Man in the Dark, parla Fede Alvarez: "Penso già al sequel de La casa"

In occasione dell'uscita del nuovo thriller-horror prodotto da Sam Raimi, abbiamo fatto due chiacchiere con il regista, già autore del remake de La Casa.

Classe 1978, l'uruguayano Fede Alvarez ha mosso i primi passi nel cinema realizzando nel 2009 il cortometraggio Ataque de Pánico!, disponibile su YouTube. Successivamente ha firmato un contratto con Ghost House Pictures, la casa di produzione di Sam Raimi, che l'ha portato a esordire nel lungometraggio con La casa, controverso ma popolare remake dell'esordio dello stesso Raimi. A tre anni di distanza è tornato dietro la macchina da presa con Man in the Dark, un'altra pellicola da brivido che ad oggi ha già incassato nei soli Stati Uniti quasi 60 milioni di dollari, sei volte il suo budget. In occasione dell'uscita italiana, Alvarez ci ha concesso la possibilità di parlare con lui di questo film molto particolare.

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Da dove viene l'idea per questo progetto?

"Ho vissuto tutta la mia vita in Uruguay, dove situazioni come questa sono un problema quotidiano. Non è un paese particolarmente violento ma ci sono moltissimi furti, all'interno di abitazioni, automobili e così via. Mi piaceva l'idea di prendere dei personaggi molto comuni, come sono appunto i ladri in questo film, e trasformare la loro esperienza quotidiana in qualcosa di molto cinematografico, che è il motivo per cui il proprietario della casa è cieco."

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Com'è riuscito ad adattare la storia a un ambiente nordamericano?

L'elemento-chiave è stato scegliere la città di Detroit, che per certi versi è un paese del Terzo Mondo all'interno degli Stati Uniti. Mi ricorda molto Montevideo, dove sono nato e cresciuto, per via delle fabbriche e del successo industriale seguito da un collasso economico. Si dice che gli scrittori parlino di ciò che conoscono ed essendo originario dell'Uruguay avevo bisogno di una città che mi ricordasse il più possibile casa mia.

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È stato meno stressante lavorare su un soggetto originale anziché un remake, dato che la seconda categoria viene sempre criticata a priori?

Molto meno stressante. Ma anche quando ho girato La casa non ero tanto stressato, perché ero felice di poter realizzare un film. Mi sentivo un po' come Rocky quando affronta Apollo Creed: lui perde l'incontro ma è felice lo stesso e per me era uguale perché, a prescindere dal risultato, avevo comunque avuto l'opportunità di lavorare a Hollywood. Sicuramente è stato più facile lavorare a questo film in quanto non c'erano limiti, nel senso che quando ho girato La casa ero libero di fare ciò che volevo a patto che ci fossero certi elementi associati alla saga, come il Necronomicon e i demoni. Man in the Dark invece è un'idea originale ed è costato poco più della metà di Evil Dead: l'unico limite era la mia immaginazione. Mi sono chiesto ad un certo punto se il pubblico avrebbe avuto voglia di vederlo ed è molto gratificante sapere che c'è un interesse per questo film.

Com'è cambiato il suo rapporto professionale con Sam Raimi da un film all'altro?

Era molto più presente per La casa, anche perché non avevo molta esperienza come sceneggiatore e quindi lui mi ha accompagnato fin dall'inizio con suggerimenti e consigli. Su questo film invece ha avuto un ruolo minore ma comunque fondamentale, perché è stata la prima persona a cui ho fatto vedere il montaggio provvisorio e mi ha aiutato a migliorare il film con alcune idee in post-produzione. È un'ottima persona da avere al proprio fianco.

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Lei ha anche lavorato con Robert Rodriguez su Dal tramonto all'alba - La serie, in televisione. C'è una differenza rispetto al cinema?

La televisione ha ritmi molto più serrati, il che è un ottimo esercizio tecnico. Inoltre ho avuto modo di passare del tempo con Rober, ed è parlando con lui che ho deciso di fare Man in the Dark, perché io mi chiedevo quale sarebbe stato il mio prossimo film e lui mi ha consigliato di fare l'esatto contrario di quello che va di moda oggi al cinema. Non mi andava di fare un film su una famiglia tormentata da un fantasma, come succede nella maggior parte degli horror.

Man in the Dark: Stephen Lang in una scena del film
Man in the Dark: Stephen Lang in una scena del film

Questa voglia di diversificare sarà applicata anche a progetti futuri? Il sequel di Evil Dead è ancora in cantiere?

Assolutamente sì. Una volta fatta una certa cosa, si cerca di fare qualcosa di diverso: è così anche nella vita. In ogni caso non inizierò subito a lavorare al mio prossimo film, molti dei miei registi preferiti si prendevano delle pause di alcuni anni tra un progetto e l'altro e secondo me questo ti impedisce di girare spazzatura. Per quanto riguarda invece il sequel de La Casa, ne parliamo regolarmente ma per ora non c'è nulla di concreto. In ogni caso si tratta di un universo che non mi dispiacerebbe affatto rivisitare.