Per Lucio, Pietro Marcello: “Il mio sogno è presentare il film in Piazza Maggiore a Bologna”

Pietro Marcello ha presentato durante la Berlinale 2021 il suo nuovo documentario Per Lucio, un omaggio al grande cantante italiano Lucio Dalla.

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Per Lucio: un'immagine

All'interno del programma della Berlinale 2021, attualmente in corso in modalità online per stampa e professionisti (la componente fisica, per il pubblico pagante, è prevista per giugno, situazione sanitaria permettendo), c'è anche il ritorno di Pietro Marcello al documentario con Per Lucio, un ritratto degli inizi della carriera di Lucio Dalla, a quasi dieci anni dalla sua scomparsa (il cantante bolognese si è spento il primo marzo 2012).

Tra materiale d'archivio e interviste inedite, il film restituisce un ritratto personale e sincero di uno dei grandi personaggi della cultura italiana, argomento che è stato affrontato anche in sede di conferenza stampa virtuale, alla quale, insieme a Marcello, erano presenti il produttore Beppe Caschetto e l'amministratore delegato di Rai Cinema Paolo Del Brocco. Non si sono sbilanciati su possibili date d'uscita, auspicando solo che lo si possa vedere il più presto possibile al cinema. Con un'aggiunta su quella che sarebbe l'anteprima ideale: "Il mio sogno, e anche quello di Beppe, è di poterlo presentare in Piazza Maggiore a Bologna", dice il regista.

Un rapporto personale

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Per Lucio: un'immagine del documentario

Per Lucio è un progetto che Pietro Marcello ha inseguito a lungo, spinto da una passione per l'opera di Lucio Dalla che è presente da sempre: "Ho cominciato ad ascoltarlo da bambino, a otto anni sapevo già a memoria tutte le canzoni." I due si sono anche conosciuti, grazie a Toni Servillo: "Toni era amico di Lucio, e gli fece recapitare i miei primi due film. Un giorno mi arrivò una telefonata da parte di Lucio, che disse di aver apprezzato La bocca del lupo. Da lì si arrivò al primo incontro di persona, e presentammo anche il film insieme, a Bologna. Quando penso a quel film lo associo sempre a Lucio." Anche per il produttore Beppe Caschetto c'è una componente personale: "Per me è un sogno che si realizza, sono bolognese e ho conosciuto Lucio." Per Paolo Del Brocco non era difficile accettare il progetto: "Il film parla da solo. Per noi era importante continuare a lavorare con un autore a cui teniamo, come Pietro. E Dalla è una delle figure più importanti dell'immaginario italiano." E proprio l'Italia è protagonista del film a pari merito con Dalla, come spiega il regista: "Lucio ha raccontato il paese. Era un po' come Hemingway, andava in mezzo alla gente e raccontava ciò che vedeva."

Una lavorazione complessa

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Per Lucio: un'immagine

Come da consuetudine con il cinema di Marcello, le immagini d'archivio hanno un ruolo importante ("Mi sento più archivista che regista", dice a un certo punto), e in questo caso la lavorazione è stata particolarmente complessa, e per certi versi incompleta: "C'è ancora qualche piccolo intervento da fare, ma sono contento del film." Se per le interviste, realizzate in loco a Bologna, ha influito la situazione sanitaria ("Il margine per muoversi in città era limitato"), per i contenuti d'epoca ci sono state altre difficoltà: "La questione degli archivi è molto delicata, ci sono alcuni materiali che non abbiamo ancora trovato. Si lavora con la pellicola, e in alcuni casi non esiste più. Da quel punto di vista è preziosa la lezione della Cineteca di Bologna, bisogna conservare i materiali." A proposito di materiali, come mai nel film ci sono solo alcune canzoni di Dalla? "Non era possibile inserire tutte le canzoni, e non per motivi legati ai diritti. Io volevo raccontare l'inizio della carriera di Lucio, e dare voce a Roberto Roversi [poeta bolognese e collaboratore di Dalla dal 1973 al 1976, n.d.r.], che molti non conoscono."

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Film o documentario?

A Marcello viene fatta una domanda su una scritta che appare all'inizio dei titoli di testa: "un film documentario". Perché la precisazione, quando la consuetudine è di celare la menzione della forma documentaristica nei credits? Risponde il regista: "Sono legato al documentario, ed è quell'esperienza che mi ha salvato sul set di Martin Eden, perché lavorando nel documentario si è abituati agli imprevisti. Detto questo, per non esiste separazione di sorta, considero il cinema un corpo unico." C'è chi ancora si interroga sulla scelta di raccontare solo una parte della storia di Dalla, al che il cineasta reagisce così: "Ci sono e ci saranno diversi progetti sulla vita di Lucio: altri documentari, biopic, eccetera. Quello che vedete nel mio film è ciò che io ho scelto di raccontare, su un periodo specifico."