La casa di carta 3, recensione della serie Netflix: il fatto che sembri impossibile lo rende bello

La recensione de La casa di carta 3, serie tv spagnola su Netflix creata da Álex Pina: il Professore e la sua banda tornano per un nuovo colpo che sembra impossibile, ma per loro niente lo è.

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La casa di carta: un momento della nuova stagione

Madrid. 77 giorni all'ora zero. Comincia con questa scritta in sovraimpressione l'attesissima nuova e terza stagione della serie tv spagnola creata da Álex Pina, in streaming su Netflix di cui vi parleremo in questa recensione de La casa di carta 3. L'ora zero, per tutti i fan della serie, sono le 9 del mattino di venerdì 19 luglio. L'ora zero per il Professore e la sua banda è quella in cui un nuovo colpo verrà messo a segno. A 77 giorni da quel momento siamo a Madrid, dove, in un teatro, Arturo Romàn, cioè Arturito, il funzionario della Zecca di Stato sopravvissuto alla famosa rapina, è diventato una star e tiene un corso di autostima a un gruppo di persone.

Nel frattempo, ai Caraibi, Tokyo esce dall'acqua in bikini e fodero per il pugnale sulla coscia come Ursula Andress in Licenza di uccidere. In un senso o nell'altro, il mondo non si è ripreso dallo shock della rapina del secolo e sia chi è a Madrid sia chi si sta godendo il bottino in luoghi esotici porta ancora con sé i segni di quei giorni. La casa di carta 3 riparte da qui. Abbiamo visto in anteprima le prime due puntate su Netflix: la stagione 3 promette di essere adrenalinica e piena di sorprese come le prime due stagioni.

La trama: ho bisogno di rumore, di non sapere cosa farò domani

Ho bisogno di andare via, di rumore, di gente, di non sapere cosa farò domani.

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La casa di carta: un'immagine dal set

La trama de La casa di carta 3x01 si apre con Tokyo (Úrsula Corberó) e Rio (Miguel Herrán) che si trovano in un'isola dei Caraibi da due anni e si stanno godendo una sorta di pensione dorata. Ma anche il Paradiso può annoiare, soprattutto per un animo inquieto come Tokyo. "Posso essere la brava ragazza per molto tempo, ma poi si riempie il serbatoio della cattiva ragazza". Così Tokyo decide di lasciare il Paradiso, e il suo amato Rio, per rimettersi in gioco. E qui Rio fa uno di quegli errori, quelle debolezze che si fanno per amore: le dà un telefono satellitare, con la promessa di accenderlo ogni giorno alle sei del pomeriggio; uno lo terrà lui. Dovrebbero non essere registrati, ma non è così: l'Interpol lo intercetta, e manda la cavalleria ad arrestarlo. Così la banda si riunisce: il Professore (Álvaro Morte) aveva previsto anche questa ipotesi. La cattura e le torture di Rio sono una dichiarazione di guerra, e la banda è la Resistenza. La risposta è: rubare. Dirvi che cosa hanno in mente sarebbe... da arresto. E ci fermiamo qui.

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Dalle prime due stagioni alla terza

Le prime due puntate della terza stagione de La casa di carta sono piuttosto anomale rispetto alla struttura delle prime due stagioni (che, come saprete, erano una stagione sola, con gli episodi rimontati in modo da essere più brevi, il che aveva fatto dividere il racconto in due). Lì, fin dall'inizio, eravamo abituati a un'unità di luogo: tutta l'azione si svolgeva dentro la Zecca di Stato, con alcuni movimenti all'esterno. L'inizio della terza stagione è un saltare impazzito in varie parti del mondo, come un film di James Bond: Madrid, i Caraibi, la Pampa argentina, la Thailandia, Firenze. Ma è a Madrid che la banda è destinata a tornare. Gli amori sono già sbocciati, le coppie sono formate, consolidate, anche se la situazione è tale che, come abbiamo visto, il rischio è che possano spezzarsi.

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La casa di carta: un momento sul set

Nella storia, che gioca molto con il tempo, con una serie di flashback, ci sono tutti i protagonisti rimasti in vita alla fine della seconda stagione, e arrivano due new entry: Rodrigo de la Serna, che ricorderete nel ruolo di Alberto Granado ne I diari della motocicletta, è Palermo, un uomo legato indissolubilmente al Professore, ma anche a Berlino (Pedro Alonso). Najwa Nimri, indimenticabile in Apri gli occhi, è la donna che interroga Rio dopo la cattura. L'azione promette di essere avvincente come quella delle prime due stagioni. Il rischio, come accaduto nella stagione 2 di Stranger Things, è che ricalchi troppo lo schema narrativo della prima. Ma fin qui il Professore e i suoi ci hanno sempre sorpreso.

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Gli scacchi e l'aikidō

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La casa di carta: una scena della nuova stagione

È il Professore stesso a dirci, nei dialoghi delle prime puntate della terza stagione de La casa di carta, che cos'è il suo piano. Il colpo che ha in mente, come quello che ha messo a segno in passato, è una partita a scacchi: pezzi che muovono altri pezzi. Ogni mossa del Professore è fatta per far muovere in un modo preciso l'avversario. Ma la sua strategia è anche quella dell'aikidō: usare a tuo favore la forza del tuo nemico. La casa de papel è strategia, è intelligenza finissima, è una continua sorpresa dell'avversario. È per questo che, probabilmente, ci piace tanto.

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La sospensione dell'incredulità

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La casa di carta: un'immagine della nuova stagione

Ma per godere una serie come La casa di carta 3 è necessario stare al gioco. Le critiche più frequenti da parte dei detrattori della serie vertono sulla plausibilità della storia, sulla possibilità che questa banda di rapinatori possa manipolare a proprio piacimento la polizia e farla sempre sotto al loro naso. È chiaro che La casa di carta è un gioco che vive sulla sospensione dell'incredulità. Non è una serie televisiva realistica, ma iperbolica e simbolica. Álex Pina e il suo team hanno costruito un mondo con le sue regole. E sta a noi decidere di entrarci o meno. Come non chiediamo plausibilità e realismo a un film di supereroi o a un film di Tarantino, non dobbiamo chiederlo neanche a questa serie spagnola, ma abbandonarci alla visione e alle sue continue sorprese. Quando qualcuno fa notare al Professore che la nuova impresa che ha in mente è impossibile, si sente rispondere "È proprio il fatto che sembri impossibile che lo rende così bello". Se ci pensate, la chiave del successo de La casa di carta è tutta qui.

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La casa di carta: una scena sul set

Noi siamo la Resistenza

E poi è certamente in quell'anelito libertario che anima, dall'inizio alla fine, l'intera serie. Il Professore (che si leva la maschera di Dalì sul megaschermo senza paura di rivelare l'identità, come il Tony Stark di Iron Man) lo dice chiaramente, quando denuncia le torture subite da Rio: "noi siamo la Resistenza".

Nelle prime due puntate de La casa di carta 3 non abbiamo sentito ancora Bella ciao, simbolo della lotta partigiana (ma siamo sicuri che arriverà), ma è presente un continuo rifarsi a Robin Hood. La banda non lo fa solo a parole, ma mette in pratica il motto di rubare ai ricchi per dare al popolo, in quella che è la scena più spettacolare di questo inizio di stagione. In una delle sue lezioni, il Professore mostra alla sua banda come l'iconica divisa che hanno scelto, la tuta rossa e la maschera di Salvador Dalì, siano state usate in tutto il mondo come simbolo di protesta, come abbiano ispirato la gente nelle proprie battaglie. Ed è quello che è realmente avvenuto. La casa di carta non è solo un heist movie emozionante, è un'opera che ha intercettato il senso di sfiducia e disagio di molte persone verso banche, governi, istituzioni autoritarie. Mentre li vediamo entrare in azione, sulle note di You'll Never Walk Alone (inno di un'altra celebre squadra rossa, il Liverpool), capiamo che il Professore e la sua banda non saranno mai soli. Dalla loro parte hanno il Popolo.

Conclusioni

Dalla recensione de la casa di carta 3, di cui abbiamo visto le prime due puntate, avrete capito come la nuova stagione prometta di essere adrenalinica e piena di sorprese come le prime due. C'è l'entusiasmo di ritrovare personaggi amati e una trama avvincente. Il rischio, come in Stranger Things 2, è che lo schema narrativo sia troppo simile a quello delle prime due stagioni.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
3.5/5

Perché ci piace

  • Il fatto di ritrovare personaggi ben costruiti e quindi amatissimi.
  • Lo spunto per far ritornare in azione la banda è valido, e c'è la tensione giusta.
  • L'iconografia della serie, con le tute rosse e la maschera di Dalì, è vincente.
  • Lo spirito di Resistenza contro i soprusi che si respira durante tutta la serie.

Cosa non va

  • Il rischio è che lo schema narrativo della terza stagione sia troppo simile a quello delle prime due.