Da circa dieci anni è una delle presenze fisse del cinema americano: una "scalata al successo" lenta ma progressiva, con ruoli sempre più sostanziosi in progetti via via più importanti, con un occhio rivolto al botteghino e l'altro alla qualità artistica. È il motivo per cui, osservando la filmografia di Emily Blunt, a colpire è innanzitutto il carattere variegato dei ruoli dell'attrice nata a Londra nel 1983, il cui primo ingaggio da professionista in palcoscenico, nel 2001, la vide recitare nientemeno che al fianco di Judi Dench.
Quest'anno Emily Blunt è stata al centro di due grandi produzioni hollywoodiane, che tuttavia non possono certo essere annoverate tra i migliori film della sua carriera. Nel deludente fantasy Il cacciatore e la regina di ghiaccio, uscito nelle sale la scorsa primavera, ha incarnato il personaggio del titolo, Freya, vendicativa sorella della strega Ravenna di Charlize Theron e antagonista del cacciatore Eric di Chris Hemsworth; attualmente, invece, è al cinema come protagonista assoluta de La ragazza del treno di Tate Taylor, basato sull'omonimo romanzo giallo di Paula Hawkins.
Poco apprezzato dalla critica ma accolto da un buon successo di pubblico, sull'onda della popolarità del libro, La ragazza del treno vede la Blunt nella parte di Rachel Watson, una donna depressa e alcolizzata, affetta da vuoti di memoria, che si ritrova coinvolta nella scomparsa della giovane Megan Hipwell e inizia a condurre una personale indagine; e proprio la Blunt costituisce l'elemento più convincente di un thriller psicologico privo di mordente, dimostrando ancora una volta doti di attrice non sempre sfruttate a dovere. In compenso, c'è già grande curiosità per il prossimo ruolo di Emily, un ruolo che fa parte dell'iconografia del cinema per l'infanzia: la Blunt presterà infatti il volto alla bambinaia più amata della narrativa e del grande schermo in Mary Poppins Returns, una sorta di sequel del classico Disney del 1964. L'attrice avrà l'arduo compito di confrontarsi con il personaggio già portato in vita dalla leggendaria Julie Andrews, in un film diretto da Rob Marshall (nel cast pure Ben Whishaw, Emily Mortimer, Colin Firth e Meryl Streep) che arriverà nelle sale nel Natale 2018. Un'attesa ancora decisamente lunga: e nel frattempo, ripercorriamo la carriera di Emily Blunt attraverso le cinque prove, in ordine cronologico, più rappresentative del suo percorso di attrice.
Leggi anche: Quella volta che Mary Poppins baciò una donna davanti alla First Lady
1. My Summer of Love (2004)
È il 2004 quando una Emily Blunt appena ventenne, al suo secondo film, conquista per la prima volta l'attenzione grazie alle sue doti d'attrice; e l'occasione gliela offre il regista polacco Pawel Pawlikowski, che dirige la Blunt e l'esordiente Natalie Press nell'applaudita pellicola britannica My Summer of Love, adattamento del romanzo La mia estate d'amore di Helen Cross. Storia di un'educazione sentimentale tanto romantica quanto feroce, My Summer of Love mette in scena il rapporto omosessuale fra due adolescenti di differente estrazione sociale nella campagna dello Yorkshire, fra erotismo, ambiguità e tensioni di matrice religiosa e familiare. Nella parte di Tamsin, ragazza appartenente all'alta borghesia, amante delle trasgressioni e dalla sensualità schietta e disinibita, che seduce la coetanea Mona, Emily Blunt regala quella che resterà una delle sue migliori prove d'attrice: una performance carica di magnetismo che le permette di disegnare un personaggio complesso e sfuggente.
Leggi anche: Quando lei ama lei: le 5 tappe dell'amore saffico sullo schermo
2. Il diavolo veste Prada (2006)
Due anni dopo My Summer of Love, per Emily Blunt arriva il trampolino di lancio sulla scena internazionale: è quello offerto da Il diavolo veste Prada, commedia diretta da David Frankel a partire dal libro di Lauren Weisberger e accolta da uno strepitoso successo, con cinquanta milioni di spettatori in tutto il mondo. Nel confronto fra la giovane assistente Andy Sachs (Anne Hathaway) e la spietata direttrice di una rinomata rivista di moda, Miranda Priestly (una superba Meryl Streep), la Blunt ruba la scena nei panni di Emily Charton, solerte braccio destro di Miranda, costretta ad assorbire su di sé tutte le nevrosi derivanti da un lavoro a dir poco logorante. L'abilità dell'attrice, in questo caso, consiste nel rendere 'tridimensionale' un ruolo che avrebbe potuto facilmente scivolare nello stereotipo, e il suo contributo risulta essenziale per l'effetto comico del film.
Leggi anche: Il diavolo veste Prada, 10 ingredienti di una commedia intramontabile
3. The Young Victoria (2009)
Dopo i consensi riscossi grazie a Il diavolo veste Prada, Emily Blunt comincia a collezionare altre parti minori in grandi produzioni hollywoodiane (La guerra di Charlie Wilson) e ruoli di maggior peso in film indipendenti (Sunshine Cleaning - Non c'è sporco che tenga). Un'ulteriore occasione per far valere appieno le proprie doti arriva però nel 2009 con The Young Victoria, in cui la Blunt è finalmente protagonista assoluta nei panni della Regina Vittoria, sovrana del Regno Unito dal 1837 al 1901. Diretto dal regista canadese Jean-Marc Vallée, questo dramma storico racconta gli anni della giovinezza di Vittoria: la sua salita al trono, il rapporto sentimentale con Alberto di Sassonia (Rupert Friend), che diventerà suo marito, e gli aspri conflitti politici nell'Inghilterra dell'epoca. Per quanto i risultati al box office per The Young Victoria siano piuttosto modesti, la pellicola viene elogiata proprio per l'interpretazione sensibile e misurata di Emily Blunt.
4. Into the Woods (2014)
Dopo aver inanellato tre grandi successi di pubblico nel campo della fantascienza, affiancando di volta in volta Matt Damon ne I guardiani del destino (2011), Joseph Gordon-Levitt in Looper (2012) e Tom Cruise in Edge of Tomorrow - Senza domani (2014), Emily Blunt cambia completamente genere e dà prova delle proprie capacità canore. Into the Woods, mega-produzione Disney affidata alla regia di Rob Marshall, è infatti una trasposizione cinematografica del popolare musical teatrale di Stephen Sondheim ambientato nel mondo delle fiabe, di cui rivisita i personaggi canonici rielaborandone le avventure e i percorsi narrativi. Alla Blunt è affidata la parte della moglie del fornaio, colpita dalla malezione di una strega vendicativa (una ritrovata Meryl Streep) che le impedisce di avere figli e intenzionata quindi, assieme al marito (James Corden), a rompere l'incantesimo recuperando quattro oggetti magici. Into the Woods registra cifre altissime al botteghino, specialmente in patria, e la Blunt raccoglie ancora una volta ottime recensioni per lo spessore che riesce a conferire al suo personaggio, diviso tra l'affetto per il marito e la fascinazione per un Principe donnaiolo (Chris Pine).
Leggi anche: Trasformazioni da Oscar: Da Nicole e Charlize a Christian Bale e Eddie Redmayne
5. Sicario (2015)
Ed è il regista canadese Denis Villeneuve ad aver regalato ad Emily Blunt, l'anno scorso, uno dei ruoli più intensi e incisivi della sua carriera, per quella che si attesta a nostro avviso come la miglior interpretazione fornita fino a oggi dall'attrice inglese. In Sicario, thriller sulla guerra al narcotraffico lungo il confine fra l'Arizona e il Messico, la Blunt si cala nella parte di Kate Macer, una giovane agente dell'FBI impegnata a contrastare un potente cartello della droga e ingaggiata in una task force di cui fanno parte anche un suo superiore, Matt Graver (Josh Brolin), e l'agente messicano Alejandro Gillick (Benicio del Toro). All'interno di una pellicola tesissima e dalla magistrale messa in scena, la Blunt sfodera una performance in cui esprime sia la durezza e il coraggio della sua Kate, sia la paura di un'agente trascinata in una guerra senza quartiere, in cui spesso i maggiori pericoli arrivano dalle direzioni più inattese. E la speranza è che, nel prossimo futuro dell'attrice, ad attenderla ci siano altri ruoli e altri film dello stesso calibro.