Sette romanzi, otto film, un miliardo di dollari (e spiccioli) nelle tasche di una bionda e timida signora britannica che, mentre cercava un lavoro stabile e cresceva da madre single la sua primogenita col supporto dei servizi sociali, ebbe l'idea di raccontare la storia di un orfano undicenne che scopre da un giorno all'altro di essere un mago.
La stessa J.K. Rowling ha ammesso che forse, tra dieci anni o giù di lì, le potrebbe tornare la voglia di rivisitare il mondo di Harry Potter, ma per il momento, con l'uscita di Harry Potter e i doni della Morte - Parte 2, la saga è ufficialmente conclusa. E non certo in sordina: gli osservatori e i sondaggi, infatti, azzardano previsioni che definire ottimistiche è un eufemismo il week end di apertura, paventando addirittura la possibilità di battere il record de Il cavaliere oscuro, che realizzò un debutto domestico di oltre 158 milioni di dollari. Da noi, il film di David Yates ha già battuto un record, quello per il giorno di apertura, e le stime puntano ad un incasso di oltre cinque milioni nelle prime 48 ore, praticamente se non siamo dalle parti di Avatar e di Che bella giornata ci manca davvero poco.
Peccato che a cotanta perfezione dal punto di vista della comunicazione e del marketing non abbiano corrisposto pari meriti artistici; anzi, è sintomatico il fatto che, dopo la flessione di gradimento registrata con il terzo episodio Harry Potter e il prigioniero di Azkaban, l'unico a cui aveva messo le mani un vero "autore", tra i tanti il cui nome era stato inizialmente associati alla saga (Spielberg, Burton, Gilliam), la produzione abbia voluto, in un certo senso, riprendere in mano il pieno il controllo dell'operazione, finendo per affidare ben quattro episodi della serie a un docile semi-esordiente come David Yates - uno yes man, direbbero i maligni. Yates ci sembra in ogni caso aver fatto un lavoro decisamente migliore di quello, infantile, legnoso e didascalico, di Columbus e Newell, e ci auguriamo che ci smentisca dimostrando nel proseguimento della sua carriera un piglio personale e caparbio; nel frattempo godiamoci un episodio finale che, confermando l'eccelso livello tecnico e produttivo dell'intera serie, regala anche molte emozioni.
Se poi sarà davvero solo un arrivederci e non un addio, nemmeno la professoressa Cooman si azzarderebbe a ipotizzarlo...