremmo definire Battleship come un western fantascientifico realizzato in modo diverso rispetto al classico western del passato? Ci sono da una parte i buoni e dall'altra i cattivi, c'è l'amicizia tra i protagonisti, c'è la pupa e tante armi...
Beh sì, nel film c'è tutto questo ma la storia raccontata in Battleship si dirige verso un altro tipo di avventura, un'avventura misteriosa e avvincente che contrappone l'umanità all'imperscrutabile mondo alieno. Il mio obiettivo era quello di raccontare una grande battaglia mondiale per la salvezza, uno scontro tra forze belliche di grande divertimento ed intrattenimento. Ho cercato di far sì che ci fosse anche uno spiccato senso della realtà in tutto questo, anche perchè io non sono mai stato un appassionato di fantascienza ma amo raccontare le storie tra le persone con grande ironia e una spiccata predilezione per i sentimenti.
Oltre ad essere un regista lei è un attore di grande livello, che ha lavorato per grandi registi del calibro di Robert Redford in Leoni per Agnelli, con Michael Mann in Collateral, con Spike Lee per Girl 6 - Sesso in linea, con James Mangold per Cop Land e Wes Craven in Sotto shock. Cos'ha imparato nel modo di dirigere gli attori da questi registi che ha poi sfruttato per dirigere grandi star come Cameron Diaz, Jamie Foxx, Will Smith e Charlize Theron?
Faccio l'attore, ma uscito dal college ho lavorato nel cinema in tutte le professioni possibili che gravitano attorno a quest'industria. Ho fatto di tutto, ho portato il caffè a grandi registi, ho pulito i bagni, ho fatto l'elettricista, il tecnico del suono, insomma ho acquisito una conoscenza del settore a 360 gradi tanto che in ogni momento so perfettamente qual'è il ruolo di ognuno dei miei collaboratori nella realizzazione di un film, in ogni momento della giornata sul set so tutto quello che fanno le persone che lavorano intorno a me. Ho fatto tanta gavetta, ho lavorato con grandi star del cinema, con grandi registi, e tutto questo ha contribuito in egual misura a formare il mio pesante bagaglio professionale.
Forse sì, non ho mai pensato a questo aspetto però effettivamente sia nel football, che nell'esercito, che nei servizi segreti, che nella marina militare c'è bisogno di un lavoro di squadra per ottenere un risultato ottimale. Anche nel mio prossimo film Lone Survivor si parlerà di un gruppo unito di navy seals che cercano di sopravvivere in Afghanistan. Sono molto affascinato dalla capacità che ha l'essere umano di unirsi in gruppi per sopravvivere e per affrontare le avversità.
Quanto secondo lei la vita privata e le esperienze personali segnano la carriera di un cineasta o di un attore?
Ho sempre creduto nelle mie capacità, ho sempre cercato di dare una mia impronta al cinema raccontando le storie come io le vedo e come io le percepisco nella mia mente. Ricordo che quando ho diretto Cose molto cattive, film che io definisco una sorta di antenato di Una notte da leoni in versione molto più dark, era un periodo della mia vita molto difficile. Avevo da poco perso un mio carissimo amico e il mio matrimonio stava naufragando, avevo il cuore pieno di rabbia e sono convinto che lo stile e i toni del film in gran parte sono venuti proprio da quel mio stato d'animo. Poi la vita ha iniziato a sorridermi nuovamente e ora che sto bene e sono di nuovo felice ho deciso che era arrivato il momento di imbarcarmi in una cosa enorme come Battleship.
Ho conosciuto Michael Mann tantissimo tempo fa, intorno al 2000, ai tempi in cui presi parte ad una serie tv intitolata Wonderland che poi venne immediatamente cancellata. Lui capì la mia delusione e un giorno mi invitò a pranzo per dirmi di non mollare, mi disse che avevo talento e mi consigliò di continuare, io ero timido per riuscire a chiamarlo e fu lui da quel momento in poi a chiamarmi e a tenersi in contatto con me. Ora abbiamo un bel rapporto di rispetto reciproco, mi sento un privilegiato perchè sento che lui stima me allo stesso modo in cui io stimo lui. Sono e sarò sempre legato a Michael Mann per avermi incoraggiato, ancora oggi non so perchè si sia interessato a me e mi abbia scelto per un ruolo in Collateral. Ha prodotto i miei due film Hancock e The Kingdom ed è stato un mio grande sostenitore sempre, gli ho anche mostrato alcune scene di Battleship facendo tesoro dei suoi preziosissimi consigli.
Qual'è stata la cosa più complicata per lei durante la lavorazione di Battleship?
Adoro il mio lavoro, mi piace molto fare film, non c'è nulla che io trovo difficile quando dirigo un film, adoro ogni singola parte del processo che porta alla conclusione delle riprese e all'uscita in sala di un film, non mi sento mai frustrato, né tanto meno annoiato o in preda allo sconforto, so sempre cosa fare e quando farla. A livello di sfida professionale la cosa più complicata è stata cercare di convincere gli attori che si trovavano realmente di fronte ad un mostro meccanico di dimensioni enormi quando in realtà stavano in mezzo al mare di fronte al nulla (ride). Quando realizzi un film con una così grande preponderanza di effetti speciali, ci vuole molto tempo prima che tu possa vedere il risultato del prodotto finito. Posso dirvi che quando ho visto sullo schermo per la prima volta l'astronave aliena è stata una grande emozione, ero soddisfatto e felice di vedere il frutto del mio lavoro.
Taylor ha a mio avviso una qualità importantissima: è bello come il sole (ride). Ricorda molto la bellezza del Brad Pitt degli inizi carriera. La sua più grande dote però è la capacità di non prendersi mai troppo sul serio, è un attore dal grandissimo senso dell'umorismo che possiede la rara qualità di riuscire a recitare in maniera equilibrata in situazioni comiche come in quelle drammatiche. Era quel che ci voleva per un film pieno di ironia e di drammaticità com'è Battleship, un attore di grande carisma, spiritoso, serio e che non si atteggia da grande star. Lo conosco da tanti anni, adoro lavorare con persone che stimo e conosco nel privato, sono molto contento che stia avendo successo nei film più variegati.
A proposito di grandi star, Rihanna è un'icona della musica mondiale, cosa l'ha convinta a sceglierla per il cast del suo film?
Sono sempre stato un grande fan di Rihanna ma il colpo di fulmine che mi ha fatto capire che era perfetta per il film è scattato quando l'ho vista in televisione nella trasmissione ABC news di Diane Sawyer cui partecipò per chiarire pubblicamente la sua posizione nei confronti dell'ex-fidanzato e cantante Chris Brown. Ricordo che fu un incontro-scontro molto acceso e lei mi sembrò simpatica, grintosa, matura e sicura di sé nell'esprimere le sue opinioni, era una donna straordinariamente a suo agio davanti alle telecamere. C'era qualcosa di diverso in lei, aveva piena padronanza di sé qualcosa che secondo me valeva la pena approfondire, ho pensato subito che avrebbe potuto fare un bel lavoro in un film. Sul set ho conosciuto una professionista di grande cuore, molto dotata e molto umile.
E' una domanda difficile, è un po' come chiedere di scegliere uno tra i propri figli (ride), credo che forse Friday Night Lights sia il mio lavoro più riuscito, mio cugino aveva scritto il libro e questo mi ha fatto prendere il lavoro ancora di più a cuore. Ogni film è un'avventura diversa, è un pezzo della tua vita, a distanza di anni è bello riguardare il proprio lavoro e guardare indietro alla propria vita pensando alla persona che si era nel momento in cui lo si è realizzato. E' una cosa molto emozionante.