Recensione Millennium – Quello che non uccide: il ritorno di Lisbeth Salander

La recensione di Millennium - Quello che non uccide: l'antieroina creata da Stieg Larsson torna sullo schermo nel nuovo film della saga, interpretata da Claire Foy.

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Millennium - Quello che non uccide: Claire Foy in un momento del film

Millennium - Quello che non uccide è il terzo film di Fede Alvarez, basato sul quarto romanzo della saga letteraria ideata da Stieg Larsson. Sono passati tre anni dall'ultima volta che Lisbeth Salander (Claire Foy) e Mikael Blomkvist (Sverrir Gudnason) hanno lavorato insieme: lei continua a vendicare i torti subiti dalle donne a Stoccolma, mentre lui teme per il futuro della rivista Millennium, di cui rischia di perdere il controllo. Le loro strade si incrociano nuovamente quando Lisbeth viene incaricata di recuperare un software che potrebbe causare danni irreparabili nelle mani sbagliate, il che li porta ad avere a che fare con un gruppo criminale noto come Spiders, legato al passato violento di Salander...

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Millennium: si ricomincia

Andiamo con ordine: quasi dieci anni fa arrivarono in sala gli adattamenti svedesi della trilogia Millennium, esempio di successo del trend letterario dei polizieschi scandinavi. L'enorme successo commerciale dei libri, scritti dal compianto Stieg Larsson, e dei tre film (concepiti per la televisione e, nel caso del secondo e terzo capitolo, fortemente rimontati per la sala) portò la Sony a commissionare una versione in lingua inglese, affidata al regista David Fincher. Il risultato fu Millennium - Uomini che odiano le donne, un thriller brutale e molto nordico (per scelta esplicita di Fincher fu mantenuta l'ambientazione svedese, anche per girare il film) che portò alla consacrazione di Rooney Mara, candidata all'Oscar per la sua performance folgorante nei panni di Lisbeth Salander, precedentemente interpretata da Noomi Rapace. Gli incassi però non furono eccelsi (232 milioni di dollari nel mondo, meno di tre volte il budget che era di 90 milioni), e così si preferì non procedere subito con i due sequel già previsti (con la complicazione ulteriore degli altri impegni degli attori, in particolare Daniel Craig che è tuttora legato al franchise di James Bond).

Millennium Sverrir Gudnason
Millennium - Quello che non uccide: Sverrir Gudnason in una scena del film

Nel frattempo le cose sono cambiate anche a livello letterario: Larsson, prima di morire, era già a buon punto con il manoscritto del quarto romanzo, attualmente custodito gelosamente su un computer che la sua compagna, Eva Gabrielsson, rifiuta di consegnare al padre e al fratello dello scrittore, che controllano i diritti delle opere di Stieg (lei fu esclusa dall'eredità per motivi giuridici). La prosecuzione della saga è stata quindi affidata a David Lagercrantz, che ha firmato nel 2015 Quello che non uccide e nel 2017 L'uomo che inseguiva la sua ombra. E proprio da quel quarto romanzo si è deciso di riavviare la saga al cinema, con un film che è al contempo sequel e reboot parziale: Millennium - Quello che non uccide. Fincher è rimasto solo come produttore esecutivo, mentre in cabina di regia gli è subentrato Fede Alvarez, veterano della Sony grazie a La casa e Man in the Dark. È cambiato completamente anche il cast, con una componente internazionale accentuata: laddove il film di Fincher aveva attori prevalentemente angloamericani con sporadiche presenze svedese (Stellan Skarsgård su tutti), il nuovo episodio si limita a Claire Foy (Lisbeth), Stephen Merchant (Frans Balder), Cameron Britton (Plague) e Lakeith Stanfield (Edwin Needham) per gli attori di matrice anglosassone. Mikael Blomkvist ha le fattezze dello svedese Sverrir Gudnason, Erika Berger è la lussemburghese Vicky Krieps, e i cattivi di turno sono il danese Claes Bang e l'olandese Sylvia Hoeks (senza dimenticare un altro svedese, il divo nazionale Mikael Persbrandt, che ha un cameo nel ruolo del padre di Lisbeth).

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Non è la solita Svezia

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Millennium - Quello che non uccide: Sylvia Hoeks in una scena del film

Girato interamente nei teatri di posa di Studio Babelsberg a Berlino, il film ci restituisce una Stoccolma a tratti riconoscibile (un'inquadratura filologica lascia intravedere la sede della Norstedts, la casa editrice svedese dei libri di Millennium) ma in realtà nuova di zecca, coerente con il nuovo corso narrativo: questo è al contempo il sequel ufficiale del lungometraggio di Fincher e un nuovo inizio, con tanto di leggero retcon del passato di Lisbeth per dare un ruolo più importante e inquietante alla di lei sorella Camilla, un villain terrificante grazie al suo fare perfettamente impassibile. Non siamo più in territorio puramente larssoniano, con la rilettura svedese di una trama gialla alla Agatha Christie, bensì in un mondo internazionale a base di spionaggio e intrighi informatici, un universo in continua espansione che trasforma la saga in chiave più apertamente action. L'azione non sostituisce però del tutto l'introspezione, e bastano pochi secondi, conditi da frasi di brutale schiettezza, per renderci conto che i tempi saranno cambiati, ma il mondo di Lisbeth Salander non più di tanto.

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Lisbeth Salander, stesso tatuaggio, ragazza diversa

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Millennium - Quello che non uccide: Claire Foy in un'immagine del film

La protagonista, qui assoluta (l'unico difetto significativo è la riduzione al minimo sindacale del ruolo di Mikael, forse in vista di un'inversione dei ruoli nell'eventuale film successivo, dato che nel quinto libro è Lisbeth Salander ad apparire meno del previsto), è più matura, ma pur sempre caratterizzata da quella freddezza apparente che la rende paradossalmente amabile come personaggio di una saga nerissima nata come critica esplicita della misoginia (il primo romanzo di Larsson contiene, all'inizio di ogni sezione, dati statistici dell'epoca sulla violenza nei confronti delle donne). Millennium - Quello che non uccide non è propriamente un prodotto legato al movimento #MeToo, dato che la lavorazione è iniziata prima degli eventi dello scorso autunno, ma è innegabile che Lisbeth sia tornata nel momento giusto, per vendicare simbolicamente decenni di soprusi e relativi insabbiamenti. E sebbene dispiaccia non rivedere Rooney Mara, l'interpretazione di Claire Foy aderisce abbastanza fedelmente al prototipo: una donna forte e al contempo vulnerabile, in apparenza distaccata ma in realtà molto attenta a ciò che accade intorno a lei. Una donna che sopravvive, a volte a fatica, e che si appresta a riconquistare le sale con il suo concetto molto personale di giustizia. Bentornata, signorina Salander.

Movieplayer.it

3.5/5