Favolacce, parlano i fratelli D’Innocenzo: “Nella periferia si cresce più in fretta”

Applausi meritati a Berlino 2020 per i fratelli Fabio e Damiano D'Innocenzo e il loro Favolacce, secondo film in concorso, ancora una volta con Elio Germano nel cast.

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Berlino 2020: i registi Fabio e Damiano D'Innocenzo alla conferenza di Favolacce

Buona anche la seconda per il cinema italiano a Berlino 2020: dopo il passaggio di Volevo nascondermi, è stato il turno del bellissimo Favolacce dei fratelli D'Innocenzo, passato in concorso alla Berlinale e accolto con applausi sia in proiezione stampa che in una conferenza alla quale non è mancato un pizzico di polemica sulla quale sorvoleremo, perché esula dal film e si limita all'attualità del coronavirus che stiamo vivendo. In una conferenza stampa affollata di attori del film, compreso Elio Germano che rappresenta il punto di contatto tra i due progetti italiani in concorso, sono stati loro, i due giovani e promettenti autori de La terra dell'abbastanza, ad aver catalizzato l'attenzione con il loro atteggiamento informale e diretto.

I gemelli del cinema

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Berlino 2020: Fabio e Damiano D’Innocenzo al photocall di Favolacce

C'è ovviamente curiosità sul loro metodo, su come si dividano il lavoro in fase di scrittura e sul set. Una divisione che ci viene descritta da Fabio D'Innocenzo come "istintiva, senza una preparazione fatta a tavolino, in base alla scena, ai diversi momenti o anche all'umore. Cerchiamo di seguire ogni aspetto, sapendo che abbiamo dei veri maestri come collaboratori, che ci hanno permesso di lavorare nel nostro modo non convenzionale, senza preoccuparci della nostra confusione." Una confusione evidente nel loro modo di fare, che affascina e conquista, che colpisce soprattutto quando suo fratello Damiano D'Innocenzo spiega che hanno scritto questo film quando avevano 19 anni: "La terra dell'abbastanza è un film di genere, declinato con tinte noir e introspettive perché è quello che siamo, ma in realtà abbiamo fatto quel film come biglietto da visita per fare questo. Lo abbiamo scritto a 19 anni e ora che ne abbiamo 31 non volevamo che passasse altro tempo, rischiando di perdere quello sguardo imparziale nel guardare ai bambini."

La terra dell'abbastanza: amicizia, periferia e criminalità nell'ottimo esordio dei fratelli D'Innocenzo

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Favolacce: Justin Korovkin e Giulia Melillo in una scena del film

Non lo considerano però un film che rappresenta una vendetta di una generazione sulla precedente, "perché i bambini non hanno dolo" ci dice Fabio commentando alcune scelte dei personaggi più giovani, "la rabbia è naturale e senza retropensiero. Sono vergini. Hanno preso coscienza di quello che hanno visto e non vogliono prenderne parte, ma senza spirito vendicativo o di riscatto." L'innocenza nello sguardo dei bambini è un concetto che i due registi sottolineano, una purezza che tanti perdono con la crescita. "Da bambini," spiega Damiano D'Innocenzo, "riuscivamo ad avere uno sguardo molto preciso di quella che era la realtà delle cose, ma pensavamo che crescendo l'avremmo persa. Invece siamo riusciti a mantenerla."

La realtà nella periferia

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Favolacce: una sequenza del film

Come il loro lavoro d'esordio, anche Favolacce racconta la periferia del nostro paese, una realtà da cui i fratelli D'Innocenzo provengono: "veniamo dalla periferia e ci riteniamo privilegiati a essere nati lì" racconta Fabio, "perché siamo cresciuti prima, ed è un bene perché le nuove generazioni crescono molto lentamente, almeno in Italia." Ma i temi del film non si vincolano alla realtà in cui si muove la storia: "il film è universale" continua Fabio, "le tematiche sono universali, e il contesto richiama la suburbia americana e un immaginario molto più ampio." Una realtà tratteggiata anche con il supporto dei personaggi e il lavoro degli interpreti. "Somatizziamo quello che viviamo" spiega Fabio giustificando il lavoro fatto per rendere meno belli Elio Germano e Gabriel Montesi, "in contrapposizione con i bambini che hanno volti innocenti e bellissimi. Loro sono il nuovo, non sono ancora entrati in quelle maledette vie del retropensiero, della paura della comunicazione."

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Favolacce: una scena

Lavorare con loro non è stato facile, senza il supporto di un acting coach inizialmente ipotizzato. "Avrebbe snaturato il nostro lavoro" ha spiegato Damiano D'Innocenzo, "perché non vogliamo ci sia un filtro tra noi e gli attori." Per i bambini, però, non avevano fornito la sceneggiatura, ma li aggiornavano ogni giorno su quello che avrebbero fatto, subendo con tenerezza le loro reazioni ai momenti più cupi e drammatici. "Da parte nostra è stata una responsabilità enorme, perché ci siamo trovati con persone che non solo non erano ancora attori, ma nemmeno ancora uomini. Ma i bambini hanno la pelle dura, li facciamo più ingenui di quello che sono in realtà. Hanno una forza che vorremmo avere noi a 31 anni!"

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Personaggi nel limbo

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Berlino 2020: il cast al photocall di Favolacce

L'esperienza è stata intensa anche per gli attori più maturi e navigati. Ileana D'Ambra ha ricordato, per esempio, l'ammonimento ricevuto da Damiano D'Innocenzo dopo le prove di una scena, ovvero: "riguardati la scena, però non troppo", per mantenere quel "margine di imprevedibilità". Questa caratteristica ha dato una grande spinta anche a Barbara Chicchiarelli, che si è sentita investita di una fiducia e responsabilità autoriale, "siamo stati coinvolti a tutto tondo in un progetto e ne sono stata contenta perché l'ho amato fin dall'inizio." Un lavoro che per Gabriel Montesi è stato "una scoperta continua, attimo dopo attimo. La cosa più bella del lavorare con loro è una ricerca infinita, sempre con la voglia di trovare qualcosa di diverso e sconosciuto."

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Berlino 2020: Elio Germano al photocall di Favolacce

Poche battute anche per il volto più noto del cast, Elio Germano, che si è limitato a spiegare che "ogni ruolo è un'avventura diversa e qui raccontiamo personaggi che coltivano un'esteriorità piacente, ma nascondono qualcosa di mostruoso. Sono modi di riflettere su quello che vediamo fuori dalla finestra e non si fa fatica a immedesimarsi, nel bene e nel male." Ha però voluto rispondere alla sfortunata battuta sul nostro paese come "Wuhan d'Europa": "L'unica cosa che sta contagiando veramente il nostro paese" ha detto Germano, "è la paura. Ma noi facciamo un mestiere che è antidoto per questa paura." Ed è un peccato che tante uscite siano state rimandate a causa dell'emergenza sanitaria, privandoci dell'ancora di salvezza del cinema.