È pura controprogrammazione natalizia il debutto nelle sale, il 13 dicembre, de Il testimone invisibile di Stefano Mordini, ma la Warner lo incarta ugualmente per una scintillante presentazione sotto l'albero; di qui un sontuoso incontro stampa con tanto di set allestito all'uopo e maxischermo, con la partecipazione del regista e di tutto il cast principale. Il regista Stefano Mordini prosegue, con questo film, la sua collaborazione con Riccardo Scamarcio, già protagonista del suo Pericle il nero; nel cast, accanto all'attore pugliese, la splendida femme fatale del caso Miriam Leone e i due magnifici veterani Fabrizio Bentivoglio e Maria Paiato.
Rispetto ai suoi lavori precedenti, incluso Pericle il nero, presentato due anni fa nella sezione Un certain regard al Festival di Cannes, questo film - come potete leggere nella nostra recensione de Il testimone invisibile - rappresenta una bella virata di genere per Mordini: il film è un remake piuttosto fedele di un film spagnolo del 2016, Contratiempo, che tra l'altro è visibile su Netflix; ma se volete ammirare Scamarcio nei panni di un uomo di successo arrogante e sicuro di sé braccato dalla verità, Leone in quelli della sua affascinante e sciagurata amante, Bentivoglio in quelli di un padre affranto ma indomabile, e Maria Paiato che ruba la scena a tutti... dovrete andare in sala!
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A caccia di Adriano Doria
Mordini, il suo film sembra inquadrare i perosnaggi in schemi rigidi per poi rivelarne la complessità: è così?
Stefano Mordini: Sì, infatti abbiamo deciso di lavorare per sottrazione: ci sono dei momenti, piuttosto rari, in cui i personaggi esplodono, e l'impatto è maggiore proprio perché si sono controllati per il resto del film, misurando le emozioni. Non abbiamo improvvisato nulla sul set, era tutto era studiato a tavolino nei minimi dettagli; per me questa è stata una novità, perché nei miei precedenti lavori ho sempre lasciato un ampio margine di manovra agli interpreti.
Il più misurato e calcolatore, almeno all'apparenza, è il protagonista.
Riccardo Scamarcio: Avevamo una consegna rigida, quella di portare in scena i personaggi seguendo una frequenza ben precisa, che rispecchia la natura e l'andamento che del film, in base ai meccanismi tipici del giallo e del thriller Anche noi attori abbiamo lavorato nel rigore formale e devo ammettere che non mi era ancora capitato di fare un lavoro simile a quello affrontato con il personaggio di Adriano, che è un uomo che crede di avere il controllo degli eventi e proprio nel momento in cui raggiunge il vertice viene travolto dal suo stesso passato e dai fantasmi che credeva di essersi lasciati alle spalle.
D'altronde il film è un thriller psicologico rigoroso, con delle regole da rispettare. Ma è divertente fare un film così: avevamo dei tempi molto stretti in cui quali lavorare, e la tensione che veniva fuori era funzionale alle scene, a volte si sente proprio quella scarica di adrenalina. Gestire questa situazione è stato più facile anche perché io e Stefano avevamo già lavorato insieme.
Stefano Mordini: Infatti per me e Riccardo è stato un set all'insegna della continuità; in fase casting avevo già in mente lui, era l'attore giusto per il ruolo di Adriano.
Poker d'assi per un unico bluff
Per gli altri interpreti come è stata questa esperienza sul set de Il testimone invisibile?
Miriam Leone: È stato un privilegio per me entrare nella collaborazione stilistica formata da Mordini e Scamarcio, e anche lavorare con questo cast straordinario in location favolose come quella in Trentino ci ha uniti come gruppo, e così ha fatto Stefano che ci ha guidati da vicino, una battuta dopo l'altra, nei tempi, nei controtempi, nei silenzi e nelle luci e nelle ombre che ci sono nella storia. Del mio personaggio, Laura, ho amato molto la possibilità di scomporre varie facce, varie possibilità che di solito ci sono in una sola persona, cercando mettere un filo di luce nell'ombra e un filo d'ombra nella luce.
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Fabrizio Bentivoglio: Il mio personaggio, Tommaso Garri, è un uomo buono buono e generoso all'inizio della storia, ma dopo gli eventi tragici che lo colpiscono è costretto a prendere in mano le redini della propria esistenza, cercando di farsi giustizia da solo, perché vede che le indagini si arenano, e la polizia non sembra interessata a fare chiarezza sul caso.
Maria Paiato: Il mio personaggio, questa avvocatessa potentissima, Virginia Ferrara, è difficile già in partenza, così come è stato difficile trovare empatia con il suo carattere, ha un modo di porsi molto antipatico, dal momento in cui Adriano le apre la porta, e questo era il suggerimento che Stefano mi dava continuamente sul set: Virginia doveva apparire scostante e sprezzante, ma con delle piccole crepe misteriose, non casuali nella storia, che lasciano filtrare una grande energia che si spende alla ricerca affannosa dei dettagli, della verità. In estrema sintesi, e senza dare via troppo della trama possiamo dire che il mio personaggio usa il proprio coraggio e la propria spietatezza per necessità. Intelligenza e coraggio rendono questa donna un personaggio bellissimo.
Tra l'altro questo è il primo ruolo davvero importante che mi ritrovo a ricoprire al cinema, ma la mia esperienza a teatro mi ha aiutato a trovare l'approccio giusto. Il teatro, nella nostra storia, è un elemento cruciale approcciarmi alla preparazione. E proprio il teatro è, nella "nostra" storia, un elemento molto importante, e sono stata contenta di vedere come Stefano abbia abbracciato con me un approccio teatrale, e mi abbia diretta come spesso fanno i registi teatrali: mi è stato addosso, non mi ha mollato mai, ma io sono una soldatessa e vivo per quello.
Miriam Leone: Sì, è vero, Stefano è stato addosso un po' a tutti: seguire una linea molto specifica nella recitazione è come camminare in bilico su una linea sottile, sembra facile ma non lo è affatto. Il mio obiettivo sottile, per esempio, era aggiungere un'innocenza nella colpevolezza di Laura. Il testo è stato la nostra guida principale sul set, ma quello che detta il cuore può influenzare l'intera ricostruzione. Una magia che accade solo sul set, quando si lavora tutti insieme e si vuole dare il massimo per aggiustare i volumi della frequenza migliorare l'armonia.
La mia Laura non è solo una femme fatale, è un po' come la protagonista di Vertigo di Hitchcock, una "donna che visse due volte" la quale, dopo aver fatto un errore fatale, capisce che non può più tornare indietro e ritrattare. Il motivo della doppia faccia si rincorre fin dall'inizio, come del resto nel film si rincorrono i vivi e i morti, le ipotesi e la verità, il presente e il passato. Il racconto si evolve e lo spettatore può godersi lo spettacolo di un film che lo conduce dove meno si aspetta, nello stile dell'intrattenimento nel senso più nobile e puro del termine. Tra l'altro pur avendo studiato il copione a fondo, sono rimasta sorpresa vedendo il film finito, anche conoscendo già la storia non ti aspetti quello che può accadere da un momento all'altro.
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