Countdown e l'horror ai tempi dei social network

Il genere horror ai tempi dei social network: con l'arrivo in sala di Countdown ricordiamo insieme tutti quei film che trattano tematiche simili.

Countdown
Una scena di Countdown

Il timore della solitudine, dello stalking, della privacy violata, diventano elementi fondamentali del corollario delle paure con cui i nuovi horror giocano con l'intento di esorcizzarle. Tra gli ultimi film in cui il web si distorce fino a trasformarsi in una tela di timori e paure inconfessabili, urla e mani tremanti, c'è Countdown. Prendendo in eredità distopie e idiosincrasie in formato tecnologico da una serie TV come Black Mirror, il film diretto da Justin Dec, e in arrivo sui nostri schermi il 21 novembre 2019 distribuito da Eagle Pictures, mescola l'ossessione per i social network alla nostra più grande paura: la morte. A dare il via all'intreccio è infatti il download di un'app da parte di un gruppo di ragazzi che "promette" di rivelare la data di morte di ognuno. Impossibile da disinstallare, Countdown sembra non lasciare scampo a chiunque la ritrovi sul proprio telefono e con il passare delle ore ogni membro del gruppo non potrà far altro che trovare un modo per salvarsi da morte (quasi) certa.

Con Countdown il genere horror si conferma una fucina in continua produzione perché alimentata da una fonte in eterna combustione: le nostre paure. Il mostro che ci attanaglia, ci tiene d'occhio per tenderci un agguato quando meno ce lo aspettiamo, si è evoluto nel corso degli anni, adattandosi all'universo che ci circonda. La guerra, le malattie, o più semplicemente la morte, sono leitmotiv costanti all'interno di questo genere, eppure a dare forma a queste tematiche negli ultimi anni sono simboli e transfert visivi divergenti da quelli sfruttati in precedenza. E nell'età dei mass-media la paura, in tutte le sue forme, prende vita da uno schermo. Uno schermo piccolo, come quello di una televisione o di una videocamera, da cui fuoriescono esseri mostruosi, o creature soprannaturali, proiezioni visive dei nostri incubi e timori. Da The Ring, a The Blair Witch project, fino a Paranormal Activity, il genere horror si illumina di doppi schermi.

Questo avviene perché a caratterizzare (fino a dominarla) la vita dello spettatore medio, soprattutto tra gli anni '90 e fine 2000, è il mezzo televisivo. Con l'avvento dei social network però, i nostri occhi hanno iniziato ad abbassarsi, fissando sempre più intensamente schermi di un pc, o ancor meglio, di uno smartphone. E così anche il cinema horror si aggiorna, mettendo da parte televisori e telecamere (sebbene vi siano casi in cui rimane vivo questo attaccamento all'analogico, si pensi a The Visit o The Gallow) per trasferirsi tra i codici in html del world wide web.
Nell'articolo che segue, esploriamo appunto il terrore che sui social network e sulle app si fa virtuale, ma non meno tangibile, in quei film che hanno trattato tematiche simili a quelle di Countdown.

Naomi Watts in una scena di The Ring
Naomi Watts in una scena di The Ring

#Horror (2015)

Se Countdown mescola dunque la fobia della morte all'uso quotidiano del nostro smartphone, vi sono altri precedenti che hanno portato alle estreme conseguenze l'uso dei social network; un monito iperbolico su violenza verbale, cyber-bullismo, stalking, tradotto al cinema sotto forma di maledizioni e giochi di sopravvivenza. Questo è quanto narrato da #Horror, film del 2015 diretto da Tara Subkoff con Taryn Manning, Chloë Sevigny, e Natasha Lyonn. Protagonista dell'intreccio - ispirato a fatti realmente accaduti - è un gruppo di dodicenni destinati ad affrontare una notte di terrore scatenata dalla dipendenza compulsiva a un gioco sui social media. Ritratto esacerbato di una realtà quanto mai attuale, #Horror indaga la crescente alienazione nei giochi online e la sua pericolosa capacità di spingere i propri membri ad accumulare punteggi anche a costo di vite umane.

Friend Request - La morte ha il tuo profilo (2016)

Friend Request - La morte ha il tuo profilo: Alycia Debnam-Carey e William Moseley in una scena del film
Friend Request - La morte ha il tuo profilo: Alycia Debnam-Carey e William Moseley in una scena del film

Dai giochi online al social network per eccellenza: Facebook. È l'universo cibernetico da cui trae ispirazione Friend Request - La morte ha il tuo profilo, film del 2016 diretto da Simon Verhoeven. Nato in seno al successo di Unfriended, il film si presenta come una variazione al tema dell'ossessione virtuale e dello stalking nell'era dei social network. Seguendo i dettami impartiti dal genere horror, la regia di Verhoeven allarga i monitor dei pc a pieno schermo cinematografico così da gettare il pubblico all'interno dell'incubo di Laura (Alycia Debnam-Carey), rea di aver tentato di eliminare la solitaria Ma Rina (Liesl Ahlers) tra i suoi contatti online. Chissà se, reduci dalla visione di Friend Request, ai nostri occhi Facebook non sarà veramente più lo stesso.

L'orrore arriva dallo schermo: da Videodrome a Friend Request

Unfriended (2015)

Unfriended: Shelley Hennig in un'inquietante immagine tratta dal film
Unfriended: Shelley Hennig in un'inquietante immagine tratta dal film

Ma dove la prolifica unione tra social media e horror ha avuto inizio è soprattutto nel film del 2014 diretto da Levan Gabriadze: Unfriended. Il film è una variazione al sottogenere horror e del found footage denominato "screencasting": alla telecamera manuale si sostituisce, cioè, come metodo di ripresa e ambientazione lo schermo del MacBook Air della protagonista Blaire (Shelley Hennig). Niente richieste di amicizia o alienazioni da nefaste applicazioni: alla base di Unfriended c'è uno dei mali che attanaglia la società dei social-(ab)user: il cyber-bullismo. Un anno dopo il suo suicidio per le vessazioni subite in rete, lo spettro di Laura partecipa a una chat di gruppo su Skype per chiedere giustizia. Tra i partecipanti alla chat c'è, infatti, colui che ha pubblicato in forma anonima il video che ha scatenato l'onda che ha spinto Laura al gesto fatale. La decisione di girare il film in tempo reale (tempo della storia e quello reale combaciano perfettamente) e in un finto piano-sequenza, aiuta lo spettatore a immedesimarsi maggiormente nella trama, non solo accrescendo il senso di ansia e terrore richiesto da ogni buon film horror, ma lanciando spunti di riflessione circa atteggiamenti sempre più frequenti la cui portata può avere conseguenze drammatiche sugli altri.

The Den (2013)

Ancor prima di Unfriended, l'esordiente Zachary Donohue aveva tastato il terreno dell'omicidio ai tempi della condivisione selvaggia su iPad e simili con il thriller-horror The Den. La giovane protagonista Elizabeth Benton (Melanie Papalia) riceve una borsa di studio per una ricerca universitaria sull'interazione virtuale: il suo obiettivo è monitorare ventiquattro ore su ventiquattro una video-chat conosciuta come "The Den" ed è proprio nel corso di uno di questi monitoraggi che si farà testimone di un omicidio in diretta. Elizabeth diventa così oggetto della persecuzione dell'autore del crimine, tanto che la sua vita si trasformerà in un inferno. Versione 3.0 e aggiornata de La finestra sul cortile di Alfred Hitchcock, il film gioca sulla spinta voyeuristica di noi spettatori, mescolandola alla nostra più o meno celata ossessione per il virtuale. Disamina attenta sulla facciata oscura del web, Donohue supera i limiti del found-footage nel contesto dell'età contemporanea e ne amplia la potenza sfruttando la multimedialità dei dispositivi che compaiono (e compongono) il film, come il PC o l'iPad.

Like. Share. Follow. (2017)

The Den
Una scena di The Den

Nel mondo dei social media, il sogno della maggior parte dei ragazzi è diventare un influencer o uno youtuber famoso. Sono loro i punti di riferimento di un'intera generazione Z, modelli da emulare e seguire con devota ammirazione. Ed è insidiandosi nel mondo degli youtuber che Glenn Gers ambienta il proprio thriller/horror Like. Share. Follow. Il protagonista Garrett è un ragazzo che ha un canale YouTube con più di due milioni di followers. La sua passione è diventata una missione di vita, tanto da rivoluzionare la propria esistenza in nome dell'esperienza virale: posta video divertenti, organizza sessioni di live streaming in cui gioca ai videogame e parla e discute con i suoi follower. Sarà l'incontro con la misteriosa Shelly a segnare un punto di svolta oscuro nella vita di Garrett: al divertimento si sostituirà la paura e l'odio più profondo. Non più studenti, o amici: Glenn Gers analizza i casi di cyberbullismo e ossessione attraverso il punto di vista di chi mette in pubblica piazza se stesso come, per l'appunto, gli youtuber o gli influencer. Un tuffo alla scoperta dell'altro lato della medaglia che tenta di mostrare come anche un piccolo commento, o pensiero, possa destabilizzare anche chi si fa promotore di quel mondo virtuale, innescando una catena di dolore e paura.