Matthias & Maxime: amicizia, identità e desiderio secondo Xavier Dolan

Nel suo nuovo film, Matthias & Maxime, Xavier Dolan racconta l'educazione sentimentale di due amici trentenni e l'eterna difficoltà nel riconoscere e definire se stessi.

Yeah, then I saw love disfigure me/ Into something I am not recognizing

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Matthias & Maxime: un primo piano del film

In Matthias & Maxime, poco dopo la prima mezz'ora, c'è una scena in apparenza poco importante, ma che funziona da cartina al tornasole della forza emotiva contenuta nel cinema di Xavier Dolan. Maxime, il personaggio interpretato da Dolan stesso, è seduto su un autobus quando i suoi occhi incrociano quelli di un altro passeggero. Potrebbe trattarsi di un piccolo segnale d'attrazione, e infatti all'inizio lo sguardo viene ricambiato, quando di colpo lo sconosciuto muta espressione e Maxime, dopo qualche istante di smarrimento, si accorge di un rivolo di sangue che gli scende dalla fronte, fino a confondersi con l'ampia voglia rossa che gli occupa la guancia destra.

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Matthias & Maxime: un momento del film

Quel barlume di romanticismo si infrange di colpo contro una barriera d'imbarazzo: il giovane si nasconde al resto del mondo tirandosi su il cappuccio, mentre nel volto dell'altro si intravedono tracce di pietà, o magari di rimpianto. Sono passati in tutto due minuti, nel corso dei quali non viene pronunciata una sola sillaba, ma la scena non potrebbe essere più eloquente: non solo ci illustra l'insicurezza di Maxime, simboleggiata da quella macchia scura sul volto, ma lo fa ponendoci accanto a lui, facendoci avvertire quel saliscendi di sensazioni contrastanti che si alternano nell'arco di pochi secondi. E offrendoci al contempo, con una serie di campi e controcampi, la focalizzazione dell'altro passeggero. Più che a 'spiegare' i suoi personaggi, Xavier Dolan è interessato a farci sentire cosa provano, ma non basta: ci richiede anche di 'partecipare'.

Xavier Dolan: questione di empatia

Tom At The Farm: Xavier Dolan in una foto promozionale
Tom At The Farm: Xavier Dolan in una foto promozionale

È la caratteristica che fin dal suo esordio, J'ai tué ma mère, percorre tutto il primo decennio di filmografia del regista canadese trentenne, e che l'ha reso un autore in grado di suscitare, a seconda dei casi, accesi entusiasmi o altrettanto accese idiosincrasie. Amare o meno il cinema di Dolan significa in primo luogo voler bene ai suoi personaggi, comprenderne e condividerne passioni e turbamenti, o al contrario tenerli a distanza. Questione di empatia, insomma: quell'empatia che Xavier Dolan ha sempre riversato a piene mani nei confronti dei suoi protagonisti, che si trattasse dei ruoli di matrice autobiografica nei quali si è cimentato in veste di attore, della donna transgender di Laurence Anyways, del terzetto al centro del cult Mommy o del divo emergente de La mia vita con John F. Donovan, primo, vero fiasco (almeno in parte ingeneroso) di questo talentuoso cineasta.

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Matthias & Maxime: una foto di Xavier Dolan con il cast del film
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Matthias & Maxime: una scena del film drammatico

Matthias & Maxime, realizzato subito dopo la travagliata trasferta negli Stati Uniti e portato in concorso al Festival di Cannes 2019, conserva questo approccio irrinunciabile: tutto il film è vissuto attraverso la prospettiva dei due uomini del titolo, amici d'infanzia giunti ancora legatissimi alla soglia dei trent'anni. Matthias (Gabriel D'Almeida Freitas), di famiglia agiata e di bella presenza, è uno yuppie già inquadrato entro i codici di una tipica esistenza borghese (una carriera in ascesa come avvocato, una fidanzata con cui mettere su famiglia); Maxime si guadagna da vivere come barista, è intrappolato in un rapporto logorante con una madre aggressiva (la 'solita' Anne Dorval) con un passato di tossicodipendenza ed è in procinto di lasciare il Québec per cercare nuove opportunità - o, semplicemente, una maggiore serenità - in Australia.

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Il valore di un bacio

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Matthias & Maxime: un primo piano di Gabriel D'Almeida Freitas

Il film racconta dunque i dodici giorni che precedono la partenza di Maxime, anticipati da una sezione narrativa che funge da necessario prologo: sia per introdurci a Matthias, Maxime e alla loro piccola, affiatatissima cerchia di amici, sia per l'evento - un bacio a favore di telecamera da inserire in un cortometraggio - che innescherà una catena di interrogativi, di emozioni latenti e di complesse dinamiche relazionali. Complesse perché ambigue, mutevoli e influenzate da una pluralità di fattori che Dolan esamina con precisione chirurgica: l'omofobia introiettata, il senso di inadeguatezza, ma soprattutto la difficoltà di conoscere se stessi e di far luce sul proprio universo interiore. Una difficoltà che Matthias cela dietro l'aria posata, i completi da lavoro, la sufficienza un po' snob per le abitudini di quegli amici che all'improvviso avverte così distanti e puerili.

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Matthias & Maxime: la scena del bacio fra i due protagonisti
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Matthias & Maxime: una scena del film diretto da Xavier Dolan

Finora, Xavier Dolan aveva sempre calcato i sentieri del melodramma: dagli infuocati coming of age di J'ai tué ma mère e Les amours imaginaires alle sue vibranti declinazioni del melò sentimentale (Laurence Anyways) e familiare (Mommy, È solo la fine del mondo), dal thriller psicologico Tom à la ferme all'intreccio fra dimensione pubblica e privata de La mia vita con John F. Donovan. La storia di Matthias & Maxime è invece più quotidiana e sommessa, lo stile decisamente meno barocco, le passioni restano quasi sempre trattenute anziché liberarsi sulle note di una canzone pop. Le uniche 'esplosioni' sono scatenate da una lite tra madre e figlio e da una furiosa discussione durante un gioco di società: uno sfogo per la gelosia e la rabbia di Matthias all'indirizzo dell'amico che è in procinto di perdere.

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La legge del desiderio

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Matthias & Maxime: un primo piano di Xavier Dolan

È forse il motivo per cui l'ottavo lungometraggio di Xavier Dolan è stato bollato, in molti casi, come un film 'minore', ma anche ciò che lo rende un'opera tanto immediata, limpida e sincera, profondamente calata in una realtà in cui non è difficile ritrovare frammenti di noi stessi e delle nostre esperienze. Mentre i tratti distintivi del regista sono pur sempre riconoscibili: dai toni morbidi e avvolgenti della fotografia di André Turpin (al fianco di Dolan fin da Tom à la ferme) alla predilezione per i primi e primissimi piani, passando per l'uso delle canzoni come strumenti per evocare atmosfere e stati d'animo. E qui si distingue, in particolare, la dolcissima Song for Zula di Phosphorescent, scelta per connotare l'aperta manifestazione del desiderio fra i due protagonisti.

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Matthias & Maxime: Xavier Dolan e Gabriel D'Almeida Freitas in una scena
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Matthias & Maxime: un'immagine dei due protagonisti

Matthias & Maxime è infatti un film sull'amicizia, sull'identità, ma pure sulla natura fluida e insondabile del desiderio. Un desiderio che Dolan mantiene inespresso, e dunque vivo e pulsante, per quasi due ore: la scena del bacio davanti alla telecamera è troncata un attimo prima che le labbra dei due uomini si sfiorino; la conturbante presenza del giovane Kevin McAfee (Harris Dickinson) diventa lo specchio dell'omoerotismo represso di Matthias; e nell'epilogo, sospeso ma a suo modo compiuto e perfetto, alla tensione sessuale fra i personaggi si aggiunge un intero ventaglio di sentimenti. Sentimenti che non hanno bisogno di essere dichiarati e neppure definiti, ma ai quali in fondo basta quell'ultimo, liberatorio scambio di sguardi.

È solo la fine del mondo e il cinema di Xavier Dolan: emozioni fra immagini e musica