Due Partite: dal teatro al cinema una commedia tutta rosa

Presentato a Roma Due Partite, il film diretto per il grande schermo da Enzo Monteleone tratto dall'omonima commedia teatrale tutta al femminile scritta e diretta da Cristina Comencini. Protagoniste nei ruoli di madri e figlie otto grandi attrici, le migliori interpreti del cinema italiano contemporaneo.

Dapprima la piéce teatrale in due atti che ha riscosso un grande successo di pubblico, poi l'uscita del libro (nel settembre del 2006 edito da Feltrinelli) e oggi il film. Tutto questo per raccontare l'universo femminile, per mostrare quanto sia difficile in ogni epoca essere donne, madri, mogli, amanti e soprattutto figlie. Il film, come la commedia teatrale e il libro, racconta infatti due epoche, gli anni Sessanta e quella odierna, delinea due modi diversi di guardarsi allo specchio, due modi diversi di essere donne. Due Partite narra infatti di uno dei tanti giovedì pomeriggio di quattro amiche sulla trentina che sin da piccole ogni settimana si ritrovano per giocare a carte, mentre nella stanza accanto le loro figlie piccole giocano a imitarle. Un po' acide e un po' complici tra loro, le quattro amiche approfittano di quelle che dovrebbero essere ore di svago per punzecchiarsi, per raccontarsi gioie e dolori, per sfogare le loro frustrazioni, per confidare i loro segreti e finiscono inevitabilmente per litigare e spesso anche per parlar male dei propri mariti. Esattamente come si ritrovano a fare le loro quattro figlie trent'anni dopo, quando si ritrovano al funerale di una delle loro anziane mamme.
Protagoniste di questa commedia dolce-amara a tratti assai toccante ma tutta rigorosamente in rosa nel ruolo delle quattro madri Margherita Buy, Marina Massironi, Isabella Ferrari e Paola Cortellesi, quest'ultima new entry rispetto all'opera teatrale che vedeva al suo posto Valeria Milillo che qui nel film interpreta invece una delle figlie. Al suo fianco nei ruoli delle più giovani Claudia Pandolfi, Alba Rohrwacher e la biondissima Carolina Crescentini. A presentare il film alla stampa tutte le attrici, insieme all'autrice dell'opera teatrale Cristina Comencini, ai rappresentanti di Cattleya (società produttrice del film) e al regista Enzo Monteleone regista de La vera vita di Antonio H. e di El Alamein - La linea del fuoco nonché collaboratore e sceneggiatore dei film di Salvatores. Due Partite sarà nelle sale da venerdì 6 marzo in 200 copie distribuito da 01 Distribution.

Perché dopo aver scritto e diretto la piéce teatrale e poi scritto il libro Cristina Comencini decide di far dirigere un film così suo e tutto al femminile da un altro regista e per di più uomo?

Cristina Comencini: Proprio per questi motivi ho lasciato che fosse Enzo a dirigere il film. Dalla storia che ho scritto per il teatro avevo già tirato fuori tutto quello che mi interessava, per questo ho voluto che fosse un uomo a guardare queste donne e i loro mondi dalla sua prospettiva, a tirar fuori la forza drammatica di questa storia, specialmente nella seconda parte.

Cos'ha imparato Enzo Monteleone sull'universo femminile dirigendo questo film?

Enzo Monteleone: Ho una certa età, di donne ne ho conosciute tante, direi che grazie a questo film ho avuto modo di apprezzare cosa significa lavorare con attrici di grande talento, 8 donne in una storia che mi ha ricordato una donna per me importante, mia madre. Nella storia scritta da Cristina ho ritrovato i suoi vestiti a fiori, le sue pettinature di quell'epoca, i fili di perle, la sua voglia di avere sempre tutto sotto controllo, la casa, i figli, il lavoro, i conti.

Donne infelici ieri e infelici oggi. E' veramente così difficile essere donne?

Enzo Monteleone: Quando ero piccolo io, ma anche oggi, si diceva che le mamme non devono piangere mai, soprattutto davanti ai figli. Ma è quando si riuniscono, che si trovano tutte nella stessa stanza, che esce fuori tutto quel che soffocano dentro al loro cuore e viene fuori tutta la verità sul loro mondo. Due Partite non è assolutamente un film pessimista, è semplicemente un film che parla della vita, della continua scoperta e della continua sfida dell'essere donne, della forza del cosiddetto sesso debole nel superare le difficoltà sempre col sorriso e con un pizzico di ironia.

Cosa vi ha attratto di più come giovani attrici e come giovani donne dei vostri personaggi? Quanto vi assomigliano?

Alba Rohrwacher: Giulia è una ragazza che ha perso fiducia nella vita, sua madre si è appena tolta la vita e lei sente addosso il peso del senso di colpa per non aver capito cosa le stava accadendo. Dolore, rabbia e incredulità in una ragazza fragile che è in uno stato di totale confusione e cerca di confidarsi con le sue amiche esattamente come faceva sua mamma trent'anni prima. Ho accettato subito la parte perché mi entusiasmava molto l'idea di un film con sole donne girato in un ambiente chiuso. Una sfida importante per me come attrice, senza dubbio.
Claudia Pandolfi: Rossana mi somiglia molto, è una donna forte, aggressiva anche quando non servirebbe affatto, è una ragazza che si porta da anni sulle spalle il peso di non essere stata desiderata da sua madre e di essere stata la causa della sua infelicità. Neanche il rapporto con li marito la soddisfa, lui la vede dura e solida e per questo la considera poco femminile, lei dal canto suo desidererebbe un figlio anziché curare solo quello degli altri in ospedale. Un meccanismo perverso se vogliamo, che funziona alla perfezione a mio avviso.
Valeria Milillo: Cecilia mi ha ispirato sin da subito una grande tenerezza, in questa sua affannosa voglia di maternità a tutti i costi, anche senza un uomo al suo fianco. Credo che il film metta in evidenza in maniera splendida le dinamiche che si instaurano tra donne anche nella vita reale, quando ci si ritrova tutte nella stessa stanza è inevitabile che si finisca a parlare dei propri uomini, dei figli e a lamentarsi di quello che non va.
Carolina Crescentini: Sara è una pianista di successo, una donna in carriera che ha trovato un uomo paziente e premuroso che lei a volte non sopporta. Una donna chiusa, che fondamentalmente non ascolta nessuno, che rappresenta il riscatto di sua madre nei confronti della passione musicale e della vita. Con un uomo come il suo io impazzirei, ma per lei solo quel tipo di uomo può andar bene. Un personaggio un po' isterico ma per certi versi anche divertente che mi ha fatto riflettere e mettere in discussione me stessa come donna, i miei sogni e le mie realtà.

Abbiamo sentito le figlie, ma le 'mamme' come racconterebbero al pubblico le quattro donne che hanno interpretato?

Paola Cortellesi: Sofia è un personaggio scritto in maniera impeccabile da Cristina Comencini, e quando c'è una scrittura così straordinaria ti viene voglia di recitare, di qualsiasi cosa si tratti. Quella che interpreto in Due Partite è una donna schietta, cinica e frustrata che vive male il perbenismo degli anni '60 ma che non ha avuto il coraggio di sfidare fino in fondo tutto e tutti e andare contro corrente. Proprio perché molto distante da me, Sofia è stata davvero una sfida. Lei è intrigante e seducente, mentre io somiglio più o meno a Pinocchio sotto questi punti di vista.'L'unica che ha il coraggio di pronunciare la parola 'sesso' al contrario delle amiche quando sa bene che l'argomento interessa tutte in egual misura, com'è naturale che sia.
Margherita Buy: Quello che mi ha affascinato di Gabriella è stato il suo spirito di sacrificio per il marito e la famiglia, sarebbe diventata una grande pianista ma ha rinunciato per dar spazio al suo uomo, anch'egli grande musicista. Una lotta di sentimenti quella che ha nel cuore, tra la passione per la musica e quella per il marito e la figlia, una rinuncia la sua che ha provocato in lei una grande insicurezza ed un bisogno costante di essere rassicurata. Una donna piena di contraddizioni che rispecchia alla perfezione gli anni in cui si svolge la prima parte della storia.

Marina Massironi: Claudia ha provocato in me un po' quel che mia madre provocava in me, una sensazione come di nervosismo mista a grande tenerezza. E' una mamma tenera, premurosa, allegra ma dentro porta questo enorme peso dell'infedeltà del marito, una tortura che molte donne vivono per anni senza essere capaci di reagire. Uno spirito di sacrificio che non ho mai capito fino in fondo per quel che mi riguarda. Mi ha attratto questo dualismo tra sofferenza e voglia di equilibrio che spesso sfocia in crisi di pianto liberatorie.
Isabella Ferrari: Beatrice è la più ingenua di tutte, è una sognatrice, una donna piena di luce e di ottimismo. E' incinta e vive anche lei un dualismo interessante: da una parte il 'peso' del suo pancione dall'altra questo suo essere un po' eterea, appassionata di letteratura e innamorata dell'amore, quello che dura per sempre. Ma la caratteristica che più mi ha affascinato di lei è stata la sua provincialità, il suo dialetto e l'appartenenza alle sue radici. Il mio essere un po' come lei mi ha molto aiutato ad affrontare il mio personaggio, ho ripescato l'accento di mia madre e i miei ricordi di famiglia. E' stato molto bello, ogni sera che recitavo in teatro la mia parte quando uscivo avevo addosso una sensazione di benessere, ero carica di emozioni, ogni volta mi sembrava di cogliere qualcosa di diverso del testo originale. Avrei tanto desiderato interpretare i personaggi delle mie colleghe, sono tutti straordinari.

Avete mai pensato di introdurre un personaggio maschile nel film per distinguerlo un po' dal testo teatrale?

Enzo Monteleone: La forza di questa storia sta proprio nel testo originale, nelle trasposizioni cinematografiche difficilmente si fanno cambiamenti così invasivi, mi viene in mente il recente Il Dubbio o La parola ai giurati, hanno un testo praticamente identico alla piéce. Nella storia originale non ci sono uomini e inserirli nel film avrebbe significato fare una commedia tradizionale, un po' alla Sex and the City, cosa che non mi interessava minimamente. Il mio intento era lavorare con il mezzo cinematografico sulla storia di Cristina, fare quello che a teatro non è possibile fare. Ho lavorato col montaggio, con la fotografia, coi costumi, coi movimenti di macchina per far acquistare a Due Partite la forza che solo il cinema può conferire a una storia.

Perché non ha usato le stesse quattro attrici sia per le parti delle madri che delle figlie come a teatro?
Enzo Monteleone: Perché nel cinema c'è bisogno di maggior realismo rispetto al palcoscenico, per questo ho scelto di far recitare due gruppi di quattro attrici e non le stesse in due ruoli diversi ciascuna.

Cos'ha in più il film, secondo il regista, rispetto alla rappresentazione teatrale?

Enzo Monteleone: Tramite la regia cinematografica si riesce meglio a dare ritmo ad una situazione altrimenti assai statica come quella che può essere la scenografia su un palcoscenico. Attraverso i tagli, le inquadrature strette e poi allargate, la possibilità di ripetere le scene da capo siamo riusciti a trovare la chiave giusta per dare alla storia una sua precisa dinamica. E poi il montaggio quasi invisibile che indugia ora su uno sguardo, ora su un sopracciglio, ora su una smorfia ha messo ancor più in evidenza il lavoro delle attrici. Siamo poi riusciti anche meglio a diversificare i due episodi, attraverso i costumi e i colori, pastello e molto accesi della prima parte e quasi inesistenti della seconda.

Ci sono film corali con tante donne come ad esempio 8 donne e un mistero o i film di Woody Allen da cui hai preso ispirazione?
Enzo Monteleone: Direi che mi sono ispirato maggiormente alle commedie nostrane degli anni '60, quelli con attrici dai volti indimenticabili e dalle pettinature meravigliose come Silva Koscina o Claudia Cardinale. Volevo che da questo film venisse fuori, come nel testo teatrale, la forza delle donne e la loro intelligenza, il loro modo di affrontare il destino anche quando è avverso e soprattutto la loro bellezza naturale, senza filtri.

Le attrici dell'opera teatrale hanno avvertito in maniera netta questo cambio in cabina di regia da una donna ad un uomo oppure no?

Isabella Ferrari: Noi quattro eravamo avvantaggiate rispetto alle altre, conoscevamo già molto bene il testo e i personaggi. Il percorso era già ben tracciato da Cristina, per me non è cambiato quasi nulla nel passaggio al cinema, forse ho solo tenuto un po' più a bada il mio accento, ma Enzo ci ha lasciate libere di esprimerci come volevamo.

Marina Massironi: E' cambiato il 'mezzo' fondamentalmente, il lavoro è stato più o meno lo stesso come anche le intenzioni dei due registi e il bagaglio di chi aveva già dato un'impostazione di stampo teatrale al proprio personaggio. Abbiamo forse dovuto smussare certi angoli, mancavano le risate del pubblico in sala, il modo di recitare sul set e non in presa diretta, è cambiato il modo di lavorare ma essenzialmente ci sono state poche differenze di impostazione.

Margherita Buy: Per me è stato molto utile avere un occhio diverso lì davanti a giudicarci. Il cambio ha fatto bene a noi e alla storia a mio avviso, grazie all'interpretazione cinematografica mi sono resa conto di cose che prima in teatro neanche notavo, di come certi accenti fossero un po' troppo esagerati ad esempio. Enzo ci ha tenute tutte un po' più in riga, ha sottolineato diverse sfumature dei nostri personaggi, e poi quando c'è un uomo davanti al monitor a vederti cerchi di essere un po' più a posto in tutto, è normale.
Valeria Milillo: Dal teatro al cinema per me è cambiato molto, da mamma passo a fare la figlia, cambio personaggio e interpretazione. Enzo mi ha aiutata moltissimo con questo nuovo ruolo, mi ha dato la possibilità di improvvisare, di essere creativa, con lui mi sono sentita libera, in tutto e per tutto.

Otto attrici nello stesso film sono molte, c'è stata competizione tra di voi sul set?

Paola Cortellesi: Quella delle attrici che si azzannano o si azzuffano quando si ritrovano a recitare tutte insieme è una leggenda che trovo anche un po' offensiva e che va smentita. Conosco molti colleghi che sono assai più competitivi tra loro e che non ce la fanno proprio a lavorare con colleghi dello stesso sesso in armonia, poi le oche siamo noi...(ride) Sono insinuazioni che non hanno fondamento, per ognuna di noi è stato importante il risultato finale, se poi, come è accaduto in questo caso, si riesce a lavorare serenamente con colleghe di altissimo livello tanto meglio.