Non ho mai…: 5 ragioni che la rendono speciale

Individuiamo le cinque ragioni principali per cui Non Ho Mai... su Netflix, è una serie da vedere e seguire.

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Non ho mai...: una foto di scena della serie Netflix

In un periodo concitato e bisognoso di emozioni come poteva essere solo la primavera del 2020, Netflix sganciava un fiore all'occhiello del suo investimento distributivo nella branca teen, la serie ideata dall'attrice e autrice Mindy Kaling con Lang Fisher: Non ho mai... Accolta con recensioni positive, la serie, che narra le avventure di un'adolescente americana di origine indiana che vorrebbe essere meno nerd e più popolare, ha superato egregiamente la prova di emotività del momento storico in cui è uscita ed è giunta, nel luglio scorso, alla sua terza stagione, classificandosi tra le più viste su Netflix. Con un cast di tutti quasi sconosciuti, a cominciare dall'assoluta protagonista, la sempre in crescita e all'epoca delle riprese, esordiente Maitreyi Ramakrishnan, non si può certo dire che debba il suo seguito ai visi riconoscibili.

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Non ho mai...: una foto di scena della serie Netflix

Due anni fa, della serie sapevamo solo che traeva spunto proprio dall'adolescenza di Mindy Kaling che ha sempre tratto molta della sua ironia spiazzante dalle sue origini indiane e le vere e proprie gag di cui si compone la sua vita. Non ho mai... non è solo invecchiata bene ma sta aumentando i suoi fan ed è per questo che abbiamo individuato 5 ragioni che rendono speciale questa serie, la cui ultima stagione, la quarta, è stata già confermata da Netflix come in lavorazione.

1. La vita di Devi narrata da John McEnroe

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Non ho mai... 2: una scena della serie

Lo abbiamo detto sin dalla recensione della prima stagione: ascoltare il tennista di fama mondiale John McEnroe fare da narratore, critico, contrappunto delle gioie e i dolori della nostra protagonista, Devi (Maitreyi Ramakrishnan) è tra le trovate più geniali della serialità televisiva da un bel po' a questa parte. La scrittura pungente di Mindy Kaling regala a McEnroe un piglio sarcastico e ironico quanto basta per anticipare o criticare i sentimenti di Devi. Come se non bastasse, quando la serie, per qualche episodio, decide di allontanarsi momentaneamente dalla ragazza per spostare il fuoco su di un altro personaggio, il narratore, come è giusto che sia, cambia e le scelte sono ancora più azzeccate. Basti pensare ad Andy Samberg per Ben nelle stagioni 1 e 3 o Gigi Hadid per Paxton Hall-Yoshida (Darren Barnet) nella stagione 2.

2. La lezione di John Hughes

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Non ho mai... - un'immagine della terza stagione

Mindy Kaling, il suo corso in teen movie anni 80' alla scuola di John Hughes sembra averlo seguito approfonditamente perché nonostante gli ovvi e sentiti omaggi a quei film, lei e Lang Fisher fanno un salto oltre il mero riproporre quelli che potremmo definire degli standard da commedia al liceo. Aggiungono, evolvono, facendo tesoro di quel cinema e della lezione appresa ma rendendosi conto che il mondo là fuori è cambiato. Sì, dunque, al sognare il bello della scuola (in questo caso Paxton Hall Yoshida) ma sì anche all'essere nerd senza rinnegarlo, senza voler per forza cambiare. I sogni si fondono con la vita reale e Non ho mai... ci ricorda che a volte nella tempesta di drammi e ormoni di cui si compone l'adolescenza, conquistare l'uomo dei sogni potrebbe non essere abbastanza, nel percorso verso l'età adulta. Tutto sommato, dopo che Jake in Sixteen Candles - Un Compleanno da Ricordare è andato a prendere Samantha (Molly Ringwald) al matrimonio della sorella, non sappiamo se i due poi, sono diventati una coppia perfetta. Mindy Kaling usa Non ho mai... per provare a raccontare che vivere una relazione, amare se stessi, capire chi si ama e chi si vuole è la sfida più grande.

3. Il conflitto tra integrazione e tradizione

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Non ho mai...: una scena tratta dalla serie Netflix

Gli Stati Uniti sono un melting pot di culture, religioni, lingue. La loro multietnicità fa sì che alcune etnie siano ormai inglobate nella società tanto da diventarne parte integrante. Oltre a latino-americani, ispanici e afro-americani, la comunità asiatica è molto forte e quella indiana soprattutto, pur totalmente inserita, conserva tradizioni, usanze e religione del paese d'origine. Come lo sappiamo? Grazie al modo in cui Mindy Kaling, forte delle sue proprie origini ( seppur nata a Cambridge negli USA, entrambi i suoi genitori sono indiani) ci ha aperto le porte di casa della protagonista Devi Vishwakumar e ci ha mostrato le difficoltà di questa generazione, nel bilanciare la propria globalizzante americanità con la tradizione.

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Non ho mai...: Poorna Jagannathan e Maitreyi Ramakrishnan in una scena della serie Netflix

Non ho mai... mostra gioie e dolori dell'appartenere ad una comunità che pur fondendosi con il paese che l'ha accolta, non rinuncia a se stessa. Nel corso di tre stagioni, attraverso Devi in primis ma anche grazie ai suoi familiari, tra cui la madre Nalini (Poorna Jagannathan) e la cugina Kamala, la serie tocca tasti dolenti come i matrimoni combinati e la complicata emancipazione femminile e al tempo stesso combatte stereotipi su abilità e difetti da sempre attribuiti alle persone indiane.

Non Ho mai... 2, la recensione: Devi la pazza è pronta a diventare la migliore versione di se stessa

4. È una vera dramedy

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Non ho mai...: Niecy Nash in una scena della serie Netflix

Parlare di dramedy, di perfetto bilanciamento tra commedia e dramma, è di moda nell'ultimo periodo ma trattare argomenti seri con il ridendo e scherzando di cui si è sempre servito magistralmente il compianto Ettore Scola è impresa, nella sua messa in scena, veramente ardua. Molti la tirano in ballo ma pochi riescono veramente a riprodurla sul piccolo schermo. Già nella recensione della prima stagione di Non ho mai..., sottolineavamo come la serie, pur prediligendo i toni della commedia, era riuscita a rendere bene, ad esempio, il percorso arduo e di alti e bassi che è l'elaborazione del lutto.

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Non ho mai... - una foto di scena della terza stagione

Devi e' sommersa dai mille piccoli problemi e disagi della sua adolescenza ma il trauma per la scomparsa violenta del padre, morto d'infarto davanti ai suoi occhi, non riesce ancora a darle tregua. Di stagione in stagione anzi, Devi attraversa un diverso stadio di maturazione del dolore e questo rispetto per la perdita e per le sofferenze che costellano la vita di tutti i componenti la serie, è di sicuro una delle ragioni del suo successo.

5. La coralità

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Non ho mai...: una scena della serie Netflix

Non ho mai... è Devi Vishwakumar, non ci sono dubbi al riguardo, lo testimonia stesso la presenza costante di John McEnroe che ci garantisce che il centro di tutto rimanga lei. Senza mai perdere il fuoco però, la serie si gioca bene le carte della coralità e a partire dalla prima stagione, con un culmine nella seconda, ha letteralmente approfittato dei personaggi attorno a Devi, dalla mamma e la cugina fino alle sue migliori amiche e compagni di scuola, per aumentare il carico di temi da trattare, cose da dire, percorsi da affrontare. Attraverso Ben (Jaren Lewison) possiamo scoprire il difficile confronto con le alte e inarrivabili aspettative di un padre assente.

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Non ho mai...: una scena della serie

Con Fabiola (Lee Rodriguez) invece assistiamo al cammino verso l'accettazione della sua omosessualità e poi, successivamente, di se stessa nella sua interezza. E potremmo ancora andare avanti poiché ogni singolo personaggio in Non ho mai...è sia stimolo per la crescita di Devi sia occasione perfetta per numerose riflessioni tra cui, in pole position, la difficoltà dell'essere adolescente e/o donna al giorno d'oggi.

Non ho mai... 3, la recensione: la vera sfida di Devi è piacere a se stessa