Michael Vartan baratta la pistola con lo stetoscopio

Da Alias ad Hawthorne, ruoli, carriera e passioni dell'attore di origine francese in un faccia a faccia nell'ambito del Roma Fiction Fest 2010.

Francese d'origine, ma americano d'adozione, Michael Vartan viene da una famiglia in cui l'arte non manca di certo: figlio di un musicista ed una pittrice, ma soprattutto nipote da parte di padre della cantante Sylvie Vartan. Un background che non stupisce per un attore di professione, che nel corso degli anni si è saputo dividere tra cinema e televisione, e che è diventato noto soprattutto per il ruolo dell'agente Vaughn di Alias, che l'ha visto impegnato per cinque anni accanto a Jennifer Garner, con la quale ha avuto anche una relazione tra il 2003 ed il 2004.
Dall'anno scorso ha iniziato una nuova avventura televisiva in Hawthorne, serie creata da John Masius ed in onda in USA sul canale TNT, composta da una prima stagione di dieci episodi e da una seconda la cui programmazione è appena iniziata in patria. Una serie che arriverà in chiaro in Italia su Cielo la prossima primavera e che racconta la vita ospedaliera dal punto di vista della infermiere, quelle che materialmente vivono il quotidiano della vita dei pazienti; categoria alla quale appartiene la sua protagonista Christina Hawthorne a cui dà il volto Jada Pinkett Smith.
E' proprio l'aspetto quotidiano e protettivo della vita ospedaliera che sembra voler sottolineare la produzione, come sembra confermare l'iniziativa di sostengo alla croce rossa per la prevenzione ed assistenza in caso di emergenze di cui la serie si fa promotrice.
Tranquillo e rilassato, Vartan ha risposto con disponibilità a tutte le nostre domande, cominciando proprio dal suo ultimo ruolo, quello del chirurgo Tom Wakefield.

Ci parla del suo personaggio in Hawthorne? In cosa è diverso dagli altri ruoli della sua carriera? Michael Vartan: Il mio personaggio in Hawthorne si chiama Tom Wakefield ed è il capo del reparto di chirurgia. Possiamo dire che la sua funzione principale sia di tenere sotto controllo il personaggio di Jada, Christina Hawthorne, che è il capo delle infermiere, sotto controllo, perchè si tratta di una mina vagante. I due hanno molte discussioni e litigi, perchè sono entrambi al comando del proprio campo, ma sebbene entrambi abbiano lo scopo principale di aiutare i pazienti, intendono farlo in modi diversi. E' un personaggio diverso da quelli che ho interpretato in passato, possiamo dire che ho barattato la pistola con lo stetoscopio, quindi non è altrettanto pericoloso, ma più interessante e sento che invecchiando come attore i miei ruoli stanno diventando più complessi. Amo Mai stata baciata e Quel mostro di suocera, sono film che mi sono divertito a girare, ma mi piace l'idea di lavorare a qualcosa più significativo: in molti casi mi limitavo a stare in un angolo e sorridere, mentre in Hawthorne ed in show come Alias almeno ho l'opportunità di recitare.

In USA è da poco iniziata la seconda stagione della serie. Che novità ci sono nei nuovi episodi? Che evoluzione avrà il suo personaggio? Michael Vartan: Senza anticipare troppo, il primo anno è stato incentrato maggiormente sulla presentazione dei personaggi, dando la possibilità allo spettatore di capire chi fossero, come interagissero tra loro e come fosse strutturato l'ospedale, mentre nella stagione due tutto diventa più intenso. Anche lo stile di ripresa cambia radicalmente: la prima stagione era molto statica, mentre nella nuova stagione c'è molta più confusione. Inoltre il mio personaggio dovrà affrontare qualcosa di grosso, un incidente che non posso rivelare, ma che cambia la sua vita, oltre a molte altre cose con cui deve confrontarsi e decisioni da prendere. Anche il suo rapporto con Christina diventa molto più intenso in modo molto diverso. La seconda stagione si sta rivelando molto più divertente da girare ed è completamente diversa dalla prima.

Sin dalla scorsa estate sono nate diverse nuove serie a sfondo medico, che affrontavano l'argomento in modo diverso l'una in modo diverso rispetto all'altra, da Hawthorne a Nurse Jackie fino alle più recenti Mercy e Miami Medical. Pensa che dipenda dalla fine di un caposaldo del genere come E.R. - Medici in prima linea? Michael Vartan: Sì, è possibile. E.R. è stata una serie andata avanti per quindici stagioni, un tempo lunghissimo, non riesco nemmeno ad immaginare di poter lavorare così a lungo a qualcosa. E' stato una parte importante della cultura televisiva americana ed ha sicuramente lasciato un vuoto importante, ma ci sono molti show validi nel settore, come Grey's Anatomy e Nurse Jackie, oltre a molti altri che forse non arriveranno mai in Italia perchè non sono altrettanto buoni. Sinceramente non saprei dire perchè è un genere così popolare, forse perchè si ha a che fare con la vita e la morte e le emozioni che questo comporta saranno sempre interessanti e coinvolgenti per gli spettatori. Alla fine però penso che quello che piaccia siano i personaggi, se il pubblico non riesce a relazionarsi con loro o capirli fino in fondo, non guarderà la serie, indipendentemente da quello che si racconta. Devono riuscire ad appassionarsi a quanto accade tra i personaggi, che sia un poliziesco, o fantascienza o un medical drama, è quello che appassiona il pubblico. Ma non saprei dire perchè ci sono così tanti show con ambientazione ospedaliera, è un fenomeno strano.

In questo panorama così vasto, in che modo Hawthorne si differenzia dalle altre serie con ambientazione ospedaliera? Quali sono i suoi punti di forza e le sue debolezze? Michael Vartan: La forza del nostro show credo sia Jada. E' una forza della natura! E' incredibile nella serie, io scherzo sempre chiamandola "Super Infermiera", perchè è sempre alle prese con tantissimi problemi da risolvere, suoi e della figlia, ma in qualche modo riesce anche a gettarsi tra le lamiere per salvare un bambino da un'auto in fiamme! Sul serio è un personaggio fantastico ed un ruolo stupendo per una donna, ma lei è anche una donna forte e di talento nella vita reale, una personalità potente, anche se in dall'apparenza minuta... sarà un metro e sessantacinque ad essere generosi, ma ha una presenza fortissima che buca lo schermo, che lo spettatore può percepire. A parte questo, credo che un punto di forza sia che Hawthorne sia la storia di un'infermiera, l'esponente di una categoria che nella vita reale non riceve medaglie o riconoscimenti, anche se in definitiva sono quelle che restano accanto al paziente mentre sta recuperando. I dottori sono le superstar, ma le infermiere sono il collante che tiene insieme l'ospedale. Inoltre la madre di Jada è infermiera nella vita reale e credo sia stata una grande ispirazione per lei, per onorarla ed in qualche modo raccontare la sua storia. Avevo quasi dimenticato questo dettaglio, ma in definitiva credo sia uno dei motivi che l'hanno spinta ad accettare questo ruolo. E queste credo siano i nostri punti di forza. Quanto alle debolezze... non ne abbiamo! Forse sono io! (scherza) Seriamente, forse il punto debole è proprio che si tratta di un medical drama, quindi ha i vincoli del suo genere di appartenenza.

Come dice Jada Pinkett Smith è una figura molto forte, sia come persona che come personaggio, ed altrettanto è Jennifer Garner, con cui ha lavorato a lungo in Alias. Come gestisce il rapporto con queste figure femminili così forti durante la lavorazione? Michael Vartan: Valium! (scherza) Devo dire di essere stato molto fortunato nella mia carriera nel lavorare con delle donne così forti e di talento, appunto Jada e Jennifer, ma anche Jennifer Lopez e Jane Fonda per esempio. Il punto che hanno in comune è che sono tutte delle persone gentilissime: la forza che si vede su schermo scompare non appena il regista urla "cut", perchè sono veramente molto disponibili, con cui è facilissimo andare d'accordo. Forse perchè capiscono di essere pagate tantissimo per fare quello che hanno sempre voluto fare e non hanno niente di cui essere infelici, quindi sono rilassate e gentili e si comportano di conseguenza. Certo ci sono le dive ad Hollywood e tutti sentiamo storie di isterie, ma io ho lavorato con persone che si sentivano fortunate per quello che avevano ed a mia volta mi sento fortunato, quindi nel mio caso non è stato per niente difficile.

Lei è stato per diversi anni associato ad una serie di successo come Alias. In che modo l'essere legato ad un personaggio di quella serie sta influenzando la sua carriera attuale? Michael Vartan: Penso che nel mio caso abbia avuto solo un impatto positivo. Capisco perfettamente quello che dici e ci sono molti amici e colleghi a Los Angeles che hanno questo problema: per esempio Matthew Perry sarà per sempre Chandler Bing di Friends nella sua carriera, dovesse anche intepretare un serial killer che uccide sua madre. Ma il mio caso è diverso perchè non ero la star dello show, lo era Jennifer, ed anche se lei è riuscita ad intraprendere una carriera di successo al cinema, per molti sarà sempre Sidney Bristow. Anche se il mio personaggio era presente nello show, non ne era il personaggio principale ed è facile per la gente dimenticare e vedermi fare qualcosa di diverso. Almeno spero...

Nell'eventualità a cui si accennava di un reboot di Alias, chi vedrebbe nei ruoli principali? Michael Vartan: Come dicevo, credo che noi siamo ancora abbastanza giovani da poter lavorare alla serie, non trovi? Non è passato tanto tempo, Victor Garber potrebbe ancora mettermi k.o. e Jennifer è ancora bellissima. Penso che sarebbe veramente strano. Se è vero che vogliono farlo, credo sia veramente triste per Hollywood perchè vorrebbe dire che nessuno riesce ad essere creativo, che nessuno riesce a farsi venire una nuova idea da sviluppare, se veramente hanno intenzione di fare il reboot di uno show che era in onda non più tardi di cinque anni fa. Usate l'immaginazione! Che so, fate una serie su un veterinario, nessuno ha mai fatto uno show su di loro! Io penso che sarebbe una pazzia rifare Alias, ma se proprio qualcuno vuole fare, gli auguro buona fortuna.

Lei ha lavorato sia nel cinema che nella televisione. Le piace alternare i due ambiti o preferirebbe concentrarsi maggiormente su uno dei due? Michael Vartan: Invecchiando forse preferisco maggiormente la televisione, perchè c'è più regolarità: si lavora dal lunedì al venerdì, si ha il week-end libero, l'estate libera e si può avere una vita normale, se si vuole. Dal punto di vista creativo il cinema è molto meglio, si ha più tempo per analizzare il personaggio, per provare, quindi si lavora in modo più profondo e consapevole, confrontandosi con il regista e gli altri attori. Molto dipende da che tipo di attore sei: se sei la star di una serie di successo, come può essere Hugh Laurie di House, in estate quando la tua serie è in pausa riesci a fare un film da quindici milioni di dollari e quella è una situazione invidiabile, perchè già si riesce a guadagnare due, tre, anche quattromila dollari a settimana e poi si ha il tempo per lavorare anche a film di successo. La mia situazione è diversa. Anche quando Alias era in onda, durante la pausa bussavo alle varie porte per cercare di fare qualche film, e poi al rientro dopo le vacanze ci si diceva "hey, cosa hai fatto durante l'estate?" e c'era chi raccontava di aver lavorato ad un film, Jennifer diceva "io ho fatto un film con Mark Wahlberg" e così via ed io pensavo "oh, andate al diavolo!" (scherza). Il cinema è molto più magico: si va in location affascinanti, io per esempio ricordo di aver girato un film con i fratelli Taviani a Firenze venti anni fa, ed è stato fantastico stare tra i campi della Toscana, sulle colline. E' qualcosa che non potrei mai fare in televisione a Los Angeles. Per la mente, lo spirito e l'anima i film sono molto meglio, ma se parliamo solo di lavoro, la TV è molto meglio.

C'è un personaggio nell'attuale panorama televisivo americano di cui le piacerebbe vesteri i panni? E perchè? Michael Vartan: Bourne, di The Bourne Identity, quello è un gran ruolo! Adoro Matt Damon, è perfetto per la parte, probabilmente è il mio attore preferito. E' uno di quelli che è tra le star più gettonate eppure non ne senti mai parlare sulle riviste, che riesce a vivere una vita molto tranquilla e normale. Quella di Bourne è una gran serie, un po' come Alias.

Prima nella conferenza stampa di apertura del festival ha accennato ai mondiali di calcio. E' un appassionato di sport? Quali segue maggiormente? Michael Vartan: Sì, adoro gli sport! Ricordo di aver guardato la mia prima partita ai mondiali del 1978. Non ricordo la partita inaugurale di quei mondiali, ma la finale fu tra Argentina ed Olanda, con un grandissimo Mario Kempes. Ma ho sempre amato il calcio, perchè sono cresciuto in Francia ed è parte della cultura, come qui in Italia, e quando mi sono trasferito in America ho giocato a calcio, ma lì non è molto sviluppato e non lo seguono molto. Questi mondiali sono molti diversi dagli altri del passato, con risultati molto bizzarri. La squadra francese non mi ha stupito, perchè è un po' pazza, molto emotiva, ma l'Italia è stata una sorpresa, perchè avevate un girone relativamente facile, che potevate vincere con le riserve. Ora spero che vinca l'Olanda, perchè hanno avuto diverse occasioni, ma credo che questa sia quella giusta per loro. Poi hanno quella maglia arancione così assurda, sembrano i tizi che lavorano sulle autostrade (scherza).

In cosa la vedremo prossimamente? Ha lavori in uscita o in produzione? Michael Vartan: Bè, sto lavorando alla mia abbronzatura (scherza). No, seriamente, non c'è niente di concreto. E' un periodo un po' difficile ad Hollywood, nessuno ha realmente soldi per fare qualcosa e ci sono molte meno opportunità che in passato. Hawthorne è di nuovo in onda e credo che nel giro di un mese o due sapremo se sarà rinnovata per una terza stagione. Se sarà così, potrò tirare un sospiro di sollievo, altrimenti dovrò trovare assolutamente qualcosa. Da una parte mi piace il non sapere in che direzione andrà la mia vita, ma è anche una difficoltà del mestiere di attore, il pensare in questo caso "che farò se Hawthorne sarà cancellata? Che personaggio interpreterò da qui a quattro anni?"

Che tipo di personaggio le piacerebbe interpretare come prossima esperienza lavorativa? Michael Vartan: Ora, che non sono più giovanissimo e le ginocchia iniziano a far male, penso che mi piacerebbe fare commedie. Ho lavorato ad una commedia un paio di anni fa che non è stata ancora distribuita ed è stato molto divenrtente. La differenza è che ogni giorno vai sul set, ti diverti e scherzi con i colleghi. Non avevo mai girato una commedia prima e mi è piaciuto tantissimo, per la prima volta mi sono veramente divertito lavorando. Recitare è bello, interessante, ma è anche difficile perchè devi sempre fingere di essere qualcun altro, immedesimarsi nei suoi problemi e nei suoi drammi; se devi piangere in una scena devi pensare a qualcosa di triste, per esempio alla morte di tuo padre, è un modo strano di guadagnarsi da vivere. Ma la commedia non è niente di tutto questo, semplicemente ridi e ti diverti.