Da quando i computer sono parte integrante della cultura contemporanea gli hacker sono diventati i deus ex machina preferiti dagli sceneggiatori di tutto il mondo. Una cassaforte non si apre? Ci pensa l'hacker! Servono le mappe di una prigione? Cerchiamole in rete! Pilotare in remoto navi, aerei e auto? Basta che qualcuno digiti furiosamente sulla tastiera per qualche secondo e il gioco è fatto. Inoltre di solito queste imprese non avvengono con i computer che usiamo ogni giorno, ma su terminali dotati di interfacce coloratissime in cui nessuno utilizza un mouse e i virus sono rappresentati da icone con il teschio. Il perché è presto detto, l'hacking, quello vero e proprio, non è abbastanza appassionante, non è emozionante, insomma è poco televisivo. Sono solo righe di codice incomprensibili che si susseguono su uno schermo nero, scritte da persone che non hanno né il fascino degli attori di Hollywood né le caratteristiche tipiche di quei ridicoli luoghi comuni che ancora sono associati alla parola "nerd".
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Basta coi finti hacker!
Per questo quando ci siamo avvicinati a Mr. Robot eravamo pronti a un articolo che ne elencasse tutti gli errori e i cliché. E invece sembra proprio che questa nuova serie TV di USA Network renda finalmente giustizia alla hacking culture risultando talmente gradita al pubblico che è già stata confermata la seconda stagione. D'altronde Sam Esmail, creatore della serie, ha dichiarato che Mr. Robot nasce proprio dalla sua frustrazione di fronte alla pietosa caratterizzazione che il cinema ha da sempre riservato agli hacker e all'informatica. L'altra sua grande fonte d'ispirazione è stata poi l'idea che la tecnologia e la rete possono cambiare il mondo, concetto che l'autore ha maturato dopo gli sconvolgimenti della Primavera Araba. Esmail è infatti egiziano e quando è rientrato in patria dopo i recenti mutamenti politici ha avuto modo di parlare con alcuni suoi parenti che erano stati parte attiva della rivolta. Ha potuto toccare con mano la loro passione e la voglia di rinnovamento, e questo ha reso ancora più forte il suo desiderio di scrivere una storia che avesse un hacker come protagonista.
Piacere sono Elliot, sociopatico
Mr. Robot segue le vicende di Elliot (Rami Malek), un ragazzo dalla doppia vita. All'apparenza è solo un impiegato della AllSafe, un'azienda che si occupa di sicurezza informatica per grandi compagnie, ma un po' come Clark Kent la sera veste i panni di un giustiziere informatico. Grazie a queste sue abilità come hacker, Elliot infatti è in grado di carpire informazioni su chiunque gli stia attorno, dalla ragazza minacciata dagli spacciatori, alla terapista che sta iniziando a vedersi con un uomo che in verità nasconde un'altra famiglia. Abbiamo citato la sua terapista non a caso, Elliot infatti non è una persona propriamente equilibrata, anzi. Per fortuna non ci troviamo però di fronte all'ennesimo sociopatico in stile Dr House tutto battute, cinismo e misantropia, ma a una persona realmente disturbata che evita il contatto umano e cerca di contenere la propria ansia sociale con le bugie, l'isolamento e ogni tipo di sostanza. Insomma pur avendo alcuni lati positivi non è la classica simpatica canaglia né il piccolo genio con cui lo spettatore è solito empatizzare, ma piuttosto un personaggio che attraverso il proprio disagio e i conflitti interiori aggiunge realismo e veridicità alla narrazione.
La "tranquilla" routine di Elliot a base di hacking e morfina viene sconvolta quando entra casualmente in contatto con Mr. Robot, interpretato da Christian Slater, il leader di un gruppo di hacker chiamato Fsociety. Questo team, palesemente ispirato ad Anonymous, punta a radere al suolo la E Corp, un'azienda enorme che potrebbe rappresentare una delle tante multinazionali con interessi e agganci di ogni tipo. Elliot rimane affascinato dalla loro missione visto che abbattere la E Corp, una delle aziende che in teoria lui dovrebbe proteggere con il suo lavoro alla AllSafe, è in realtà uno dei grandi obiettivi della sua vita. Tuttavia non ne condivide i metodi eccessivi che non tengono assolutamente conto dei danni collaterali e che si fondano sulla collaborazione con gruppi di hacker criminali e senza scrupoli.
Il primo "hacking-drama"?
Sin dalle prime puntate la vulnerabilità dei sistemi a cui affidiamo troppo facilmente la nostra identità e la privacy è uno dei punti centrali di Mr. Robot. Non c'è però niente di fantascientifico e paranoico in ciò che vediamo sullo schermo, lo stesso realismo e la ricerca di veridicità che gli autori hanno utilizzato per il personaggio di Elliot si ritrovano nelle scene di hacking che finalmente utilizzano una terminologia sensata e situazioni verosimili, fatte di attacchi Ddos, Linux, cellulari Android e backdoor. Infiltrarsi nei terminali di una megacorporazione non è più un lavoretto da ragazzi, ma prevede pianificazione, strategia, esperienza e rischi enormi. In poche parole Mr. Robot sta all'informatica come alcune serie TV stanno alla medicina: ne prende gli aspetti più affascinanti, li esalta con termini roboanti ma sensati e cerca di rendere il tutto plausibile e allo stesso tempo emozionante.
Mr. Robot sta all'informatica come alcune serie TV stanno alla medicina
Parte del merito di questo miracolo va senza dubbio alla colonna sonora, in grado di sottolineare i momenti più tesi con il ritmo ossessivo della musica elettronica e accompagnare quelli più onirici con brani che cullano la mente. Nella soundtrack curata dal compositore Mac Quayle, che ha lavorato anche per la serie American Horror Story e con Nicolas Winding Refn per Drive e Solo Dio perdona, troviamo Neil Diamond, Nancy Sinatra, la London Philarmonic Orchestra e molti altri intervallati con sequenze in cui viene invece dato libero sfogo al sintetizzatore e ai campionatori.
Manca solo Tyler Durden
Ma se l'hacking e il personaggio di Elliott sono resi alla perfezione, lo stesso non si può dire di quelli che ruotano intorno a lui. I primi problemi di Mr. Robot sorgono infatti quando, per dare corpo alla storia, si analizzano da vicino i personaggi secondari. Senza scendere troppo nello spoiler, è inevitabile avvertire un certo déjà-vu in alcune situazioni e caratterizzazioni. E' palese l'ispirazione a pellicole come Taxi Driver (soprattutto per i dialoghi interiori di Elliot) e Fight club. Del resto anche in Mr. Robot si profetizza la caduta della civiltà occidentale e l'annullamento di ogni debito, senza contare la presenza di ruoli femminili allucinati e nichilisti che ricordano Marla Singer o il fatto che Elliot a volte veda cose che sembrano esistere solo nella sua testa. Inoltre i presunti "cattivi" sono personaggi assurdi, sopra le righe, che mescolano American Psycho e Cinquanta sfumature di grigio e che appaiono totalmente distaccati dalla realtà, fuori posto rispetto al presunto realismo della serie.
E poi, anche in Mr. Robot, sono presenti quei mezzucci che ormai molte serie utilizzano per catturare l'attenzione degli spettatori, sfruttando il gusto di un certo pubblico per le scenette torbide che non hanno alcuna utilità narrativa. Anche qui non mancano quindi baci saffici, sesso esplicito di ogni tipo e colpi di scena a volte davvero improbabili. Tutto questo non impedisce però a Mr. Robot di essere una delle serie più interessanti dell'ultimo periodo non solo per la regia pulita che si concede solo qualche momento visionario, ma anche per le tematiche e la cura riposta nella parte dedicata all'hacking e ai computer. Insieme ad Halt and Catch Fire è il segno di come le cose nel mondo della narrativa televisiva stiano rapidamente cambiando e di come vi sia sempre più spazio per storie nuove e diverse, che sanno andare oltre il classico poliziesco, la spy story o i drammi ospedalieri. Peccato che, proprio come la serie di Cantwell e Rogers, al momento non sia prevista un'edizione italiana.
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Movieplayer.it
3.5/5