Il primo appuntamento de Il clandestino, in onda su Rai1, è stato un successo: quasi 4 milioni di telespettatori e lo share che ha sfiorato il 20%. Numeri importanti, per una serie che, in parte, si distacca in modo intelligente dalle classiche fiction in prime time (come vi abbiamo raccontato nella nostra recensione). Il motivo? Come ha spiegato lo stesso Edoardo Leo, protagonista con il suo Luca Travaglia, "Il clandestino ricorda i polar francesi degli Anni Settanta, genere che mischia il noir con il poliziesco". La trama gira infatti attorno ad un uomo che, migrando da Roma a Milano, si reinventa ispettore privato. Segnato da un trauma profondo, incontra e si scontra con una Milano decisamente multietnica e urbana, affrontando diversi casi e diverse situazioni. Più in generale, si fa carico di quelle persone dimenticate, che lottano per ottenere un posto nel mondo.
Diretta da Rolando Ravello e creata da Renato Sannio e Ugo Ripamonti, Il clandestino sfrutta al meglio la dimensione milanese, rendendo la città una vera e propria protagonista: "Avevo già girato a Milano, e ultimamente è un set frequentato", racconta Ravello a Movieplayer.it. "Qui c'è però una Milano periferica, un minestrone di etnie e culture, italiane comprese, che forse non era mai stata raccontata dal cinema o dalla tv, nonostante sia invece cantata dalla musica. Penso ai rapper che arrivano da alcune periferie dove devi lottare per vivere".
Il clandestino: intervista ad Edoardo Leo e Rolando Ravello
A proposito di Milano, Edoardo Leo, nella nostra video intervista, dice che: "Milano è protagonista, e aggiungo: quando abbiamo iniziato a parlare della serie, Rolando mi ha detto che la sua passione erano i polar francesi. Rolando Ravello è il regista giusto per questa serie, e la Milano notturna è la migliore per una serie del genere". Nel panorama metropolitano de Il clandestino si incrociano diversi personaggi, alcuni buoni, alcuni cattivi e alcuni che invece giocano a fare i cattivi. Un cosmo decisamente contemporaneo per Rolando Ravello, che si aggancia alla terribile attualità che viviamo: "Purtroppo giocando a fare i cattivi, o ad essere cattivi davvero, muoiono i bambini. A Gaza quanti ne sono morti? Più di dieci mila. E quelli vivi, un domani, si vendicheranno. Non stiamo seminando pace, ma odio. Ecco, la serie in qualche modo ci sposta a ritrovare una certa empatia, verso chi abbiamo davanti".
Per Edoardo Leo è infatti l'ambiguità il tema principale de Il clandestino: "Questo è il tema fondante: niente è come sembra. Travaglia è abituato ai cattivi, li ha affrontati sul campo, toccando il terrorismo. Poi si rende conto che per la gente normale, la fascinazione del cattivo, è alta. Però poi quando incontri il cattivo vero, ti fai male".
Il clandestino, la recensione: Edoardo Leo versione Marlowe per un'ottima serie metropolitana
"Il fallimento? Un motore per ripartire"
Un altro tema della serie Rai, che trovate anche in streaming su RaiPlay, è poi il fallimento e la capacità di poter ripartire, reinventandosi. Ma come ci si reinventa, in Italia, se a 35 anni si è considerati esordienti? "In Italia fino a 35 anni sei un esordiente, qualunque cosa tu faccia, mentre a 50 anni sei morto. Se vieni licenziato a 50 anni, finisci a dormire in macchina. L'Italia ha un rage d'azione di quindici anni, ti devi muovere di corsa, sennò poi...", afferma Rolando Ravello.
Invece, Edoardo Leo, confida quanto sia importante sfruttare i fallimenti come motore per ripartire: "Quest'anno ho riguardato la mia filmografia... festeggio i trent'anni di gavetta. E ho capito che il tema del riscatto è presente in molti miei personaggi, scritti e interpretati. C'è però una cosa che contraddistingue Travaglia, ovvero l'accettazione del fallimento. Se non accetti il fallimento, galleggi. Ecco, uno dei motivi per cui è difficile reinventarsi in Italia è perché vediamo il fallimento come una sconfitta. Molto dipende da noi".