Polo nera, sandali, Sprite offerta prontamente offerta al pubblico. Trovarsi davanti Harvey Keitel significa avere a che fare con un mostro sacro del cinema americano e non solo. La sua carriera è legata a registi come Martin Scorsese, Abel Ferrara, Quentin Tarantino, nomi che hanno fatto la storia del cinema indipendente americano. Inoltre ha recitato nel primo film di Ridley Scott, I duellanti. Talento e coraggio da parte di Harvey Keitel, che ha legato il suo nome a quello di questi autori al momento del loro debutto. Keitel, però, si schermisce e commenta scherzosamente: "Anche io sono nato sconosciuto. Quando ho incontrato Martin Scorsese, ero stato per un po' di tempo nei Marines. Da studenti abbiamo girato insieme Chi sta bussando alla mia porta? che era il primo film di Marty. Tempo fa gli ho detto: 'Ma lo sai che continui a fare costantemente il remake di quel film?'".
Harvey Keitel ha la fama di essere un tipo difficile e scontroso. Lo scorrere del tempo o l'atmosfera solare e festosa del Festival di Locarno sembrano averlo addolcito. Il divo appare rilassato e condivide con il pubblico il suo ricco bagaglio di ricordi cinematografici regalandoci imperdibili aneddoti. Il piglio militaresco non sembra, però, averlo abbandonato dato che esordisce con un perentorio "Chiedetemi tutto ciò che volete, questa sarà l'unica occasione che avrete".
Martin Scorsese e Harvey Keitel, la strana coppia
Per riassumere l'eccezionale carriera di Harvey Keitel non basterebbe una settimana, ma il punto di partenza obbligatorio è il suo rapporto con Martin Scorsese che lo ha diretto in cinque film. Al riguardo Harvey racconta: "Quando ci siamo incontrati, io e Martin eravamo entrambi studenti di cinema. Per recitare in Chi sta bussando alla mia porta? ho sostenuto tre audizioni. Alla terza sono entrato in una stanza buia, mi hanno invitato a sedere, poi mi hanno fatto alzare e mi hanno detto 'Vai in quella stanza illuminata laggiù'. Sono entrato e mi sono ritrovato in una stazione di polizia con un tizio che mi insultava. Mi diceva 'Siediti, maledizione' e io rispondevo 'E tu chi sei?' e alzavamo sempre di più la voce. Stavamo per venire alle mani quando Marty è apparso dal corridoio dicendomi: 'Harvey, Harvey, è un'improvvisazione'. E io gli ho risposto "Marty, la prossima volta che hai in mente un'improvvisazione dimmelo alla fine".
Piccolo, nevrotico e cattolico come tutti gli italoamericani Martin Scorsese, tosto e suscettibile Harvey Keitel, cresciuto da genitori ebrei, ma che vanta nell'albero genealogico radici italiane e rumene. Apparentemente due tipi molto diversi che però, quasi istantaneamente hanno stretto un legame fortissimo. "In realtà non ci sono grandi differenze tra noi" racconta Keitel, ammettendo che le origini newyorkesi e la passione per il cinema hanno cementato la loro amicizia. "Marty ha frequentato una scuola di gesuiti. Quando ha deciso di fare Chi sta bussando alla mia porta? non avevamo una lira, perciò giravamo nel suo appartamento di Little Italy. Un giorno stavo girando una scena in cui ero a letto con un'attrice di nome Elizabeth, quando il padre di Marty è tornato dal lavoro. Ha iniziato a urlare 'Che diamine succede qui?', allora la moglie lo ha cacciato per farci finire i film e lo ha fatto rientrare solo per pranzo".
Iena o cattivo tenente?
"Hollywood è un gran bel posto, ma non ha niente da insegnare, siete voi che dovete insegnare a Hollywood"
Dopo Martin Scorsese, Harvey Keitel ricorda l'incontro con altri due autori che hanno segnato la sua carriera d'attore offrendogli ruoli indimenticabili: Quentin Tarantino e Abel Ferrara. "Quentin lavorava in un videostore. A farmi leggere lo script de Le iene è stata una mia collega. Ho letto questa sceneggiatura ed era così inusuale, mi ha toccato, ho capito subito che era un'opera d'arte, così ho incontrato Quentin. Ho sentito suonare il campanello, ho aperto e mi sono trovato davanti questo ragazzone. Era affamato perché non aveva molti soldi per mangiare, così ho aperto il frigo, anche due - tre volte. Ho imparato che quando inviti Quentin a casa devi nascondere il cibo buono".
Ancor più inusuale l'incontro col cinema di Abel Ferrara. "Mi è arrivata una sceneggiatura di pochissime pagine scritta con caratteri enormi. Si trattava de Il cattivo tenente. Ho iniziato a leggerla, ho pensato "È terribile" e l'ho gettata nel cestino. La notte ci ho ripensato, l'ho ripresa e ho continuato a leggere finché non sono arrivato alla parte della suora che era scritta talmente bene, era geniale, mi ha sconvolto. Quando ho incontrato Abel gli ho chiesto perché avesse scritto usando caratteri enormi, e lui mi ha spiegato che serviva ad allungare lo script perché non avrebbero mai comprato un copione di sole 15 pagine". Ripensando all'effetto che Il cattivo tenente ha avuto sul pubblico, Keitel aggiunge: "È un film che ha scosso le coscienze. Tutti conoscono Il cattivo tenente e continuano a parlarmene ancora oggi, è un film che ha fatto epoca. Avendo una sceneggiatura così esigua, io e Abel abbiamo usato tanta improvvisazione, ma non mi piace parlare di quel film perché è qualcosa che va oltre me".
La violenza? Un dovere morale spiegarla
Harvey Keitel ha partecipato a tanti di quei film da faticare lui stesso a trovare un filo conduttore comune. Tra capolavori indie, successi commerciali, film d'autore e qualche sonoro flop, però, ciò che è ben chiaro nella mente dell'attore è un'idea di cinema pura e priva di compromessi. "La parte più importante dell'idea di cinema che esiste oggi è il cinema indie. Non aspettate Hollywood, se vuole vi troverà lei. Scrivete e girate le vostre storie. Hollywood è un gran bel posto, ma non ha niente da insegnare, siete voi che dovete insegnare a Hollywood, loro catturano le buone idee e ci mettono i soldi". Keitel è talmente distante da una certa idea di divismo che quando gli viene chiesto quale è stato il suo momento più bello nello show business risponde: "Il più bel momento è stato quando mia moglie stava dando alla luce mia figlia e io ho saltato lo spettacolo per assistere al parto".
Parlando del cinema italiano, che ha visitato spesso nel corso della sua carriera, l'attore spiega che "è iniziato tutto da lì. Il cinema italiano e anche quello francese hanno un'eredità pesantissima. Io ho lavorato con maestri come Ettore Scola, Lina Wertmüller, Paolo Sorrentino, ma anche autori come Scorsese e Tarantino hanno molta Italia nel loro background, tutti abbiamo imparato da lì". Con le elezioni americane che si avvicinano sempre di più, è inevitabile uno sguardo al pericolo Trump, ma a differenza di altri suoi colleghi Harvey Keitel non si sbilancia, ammettendo che "viviamo un momento molto violento, l'America è in ascolto, cerchiamo di trovare la direzione per fare ciò che è giusto". Sui tanti film violenti interpretati nel corso della sua carriera, l'attore ci tiene, però, a fare chiarezza: "La violenza è orribile e distruttiva, usarla per ragioni commerciali è sbagliato, ma va conosciuta perché esiste. Ho un figlio di dodici anni e i videogiochi che vanno di moda tra i suoi coetanei sono molto violenti. È pericoloso perché non impari a riconoscere la realtà. La violenza è parte della natura delle cose ed è un nostro dovere morale spiegarla".