Recensione L'uomo senza sonno (2004)

Anderson scava nella follìa umana senza annoiare mai lo spettatore e, con ritmi lenti, ma altamente coinvolgenti, ci trasporta, grazie ad indizi che fanno scattare la molla della curiosità, verso un epilogo a sorpresa che risulta in parte prevedibile.

Ho camminato con Christian Bale

"Dopo aver visto Session 9, ho capito che Brad Anderson era l'uomo giusto a cui rivolgersi. Nel corso del nostro primo incontro, mi sono reso conto che condividevamo le stesse influenze letterarie e cinematografiche. Ma solo quando sono approdato a Barcellona per visitare la sede di produzione mi sono davvero accorto di come fosse realmente adatto per gestire il materiale che gli proponevo. La sceneggiatura era qualcosa di insolito, il prodotto di una visione personale piuttosto dark. Con mio grande piacere, Brad ha fatto propria questa visione, arricchendola di idee che non mi avevano mai neppure sfiorato".

Questa dichiarazione appartiene allo sceneggiatore Scott Kosar, autore degli script dei remake di Non aprite quella porta e Amityville horror, nonché de L'uomo senza sonno, nuovo lungometraggio di Brad Anderson prodotto da Julio Fernández, boss della Filmax, casa di produzione specializzata in opere a carattere fantastico e horror cui si devono, tra l'altro, Darkness e Beyond Re-Animator.
E' la storia di Trevor Reznik, uomo che, non riuscendo a dormire da un anno, si trova ridotto ad uno stato spettrale, tanto che viene evitato dai compagni di lavoro, soprattutto dopo essere stato ritenuto da loro responsabile di un incidente quasi mortale ai danni di un collega. Sentendosi terribilmente in colpa per l'accaduto, Trevor inizia a sviluppare un senso di paranoia sempre più acuta, tanto da essere convinto che i suoi colleghi stiano organizzando un complotto per farlo diventare pazzo. Inizia infatti a trovare misteriosi indovinelli attaccati sul frigorifero e gli viene detto che Ivan, unico collega con cui aveva un minimo di contatto, in realtà non è mai esistito.

Incentrato sul tema del senso di colpa, tanto caro all'indimenticabile maestro Alfred Hitchcock, The Machinist (questo è il titolo originale del film), come affermato dallo stesso Anderson, oltre a fare riferimento ai classici modelli letterari di Kafka e Dostoevskij, s'ispira proprio alle opere del regista di Psycho, senza dimenticare, però, Roman Polanski, David Lynch, i capolavori dell'espressionismo tedesco ed alcuni prodotti di Val Lewton, come La settima vittima e Ho camminato con uno zombie. Ed effettivamente, il grottesco Trevor Reznik (ottimamente interpretato da un Christian Bale imbruttito in maniera incredibile, dimagrito e pallido), coinvolto in situazioni che sembrano prese in prestito dai due Final Destination, ricorda proprio i primi, catatonici morti viventi cinematografici, tanto più che il direttore della fotografia Xavi Giménez (Killing Words) c'immerge in una crepuscolare atmosfera livida, caratterizzata dall'assenza di veri e propri cromatismi, resi incolori per privilegiare un leggero viraggio in azzurrino.

La realtà, quindi, ci viene proposta come una sorta di grande tunnel dell'orrore mentale, in cui la solitudine del protagonista, oltre che dalle scenografie povere di Alain Bainée (Off key), viene efficacemente conferita dal fatto che non abbia vere e proprie amicizie, in quanto le uniche persone che frequenta sono la prostituta Stevie (Jennifer Jason Leigh), la cameriera Marie (Aitana Sánchez-Gijón) ed il misterioso Ivan (John Sharian), il quale sembra un essere partorito dalla mente di Stephen King, o, meglio ancora, da quella del John Carpenter de Il seme della follia.

Anderson, come già aveva mostrato nel succitato Session 9, scava nella follìa umana senza annoiare mai lo spettatore e, con ritmi lenti, ma altamente coinvolgenti, ci trasporta, grazie ad indizi sparsi nella narrazione, che fanno scattare la molla della curiosità, verso un epilogo a sorpresa che risulta in parte prevedibile. A quanto pare, però, la sceneggiatura venne scritta da Scott Kosar mentre frequentava ancora il Graduate Screenwriting Program alla U.C.L.A, quindi il film ha l'unico torto di essere arrivato sugli schermi in un periodo storico in cui al cinema già sono state proposte soluzioni del genere.
Da segnalare la presenza nel cast di Michael Ironside, noto villain della cinematografia a stelle e strisce che da sempre si destreggia abilmente tra blockbuster e squallidi b-movies.