Recensione Videodrome (1983)

Il mondo di Videodrome è un universo instabile e terrificante, un circo catodico programmato per soggiogare le menti dei milioni di telespettatori americani, o solamente per condurli alla follia.

Nel tempio della chiesa catodica

Controllo della psiche, aberrazioni mentali, mostruose allucinazioni e una realtà varia e mutevole che si trasforma a ogni pie sospinto in qualcos'altro. Il mondo di Videodrome è un universo instabile e terrificante, un circo catodico programmato per soggiogare le menti dei milioni di telespettatori americani, o solamente per condurli alla follia. E' ciò che sperimenta sulla propria pelle Max Renn (James Woods), dirigente di un piccolo canale privato che lotta per sopravvivere nella giungla dei networks guadagnandosi audience a colpi di pornografia e nefandezze varie, finché, in modo apparentemente casuale, incappa nelle trasmissioni pirata di Videodrome. Quelli che a prima vista sembrano semplicemente sadici snuff movie nascondono, in realtà, un complesso progetto di controllo progressivo delle menti umane attraverso l'uso della televisione, veicolo privilegiato di diffusione del morbo di Videodrome, e Max, suo malgrado, si trasformerà in una pedina di questo gioco perverso.

Profeta visionario o geniale precursore dei tempi, David Cronenberg realizza un'opera di straordinaria attualità che contiene in germe tutte le ossessioni del suo cinema: dominio della tecnologia, perversioni sessuali, immersioni nel subconscio, fenomenologia della malattia (sia fisica che mentale) si intrecciano in un magma angosciante e visionario che culmina nella metamorfosi di Max Renn che, da semplice spettatore/addetto ai lavori, diviene braccio armato del Videodrome fino a sublimarsi in "videoparola che si è fatta carne". E se la nuova carne, come ogni culto che si rispetti, esige un sacrificio umano, sarà Max, custode e sacerdote della nuova dottrina, ad immolarsi alla sua causa perché chi ha scrutato nelle profondità dell'abisso catodico ha scoperto che l'immagine, in fondo, è più vera della realtà che ci circonda. L'iperrealtà creata dalla tv si manifesta violentemente sin dall'incipit con la sveglia della segretaria di Max che, grazie ad un videotape precedentemente registrato, gli ricorda gli appuntamenti della giornata. La stessa Nicky, affascinante e perversa conquista di Max, appare per la prima volta in uno schermo tv, così come la più suggestiva creazione di Cronenberg, il professor O'Blivion, dilaniato dal cancro di Videodrome e destinato a sopravvivere esclusivamente nei nastri registrati prima di morire.

All'ossessione per gli schermi, duplice simulacro della realtà e del cinema (il cinema, in quanto regno dell'immagine, viene eletto da Cronenberg al rango di "vero"), si affianca l'ossessione per il carne e la sangue. Ecco che, grazie al Videodrome, Max Renn si trasforma in una massa informe pronta a fondersi con il metallo della pistola che tiene in mano o ad aprire le proprie cavità per accogliere i videotapes destinati a riprogrammarne la mente. L'ossessione del complotto e la fagocitazione dell'individuo in un disegno diabolico teso al controllo dell'umanità accomunano Videodrome al di poco successivo Essi vivono di John Carpenter, altra pellicola indubbiamente debitrice della filosofia Cyberpunk. A differenza del pamphlet politico vivacemente genuino, artigianale e raffazzonato in perfetto Carpenter style, Videodrome è un prodotto già discretamente raffinato, intriso di riferimenti filosofici e cinematografici che lo assimilano al postmoderno, è pervaso da un'atmosfera angosciante acuita da inquadrature strette che fotografano ambienti cupi, soffocati da apparecchiature tecnologiche e immersi in una narcotizzante luce rossastra che avviluppa progressivamente ogni cosa fino al secco finale che interrompe la pellicola. "Morte a Videodrome, gloria e vita alla nuova carne"

Movieplayer.it

4.0/5