Se Past Lives fosse una canzone, sarebbe un brano di Lucio Dalla: una coperta di parole con cui riscaldarsi dal freddo del rimorso, della distanza, del ricordo che svanisce. Come le canzoni di Lucio, anche il film di Celine Song si alimenta del sapore della possibilità, di ciò che poteva essere ma che forse non sarà più. Un oggetto che ti scivola tra le mani senza possibilità di riafferrarlo; una sospensione eterna, mentre il tempo scorre, gli occhi incrociano altri sguardi e il cuore inizierà a battere al ritmo di altre vite. Ci sarà l'intrusione di un ricordo, l'apertura di un cassetto della memoria dal quale usciranno pensieri, dubbi, ipotesi su come sarebbe stata la vita se fossimo rimasti, se avessimo continuato a parlare. Past Lives è dunque un Domani, un Cara, un Quale allegria, un insieme di versi e ritornelli che già Dalla aveva offerto in dono alla sensibilità altrui, raccontando l'illusione di un rapporto in essere, ma che forse non sarà mai.
Star lontano da lei non si vive. Stare senza di lei mi uccide
C'è una leggenda coreana che vive nello spazio di due anime destinate a ritrovarsi, ma a non restare; è quella dell'In-Yun, secondo la quale la connessione tra due persone in questa vita è collegata alle loro interazioni in altre vite. Un pensiero non lontano da quello del filo rosso del destino (Unmei no akai ito) secondo cui ogni persona porta, fin dalla nascita, un invisibile filo rosso legato al mignolo della mano sinistra che lo lega alla propria anima gemella. E così, per quanto ti allontani, per quanti altri corpi abbraccerai, in quanti altri occhi ti perderai, ci sarà sempre quell'altra parte di te che (r)esiste nell'attesa di rivederti, ritrovarti, riconoscerti.
Di bianco vestita lei, di nero lui (e viceversa) è perfino nella rappresentazione visiva, attraverso un elemento così ordinario come quello del vestiario, che i due protagonisti di Past Lives sembrano incarnare una complementarietà da yin e yang; tutto nel film della Song parla di ritorno, di ritrovamenti, di nomi che si dimenticano e abbracci che riaccendono ricordi. Ma Nora e Hae Sung sono due anime promesse in tempi sbagliati. Se è vero che i due sono legati da quel filo, non lo sono in questa esistenza. Ed è proprio questo pensiero intrusivo a radicarsi nella mente di Hae Sung, per sedimentarsi fino a sbocciare in un fiore di rimpianto. Un rimorso per non essere arrivato in tempo, per non aver insistito durante le conversazioni su Skype, per non aver reso quell'esistenza il tempo di quel legame.
Past Lives, l'esordio di Celine Song sull'amore che si trasforma ma non si distrugge
Quale allegria, se ti ho cercato per una vita senza trovarti
Se Past Lives prende e parla direttamente al cuore dello spettatore, è perché si avvale di un linguaggio universale, realistico, di una storia presa in prestito dal quotidiano, scevra di sensazionalismi e di inutili edulcorazioni. Nessun lieto fine; nessun "e vissero felici e contenti": Hae Sung e Nora vivono e basta. Ed è quel richiamo di ulteriore rimpianto, di un sentimento che persiste, ma non si concretizza, a innescare il processo affettivo nel proprio pubblico richiamando in esso momenti intimi, memorie latenti, sentimenti per anni soffocati. Ci sono attimi in cui ricorriamo a formulazioni insensate e avanziamo pretese assurde per nascondere sentimenti lineari; e così l'amore sospeso, celato, rinnegato si fa mare in un giorno di pioggia. È cipria passata sopra la paura; paura di non piacere, di essere respinti. Se la si toglie, restiamo solo noi, con il nostro eterno spavento.
Tutti abbiamo avuto una Nora; e tutti abbiamo avuto un Hae Sung: tutti abbiamo rincorso, cercato nello spazio della fantasia un nome a cui aggrapparci per continuare a sperare, e su di lui modellare realtà alternative. E a rincorrersi, cercarsi, allontanarsi e poi ritrovarsi sospinti da un destino che li vuole insieme sono anche Marianne e Connell, i protagonisti di Normal People.
Dormi ora, stella mia. Prima che il giorno ti porti via
È nel semplice e normale scaturire di un amore destinato a perdersi, ritrovarsi, appassire per poi rifiorire in una palingenesi continua, che risiede la straordinaria unicità di una serie come Normal People. Traduzione visiva delle parole scritte da Sally Rooney (che ha annunciato per l'autunno il nuovo romanzo, Intermezzo), il legame tra Marianne (Daisy Edgar-Jones) e Connell (Paul Mescal) si imprime tra i confini di uno sguardo intimo, ma mai inopportuno, su quella che, da relazione privata, si eleva ad alchimia universale, fatta di lacrime che scorrono su visi arrossati, sguardi bassi e timidi, baci rubati e altri mai dati.
Filtrati dalla cinepresa di Lenny Abrhamson, i due si fanno corpi mutilati, assemblaggi di dettagli e primissimi piani; dopotutto, è nelle piccole cose, toccate o sfiorate, che si sente battere il cuore di Normal People, mentre a vestire quella dualità dei protagonisti è un'atmosfera sospesa, di complice intimità, generata al ritmo di una passione che brucia, e di un petto che si gonfia di timore non appena le spalle si girano, e l'assenza viene colmata dal ricordo. Quella di Marianne e Connell è una storia che non ha niente di speciale; è un ottovolante dell'ordinarietà che trascina il proprio pubblico nella sua folle corsa, dialogando con fantasmi di un passato sigillato in cassetti mnemonici, e riesumando frammenti di amori perduti, o mai nati.
Chissà, chissà domani, su che cosa metteremo le mani
E il rincorrersi, l'autoconvincersi di essere solo amici, quando amici forse non si è stati mai, è un leitmotiv che sconfina dal mondo della serialità per ritornare nel campo della Settima Arte. Ancor prima di frammentarsi in tanti episodi (qui la nostra recensione della serie Netflix), One Day è stato un film diretto da Lone Scherfig e con protagonisti Anne Hathaway e Jim Sturgess. Ancora due destini separati da una testardaggine di fondo che racconta ai due giovani una fiaba dell'addio con cui sopportare i mesi che passano nell'attesa di un incontro.
Emma e Dexter sono pertanto due anime vaganti, due corpi che si perdono tra i continui sentieri dei labirinti di un sentimento che vorrebbe essere di amicizia, ma che in realtà vede crescere le radici dell'amore. Per quanto consapevoli di questo sentimento incalzante, Emma e Dexter continuano a tradire il filo rosso che li lega, lo rinnegano, lo ignorano: ma quell'incontro a Edimburgo nel 1988 è stato la miccia che ha acceso il fuoco del destino, quell'In-Yun che li ha scelti, destinati, e non solo per un solo giorno all'anno.
Noi come voi, aspettando che il sole smonti diciamo guarda che bei tramonti
Un legame messo in pausa, di due amori che fanno giri immensi e poi ritornano, è anche quello che - dopo Vienna - in Prima del Tramonto ha dovuto aspettare il suo compiersi nello spazio angusto dello Shakesepare's Company a Parigi. Capitolo intermedio di una trilogia dedicata alle fasi di nascita, ritorno e stasi di un amore quasi trentennale, l'opera di Richard Linklater immortala i propri protagonisti perdutosi e ora ritrovatisi per caso, o per destino. Come in Past Lives vi è chi ha aspettato (Celine) e chi invece è scappato, si è rinnamorato, spezzando momentaneamente quel filo rosso che li avrebbe tenuti uniti nonostante le porte di un treno chiusesi alla stazione di Vienna (Jesse).
L'innamoramento giovanile nello spazio di una notte, in Before Sunset - Prima del tramonto viene sostituito da un tramonto che sa di rinuncia e rimpianti, di un amore nato e rinviato con la paura che tutto sfumi nuovamente, svanendo nel tempo di un ciao che sembra un addio. Ma Celine (Julie Delpy) e Jesse (Ethan Hawke) sono due metà della stessa mela; hanno solo dovuto aspettare nove anni per accorgersene. A differenza dei protagonisti di Past Lives, i protagonisti di Linklater trovano il coraggio di andare oltre alla potenza di un abbraccio, distruggendo i rimorsi, eliminando i rimpianti. Lo scopriremo in Before Midnight dove nonostante il tempo passato, la saturazione di un amore che pare aver detto tutto, i due continueranno a guardarsi negli occhi e ricucire un filo che si stava per sfilacciare, perdendo le proprie fibre tessili.