Potreste stentare a crederlo - visto e considerato che ormai siamo tacciati di essere un sito "marveliano" sui social (per chi non lo sapesse, la nostra colpa è quella di non aver promosso a pieni voti Batman v Superman: Dawn of Justice così come abbiamo fatto per i film sugli Avengers o Captain America: Civil War. E sì, la cosa ci fa ridere moltissimo) - ma quando 8 anni fa arrivò il primo Iron Man, primo film del Marvel Studios e primo gradino di quello che poi sarebbe diventato il Marvel Cinematic Universe, non è che il film di Jon Favreau ci avesse fatto impazzire.
Certo, era impossibile non rimanere colpiti da quell'ispirata scelta di casting che fu Robert Downey Jr. nel ruolo del protagonista, ed era certamente evidente a tutti che quello sarebbe stato solo l'inizio di una saga di grande successo (anche se nessuno poteva immaginare questo tipo di successo), eppure quel primo film non presentava ancora le caratteristiche che avrebbero reso questi cinecomic, questi film sui supereroi, il fenomeno, di pubblico ma anche di critica, che sono diventati oggi. Se poi pensiamo al sequel Iron Man 2, uno dei punti più bassi di tutta la saga, viene da pensare ad un vero e proprio miracolo. Eppure oggi non abbiamo dubbi nell'affermare che la crescita e l'evoluzione di Iron Man come personaggio rappresenta in tutto e per tutto quella del Marvel Cinematic Universe.
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Shoot to Thrill
Sono tante le cose che sono cambiate in questi anni e sono tanti i registi e gli sceneggiatori che si sono susseguiti in questi 13 film che (finora) compongono il Marvel Cinematic Universe, ma gli elementi che sono rimasti costanti e che davvero ne hanno decretato il successo sono in fondo soltanto due: l'ironia e l'umanità. L'elemento ironico è presente fin dal primissimo film ed anzi è una delle caratteristiche principali del personaggio Tony Stark; questo tono divertente ha poi raggiunto la sua massima espressione con gli Avengers di Joss Whedon, che di battute sarcastiche e citazioni pop se ne intende fin dai tempi di Buffy - L'ammazzavampiri, ma è un qualcosa che non è mai sfuggito fin dal primo capitolo nemmeno agli spettatori meno attenti.
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Diverso il discorso relativo ai sentimenti e alle emozioni, perché in fondo quando ti ricopri completamente di metallo e passi gran parte dei tuoi film "nascosto" dentro una armatura indistruttibile è perché, da un punto di vista anche metaforico, non vuoi che emergano ed escano fuori, e infatti nei primi due Iron Man il personaggio Tony Stark è soprattutto un tipo geniale ma sbruffone, irresistibile e odioso al tempo stesso, il più classico dei miliardari da film che hanno tutto quello che desidereresti. Tony Stark in questo era molto diverso da Captain America, figura ben più tragica fin dalla sua prima apparizione e in fondo anche da Thor, con quel sua dramma shakesperiano in famiglia. E non parliamo proprio del povero Dottor Banner.
Il peso del mondo
Qualcosa cambia però anche per Tony Stark e cambia proprio quando è costretto a confrontarsi con gli altri supereroi, quando non deve più affrontare nemici e pericoli da solo ma insieme agli altri Avengers. Sbruffone lo è sempre e non viene sempre ben visto dagli altri membri della squadra: d'altronde uno scienziato che cerca di vivere isolato dal mondo, un ex (super)soldato rimasto congelato per 70 anni e un Dio proveniente da un altro pianeta cosa potrebbero mai avere a che fare con un "genio, miliardario, playboy, filantropo"? Eppure quando Phil Coulson "muore", proprio Stark, proprio colui che qualche ora prima l'aveva preso in giro ("Phil? Ma il suo nome di battesimo non era "Agente"?"), sembra il più scosso: il motivo è semplice, Tony Stark non è un soldato, non è abituato a lavorare insieme agli altri e veder morire dei compagni, non ha mai nemmeno veramente considerato i rischi che un supereroe corre e fa correre a quelli vicini a lui.
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Quando Tony finalmente capisce qual è veramente la posta in palio, è li che davvero nascono gli Avengers ed è infatti la sua torre che diventa la prima base di questo supergruppo di supereroi. Nonostante questo però quando in Avengers: Age of Ultron Maria Hill gli si avvicina per il debrief e lui risponde con una battuta ("No, è lui il capo, io metto solo i soldi, i progetti e faccio sembrare tutto più affascinante!"), Tony pensa davvero che Captain America sia il più adatto a guidare gli Avengers, ma sa altrettanto bene di essere non solo il cervello e il portafogli ma il cuore pulsante del gruppo. Ed è per questo che sente il peso del mondo (concetto molto caro a Whedon) su di lui, ed è per quello che, insieme a Banner, comincia a pensare già a quello che potrebbe succedere quando gli Avengers non basteranno più, quando Thor tornerà sul suo pianeta. Ed è per quello che commette l'errore di creare Ultron, non perché sia arrogante e sbruffone come il Tony Stark del primissimo film, ma proprio perché non è più solo quello.
Miliardario, non soldato
Fu sempre Whedon a dettare il più grande cambiamento in Tony Stark con il finale di The Avengers, quel salvataggio in extremis con il missile che sta per colpire Manhattan e quella terrificante caduta dal cielo che sembrava far pensare al peggio. Così non fu, Stark si risvegliò, fece le sue usuali battute e si dedicò a festeggiamenti a base di Shawarma, ma niente da allora fu lo stesso e a testimoniarlo ci fu un intero film, il tanto discusso ma coraggiosissimo Iron Man 3. Quasi un buddy cop film in stile Arma letale (e infatti il regista è Shane Black), il terzo capitolo della saga di Tony Stark è importante soprattutto perché fa emergere proprio quel lato umano di cui parlavamo prima, svestendo Tony letteralmente dal metallo di Iron Man e mostrandocelo in tutta la sua fragilità.
Non solo, perché in fondo Iron Man 3 non rappresenta altro che un lungo sguardo su un personaggio che soffre di disturbo post-traumatico da stress in seguito all'invasione aliena che ha, suo malgrado, dovuto affrontare: un personaggio che, per la prima volta in tanti anni, si sente più umano che mai e che non riesce a fare a meno della sua corazza e invece per gran parte del film è comunque costretto ad affidarsi solo alle sue abilità "umane". Come già detto, Tony Stark non è mai stato un soldato e mai lo sarà, ma comunque è chiamato a battaglie continue che coinvolgono anche persone a lui care. Alla fine del terzo film (che in fondo scopriamo essere solo una lunga seduta psichiatrica con l'amico Bruce Banner) Tony diventa ancora più umano, togliendosi dal petto il reattore Arc costruito nel primo film e capendo finalmente che può essere Iron Man anche senza armatura. Poi però c'è l'affaire Ultron che ben conosciamo, e poi ancora una nuova promessa di fare a meno delle armature e arriviamo così agli eventi di Civil War.
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Captain America v Iron Man
Proprio in Civil War, Tony è l'esatto opposto di quel miliardario sbruffone ed egoista che abbiamo cominciato ad amare otto anni prima. Quando il governo chiede agli Avengers di prendersi le loro responsabilità, Tony accetta immediatamente anche se durante gli eventi in Nigeria non era presente; ma lo fa perché tutto quello che è successo prima, soprattutto in Sokovia, non ha mai smesso di pesare sulla sua coscienza, così come non ha mai smesso di pesare quell'armatura che lui indossa.
È esattamente il peso del mondo di cui parlavamo prima, un peso che non sembra essere destinato a scrollarsi di dosso tanto facilmente. D'altronde non dimentichiamoci che Tony è il "genio, miliardario, playboy, filantropo", Tony è quello che mette i soldi e fa sembrare tutto più affascinante, ma non è l'eroe, non è l'idealista, non è colui che vuole combattere le ingiustizie. A tutto questo ci pensa e ci ha sempre pensato l'altra metà del cielo degli Avengers, quel Captain America che adesso non può che essere suo nemico perché proviene da esperienze completamente opposte. Quel peso e quella responsabilità Steve non lo sente, perché fanno parte del suo essere fin dalla seconda guerra mondiale: Steve Rogers ha scelto di diventare Captain America e ha scelto di essere un eroe, non lo è semplicemente diventato.
Se Civil War è davvero uno dei più bei film del Marvel Cinematic Universe non è solo per le sequenze spettacolari e per l'introduzione di nuovi carismatici personaggi, ma è per quel combattimento finale in cui i due vecchi amici se le danno davvero di santa ragione, con botte che fanno male a loro ma soprattutto a noi spettatori. Fanno male perché il loro combattimento non è figlio soltanto del piano di un pazzo criminale, ma di due filosofie di vita completamente opposte che non sono conciliabili e che rappresentano una frattura talmente insanabile da affondare anche quell'amicizia ("Lo ero anch'io") e quel rapporto di reciproco rispetto che con il tempo si era instaurato. È uno scontro soprattutto figlio di un doppio tradimento che non ha un vero responsabile, ma è semplicemente la logica conseguenza dei 12 film precedenti.
Nessun vincitore, se non lo spettatore
Certo, il finale lascia comunque spazio ad una riconciliazione, o meglio, ad un'alleanza che noi sappiamo necessaria per il futuro (la Infinity War d'altronde è quasi alle porte), ma sappiamo anche che Cap non cambierà idea e che in fondo non può farlo perché guidato da un senso di giustizia e da una coerenza etica e filosofica che Tony Stark non ha e non può avere. Dove Steve Rogers ha solide certezze, Tony Stark ha solo dubbi. Se l'eroe Captain America è una roccia che con il suo scudo protegge tutto e tutti, Iron Man non è altro che una corazza vuota che protegge in primis un uomo fragile e fallibile. E solo. E quando alla fine Tony rinfaccia al suo (ex) amico che quello scudo non gli appartiene, lo fa come un bambino ferito che non sa a cosa altro appigliarsi, ma anche in quel caso non riesce ad ottenere quello che realmente desidera, perché ormai la distanza è incolmabile. Come spesso accade tra cuore e mente.
Ma Steve Rogers può rimanere Captain America anche senza il suo scudo, può comunque continuare a combattere, il punto è che non è comunque più l'eroe di una volta: è passato dal soldato perfetto, dal simbolo dell'America ad un personaggio ribelle, anti-governativo e potenzialmente "a rischio". Iron Man non ha avuto un cambiamento così netto, ma è cresciuto, e con lui l'intera saga. E non è un caso che il Marvel Cinematic Universe sia cresciuto sempre e comunque quando i supereroi sono stati in conflitto tra loro, come nel caso dei due Avengers o questo Civil War che rappresentano senza alcun dubbio (insieme al precedente Winter Soldier e i Guardiani della Galassia, che però sono due film quasi di "genere") gli apici di quanto il Marvel Studios ha costruito in questi 8 anni. Perché Civil War è sì un film spettacolare, film che intrattiene e diverte in prima battuta, ma è anche un film che scuote i suoi personaggi e per questo fa male come una vera lotta intestina. Una guerra civile che spacca a metà il Marvel Cinematic Universe, e per questo lo eleva e lo trasforma in uno dei grandi racconti di questo decennio cinematografico.