Recensione Due partite (2009)

Due Partite è una storia scritta per il palcoscenico ed interpretata da tutte le otto attrici con un impianto platealmente teatrale, difficile da digerire per il pubblico moderno ma capace di accontentare quelli che del teatro amano gli spazi e i tempi ristretti.

Il bello delle donne

Roma, anni '60. Quattro amiche intorno a un tavolo prendono il the e giocano a carte mentre le loro figlie piccole, nella stanza accanto, si divertono con le bambole, ritagliano le modelle dalle riviste e imitano le mamme indossando gioielli e scarpe coi tacchi. Tra una partita e l'altra si cantano le canzoni di Mina, si parla d'amore, si riflette sul sesso, sul matrimonio, sulla maternità, sull'essere mogli, amanti e compagne devote. Qualche volta volano frecciatine acide, critiche aspre, cattiverie gratuite e immancabilmente si litiga, qualcuno piange, ma poi basta un abbraccio e tutto torna come prima. La cinica del gruppo, Sofia (Paola Cortellesi), è una donna elegante e dura alle prese con un amante lunatico, con una madre autoritaria e un marito che detesta e che ha sposato solo per riparare una gravidanza inattesa, Claudia (Marina Massironi) è invece una mamma affettuosa e solare di tre figli ma moglie infelice di un marito fedifrago, Gabriella (Margherita Buy) è una donna frustrata che ha scelto il mestiere di mamma e di moglie sacrificando quello di pianista per favorire la carriera del marito musicista e tutte e tre si divertono a prendere in giro l'ingenua e imminente mamma Beatrice (Isabella Ferrari), una sognatrice incallita che crede nell'amore eterno, che si perde nelle pagine dei libri e ha sposato un uomo che anziché parlarle le scrive lettere.
Trent'anni dopo allo stesso tavolo si siedono le loro quattro figlie (Alba Rohrwacher, Carolina Crescentini, Valeria Milillo e Claudia Pandolfi), riunite nella stessa casa dopo la morte di una delle loro anziane mamme. Le bambine della stanza accanto sono cresciute e sono diventate donne. Dai loro discorsi emerge la stessa infelicità, la stessa insoddisfazione e la stessa malinconia di trent'anni prima. Pochi i sorrisi, tante le paure, le insicurezze, le difficoltà dei rapporti di coppia, la voglia di maternità.
A distanza di tanti anni e nonostante l'emancipazione femminile abbia fatto passi da gigante, essere donna costa ancora molta fatica e per alcune è una sfida troppo difficile da vincere. Due generazioni di donne a confronto, due partite avvincenti giocate intorno allo stesso tavolo, anche se le carte sono un po' cambiate...

Il teatro che diventa cinema non è cosa frequente in Italia, ma ogni tanto accade anche qui, quando il testo merita un approfondimento particolare. E' il caso di Due partite, la commedia teatrale tutta al femminile scritta e diretta da Cristina Comencini che dopo l'enorme successo di pubblico e critica diventa un film per il grande schermo diretto da Enzo Monteleone e interpretato da otto tra le migliori attrici italiane. Confronto generazionale tra madri e figlie che offre lo spunto giusto per un altrettanto interessante confronto, quello professionale, tra attrici di grande esperienza teatrale e cinematografica di diverse età.

Mina impazzava nelle radio con È l'uomo per me, Se telefonando e Un anno d'amore mentre gli angeli del focolare di quei favolosi anni '60 davano sfogo alle loro insoddisfazioni per poi trasformarsi in donne sull'orlo di una crisi di nervi degli anni '90. Tutto quello che le donne non dicono viene fuori in questo doloroso psicodramma generazionale a tinte forti ambientato, in due diverse epoche, tra le quattro mura di un ovattato salotto borghese della Roma bene. Grida isteriche, scenate e sfoghi d'insofferenza interrotti a intervalli regolari dalle doglie della Ferrari, che d'improvviso urla, si alza dal tavolo da gioco e si sdraia sul divano e le amiche tutte intorno a lei; le interruzioni sembrano quasi tattiche, paiono chiedere alle ostilità di cessare per un momento prima di rischiare di degenerare.
Un meccanismo ad orologeria quello che coinvolge le quattro attrici protagoniste del primo episodio, più colorato, più frizzante e assai meno 'pesante' rispetto al secondo, più cupo e drammatico, intriso di disillusione e di grigiore sentimentale. Due partite è una storia nata per il palcoscenico ed interpretata da tutte le otto attrici con un impianto platealmente teatrale, difficile da digerire per un pubblico moderno ma capace di accontentare tutti quelli che del teatro amano gli spazi e i tempi ristretti e del cinema l'atmosfera magica e lo spiccato realismo. Sono le attrici con la loro innata comicità ad instillare qualche sorriso negli occhi dello spettatore, non il testo, né le situazioni descritte. Si viaggia velocemente con la mente, ci si arrabbia, poi ci si ferma a riflettere e spesso ci si commuove, tutto nel giro di pochi secondi.

Monteleone 'regge' bene il compito assegnatogli, ci mette la sua esperienza e il suo puntiglioso sguardo maschile riuscendo nel difficile compito di confezionare una regia misurata e mai troppo manieristica. Curatissimi i costumi e il look delle attrici, un po' troppo 'telefonata' la colonna sonora, fondamentale il lavoro di montaggio che alterna (troppi) primi piani a piacevoli caroselli in pianosequenza intorno al tavolo da gioco. Mancano gli uomini, esseri quasi alieni di cui si parla continuamente ma che non si vedono mai. Una rivincita? Una piccola vendetta? Non è chiaro.
Le donne si sono evolute, sono cambiate, ma non sono più felici di prima. Gli uomini sono sempre assenti, come prima e più di prima. Non c'è un perché solo un dato di fatto, le Due Partite finiscono in pareggio.

Movieplayer.it

3.0/5