Approdo del Re a confronto sembra glaciale come Grande Inverno. Capitale del grande intrattenimento per quattro magici giorni, Napoli accoglie Liam Cunningham in un affollato e caldo abbraccio. Lui, che per mezzo mondo è soprattutto Ser Davos, abituato com'è alla neve, all'inverno che sta arrivando e a quel fedele mantello irrigidito dalla brina, avrà certamente gradito. Si presenta sorridente, affabile, gentile, quasi intimidito dal boato che lo accoglie sul palco dell'Auditorium CartooNa del Comicon di Napoli. Un inchino medievale, un sorriso e un gesto di umile ringraziamento, come se Ser Davos fosse lì, con occhiali da vista e giacca di pelle. Prima che la masterclass di Liam Cunningham abbia inizio, però, un brivido gelido attraversa la nostra schiena, perché esattamente 12 mesi prima lì, su quella stessa poltrona, sedeva Michael Cudlitz, arrivato a Napoli per sempre per presentare una settima stagione, quella di The Walking Dead.
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Sappiamo tutti la spiacevole fine del suo Abraham, per cui il timore che il celebre motto "vedi Napoli, e poi muori" possa ricadere anche sul povero Ser Davos si è palesato per un attimo davanti ai nostri occhi. D'altronde sappiamo bene che ogni anfratto di Westeros equivale ad un campo minato dove ogni personaggio è mosso da quel sadico spostatore di pedine di nome George R.R. Martin. Noi, però, confidiamo nel buon senso di David Benioff e D.B. Weiss, e speriamo che il nobile Ser Davos, personaggio silente, discreto e dotato di un eroismo mai sovraesposto, possa continuare ad elargire saggi consigli al fianco del redivivo Jon Snow. Forse l'unico personaggio che può vedere Napoli senza alcun timore per il suo destino.
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L'elettricista, il cartaio, il consigliere
Prima dell'arrivo di Cunningham sul palco del Comicon, un epico trailer introduce un personaggio che epico proprio non vuole essere. "Non sono un bravo combattente" dice Ser Davos in quelle sequenze, da buon uomo conscio di quello che non è, non sa e non si dovrebbe fare. Liam Cunningham ci pare dotato della sua stessa gentile umiltà. Un'umiltà di cui comprendiamo le origini quando l'attore irlandese racconta i suoi esordi da attore: "Tutto è iniziato quando mi sono annoiato di fare l'elettricista. Ho fatto quel lavoro in Africa per tre anni, poi, una volta tornato in Irlanda, ho capito che quella non era la mia strada, così mi sono dedicato alla recitazione. La cosa è partita puramente come hobby. Non pensavo fosse un lavoro, ma una distrazione. Amo recitare, amo essere parte di belle storie da raccontare ed è stato fondamentale partire dal teatro, sia perché in Irlanda e in Inghilterra è una tappa quasi obbligatoria, sia perché è bello recitare davanti ad un pubblico che diventa parte di un'esperienza. Però ammetto che, quando incontro persone che non guardano Il Trono di Spade e non mi riconoscono, mi imbarazza dire loro che sono un attore. Mi sembra quasi una parolaccia". Non sappiamo se sia solo la seconda, ma non è la prima volta che Cunningham viene in Italia. Nel 2004, infatti, è apparso nello sfortunato Il cartaio di Dario Argento, un film di cui ricorda soprattutto Roma: "Dario Argento venne a Londra per chiedermi di partecipare al suo film girato a Roma. Appena ho sentito Roma ho gridato subito: sì Roma! Mi ricordo soprattutto una scena girata con Stefania Rocca in Piazza del Pantheon. Io recitavo la parte di un ubriaco. Un irlandese ubriaco? Strano, eh? Camminavo con lei, cantavo e ricordo che davanti a tutta quella bellezza dissi a me stesso quanto fosse bello essere un attore".
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Davos, eroe silente
L'attesa è trepidante. Nell'aria si avverte il peso di centinaia di fiati sospesi. Arriva finalmente il momento de Il trono di spade e dal pubblico qualcuno lancia un impavido "spoiler, please!". Cunningham sorride divertito e dice: "Volete vedermi morire? Se mi azzardo non mi uccidono nella serie ma per strada". Passata la fame di curiosità, si arriva al suo Ser Davos, un ruolo di cui Cunningham subisce il grande fascino: "A dire il vero, mi sono presentato ai provini di Game of Thrones per un altro personaggio che appare nella prima stagione. La produzione mi ha rimandato alla stagione successiva dicendomi che era previsto un altro ruolo interessante. Inizialmente pensavo che fosse il classico grazie e arrivederci, ma non è stato così. Appena ho letto la sceneggiatura della seconda stagione ho capito che avrei amato quella parte. Sapete, vorrei tanto essere come Davos, perché è _un uomo d'onore, è un eroe silente che viene mai logorato dal potere. La serie ci dice che il potere è una droga e lui è immune a tutto questo. È una persona che non conosce ambizione personale e si distingue da tanti altri personaggi affetti da ambiguità morale. Ser Davos è leale, per questo serve sempre qualcun altro. Nell'interpretarlo mi sono ispirato tanto al ruolo di Robert Duvall ne Il padrino". Quando qualcuno gli chiede se immagina Davos seduto sul Trono di Spade, Cunningham risponde così: "_Davos sul Trono? Magari per pulirlo. Sapete, quella di chi siederà sul Trono di Spade è una domanda che ci poniamo tutti. Anche noi sul set ci guardiamo e ci poniamo gli stessi dubbi che vi ponete voi. Solo che lo facciamo in costume".
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Questo tomo non s'ha da leggere
È una domanda che abbiamo posto tutti. Una domanda che ci siamo sentiti fare tutti. Nessuno escluso. E nemmeno Liam Cunningham è scampato al rito di turno. Quando gli viene chiesto se abbia letto i romanzi di Martin, l'attore è divertito quanto sintetico: "No. Sono davvero troppo lunghi. La prima volta che ho incontrato George è stato in occasione della premiere della seconda stagione. Mi ha indicato da lontano e mi ha fatto segno di avvicinarmi a lui con il dito indice. Appena siamo di fronte mi ha chiesto se avessi letto i libri e gli ho detto di no. Sappiate che mi fa la stessa domanda ad ogni anteprima. Gli ho detto che li leggerò quando la serie sarà conclusa. Lui mi ha chiesto un report un volta che avrò finito". Sul fare parte di un fenomeno globale come Il Trono di Spade, Cunningham ha poi aggiunto: "Quando il mio agente mi propose questa serie con draghi, white walkers e streghe ero molto perplesso. Poi, dopo aver letto con estrema attenzione la sceneggiatura, mi sono accorto che non ha tanto a che fare con streghe e draghi, ma con famiglie, drammi, paranoie. Il Trono di Spade non è una serie su Westeros, ma sul nostro mondo. Avere l'opportunità di partecipare a questo progetto è favoloso, perché sul set abbiamo tutti la percezione del grande fenomeno globale che è diventato.
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Ormai non è più un semplice show televisivo, ma un imponente lavoro certosino pieno di realismo, curato in ogni dettaglio. Dai costumi al design. Solo per farvi un esempio, pensate che le monete di Bravos sono vere monete". Immancabile la domanda sullo stato di salute di Jon Snow: "Sta bene, sta bene. Molto bene, direi. Continuerò a fare il suo consigliere. Jon Snow è un bravo ragazzo così come Kit Harington è un bravo attore. Nel corso dello show è cresciuto come attore e come personaggio". Subito dopo, una domanda sadica chiede quanto il pubblico soffrirà nella settima e penultima stagione della serie. Cunningham replica: "Da zero a dieci? Undici. Diciamo la verità, voi amate soffrire. Pensiamo alle Nozze Rosse e a tutti quei video con le reazioni del pubblico apparsi su YouTube. Ecco, per noi è importante avvertire tutto questo vostro coinvolgimento emotivo. Il trono di spade non va visto. Va sentito". Infine, ecco arrivare un fumoso indizio sulla settima stagione: "Sappiate che la settima stagione sarà incredibile. La produzione ha investito tanti soldi per fare le cose ancora più in grande e per farvi vivere un'esperienza cinematografica da casa. Qualche curiosità sulla nuova stagione? Riguardate con estrema attenzione il finale della sesta stagione e poi analizzate il trailer della settima. Ci sono vari indizi. Usate l'immaginazione". Sicuramente lo faranno in tanti. Grazie per i suoi soliti, preziosi consigli, Ser Davos.