In altre circostanze avreste letto questa recensione di Eurovision Song Contest: la storia dei Fire Saga già un mese fa, poiché il film Netflix scritto e interpretato da Will Ferrell doveva debuttare sulla piattaforma di streaming in contemporanea con il vero evento di Eurovision, che si sarebbe tenuto a Rotterdam dal 12 al 16 maggio. E invece, a causa dell'emergenza sanitaria globale, la gara canora è stata sospesa e il lungometraggio di David Dobkin è stato rinviato, lasciandoci solo con un breve, folle indizio sulla sua natura: il giorno della finale è stato infatti caricato sul canale YouTube di Netflix uno spezzone del film, in cui Ferrell e Rachel McAdams si esibiscono a suon di Volcano Man, uno dei brani ideati dai personaggi principali di questa bislacca commedia musicale. Una trovata geniale, poiché quel minuto e mezzo di canzone posticcia ma non troppo (nel senso che aderisce abbastanza a ciò che ci si può aspettare da un brano selezionato per Eurovision) promette un côté demenziale che, al netto di qualche caduta di ritmo dettata da un minutaggio troppo generoso, è la principale colonna portante del film.
Musica, maestri!
L'epopea che è Eurovision Song Contest: la storia dei Fire Saga ha inizio nel 1974, quando gli ABBA conquistano il pubblico della manifestazione musicale, trionfando con il brano Waterloo. Tra gli spettatori entusiasti c'è un ragazzino islandese, Lars Erickssong, il quale sogna di vincere un giorno il concorso. Decenni dopo, Lars (Will Ferrell) continua a inseguire quel sogno insieme all'amica d'infanzia Sigrit Ericksdottir (Rachel McAdams). Insieme i due sono i Fire Saga, la più nota e derisa band nella piccola città di Húsavík (vera località islandese che ha circa 2000 abitanti). Una strana serie di circostanze fa sì che il duo sia finalmente selezionato per Eurovision, e Lars e Sigrit si recano quindi a Edimburgo. Una volta lì nascono tensioni tra i due amici, che devono anche fare i conti con altri cantanti in gara come il favorito Alexander Lemtov (Dan Stevens), il quale si interessa a Sigrit. Senza dimenticare lo scetticismo di quasi tutti i loro concittadini, incluso il padre di Lars, Erick (Pierce Brosnan).
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"Ja Ja, Ding Dong!"
Per prepararsi, Ferrell - che si è appassionato all'evento tramite la moglie, di origine svedese - ha seguito dietro le quinte l'edizione 2018 di Eurovision, e durante le riprese la troupe si è potuta parzialmente servire delle strutture costruite per l'edizione 2019, a Tel Aviv. La volontà di restituire fedelmente un fenomeno che a molti americani può risultare sconosciuto - elemento su cui lo stesso Ferrell, anche co-sceneggiatore, gioca tramite una gag sui turisti statunitensi - è evidente in tutto ciò che riguarda la parte puramente musicale, dai camei di vincitori passati agli omaggi visivi (una delle band è un evidente rimando ai Lordi, improbabili vincitori dell'edizione 2006), passando per la presenza autoironica di Graham Norton, dal 2008 commentatore della gara per la televisione inglese, nei panni di se stesso. Anche le canzoni stesse, per quanto scritte con chiaro intento parodistico, sono talmente surreali da risultare perfette per una vera edizione di Eurovision, al punto che l'unica nota stonata in tal senso è la scelta di collocare il tutto nel Regno Unito, che non vince dal 1997.
Cinema e canzoni: quando la star si dà alla musica
In tale ottica è anche abbastanza logica la scelta dell'Islanda come paese da mettere alla berlina (lo stesso Norton lo fece veramente alla sua prima esperienza come presentatore), anche se lì si nota una certa pigrizia da parte di Ferrell e del regista David Dobkin, poiché alcune trovate sono genericamente scandinave (il nome di battesimo del protagonista è più tipico di altri paesi nordici, e Brosnan il più delle volte parla con un accento norvegese). Questo è sintomatico di un problema che accompagna una percentuale non indifferente (ma non talmente grande da compromettere tutto) del film, che nei segmenti non strettamente legati a Eurovision fa di tutto e più senza calibrare veramente le gag. Basti pensare che una battuta ricorrente sul rapporto tra Lars e Sigrit risulta completamente priva di senso per circa un'ora, a causa di un eccesso di idee che trasformano uno scenario semplicissimo in un'operazione divertente ma a tratti sopraffatta dalla propria ambizione.
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Un duo vulcanico
A garantire il flusso costante di risate è l'alchimia tra Ferrell e McAdams, nuovamente diretti da Dobkin a quindici anni da 2 single a nozze e perfettamente in sintonia su tutti gli aspetti drammatici, comici e canori (anche se in quest'ultima sede è d'obbligo segnalare che l'attrice canadese è doppiata dalla cantante svedese Molly Sandén, per sottolineare l'abisso di talento fra Sigrit e Lars che invece ha la vera voce di Ferrell). E se da un lato è un po' triste che questa volta Brosnan sia uno che generalmente si oppone alla musica, poiché in questo progetto le sue doti musicali non propriamente eccelse sarebbero state perfette, dall'altro è una manna dal cielo il contributo di Dan Stevens, il cui atteggiamento da rock star è simultaneamente parossistico e fin troppo verosimile. E per quanto abbia senso che Netflix si occupi della distribuzione del film, data la non grande popolarità di Eurovision in territorio nordamericano, i numeri musicali avrebbero giustificato un'uscita in sala, per permettere a tutti di godere al massimo vedendo esibizioni buffe e al contempo verosimili come quella di Stevens, la cui verve comica meriterebbe uno spin-off.
Conclusioni
Si giunge al termine della nostra recensione di Eurovision Song Contest: la storia dei Fire Saga, un lungometraggio Netflix non particolarmente originale, ma indubbiamente spassoso, fatto col cuore e con il massimo rispetto per il vero evento canoro, per quanto filtrato attraverso un mondo ad alto tasso di follia. Impeccabili Will Ferrell e Rachel McAdams, ma a rubare la scena è Dan Stevens.
Perché ci piace
- I numeri musicali sono in perfetto equilibrio tra parodia e realtà.
- Will Ferrell e Rachel McAdams funzionano benissimo insieme.
- Le doti istrioniche di Dan Stevens sono sfruttate al meglio.
- Il film farà ridere anche chi non ama particolarmente Eurovision.
Cosa non va
- Alcune trovate comiche girano un po' a vuoto.